Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14506 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14506 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a GUARDAVALLE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata; letti i motivi del ricorso;
rilevato, preliminarmente, che, con ordinanza del 29/09/2023, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo presentato da NOME COGNOME avverso l’applicazione, disposta nei suoi confronti con decreto del Ministro della giustizia del 16/12/2022, del regime differenziato di cui all’art. 41-bis legge 26 luglio 1975, n. 354;
che il Tribunale di sorveglianza ha, in proposito, ritenuto l’idoneità della motivazione sottesa al provvedimento, che muove dal rango criminale di NOME COGNOME, il quale è da ritenersi esponente apicale della cosca omonima, desumibile dalle condanne subite per il delitto di associazione di stampo mafioso con il ruolo di promotore e organizzatore;
che il Tribunale di sorveglianza ha, inoltre, richiamato la perdurante e attuale operatività della cosca di appartenenza, l’assenza di comportamenti dimostrativi di un’autentica dissociazione, e, infine, gli esiti del trattamento penitenziario che non hanno dato prova di acquisizione dei valori di legalità;
che NOME COGNOME ha proposto, con l’assistenza dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, con il quale ha dedotto violazione di legge per avere il Tribunale di sorveglianza utilizzato un criterio valutativo di tipo probabilistico circa l’attitudine a ripristinare collegamenti con la criminalità organizzata, omettendo così ogni accertamento, necessario in sede di prima applicazione del regime differenziato, sull’effettiva ricorrenza di collegamenti con un’associazione criminale, e senza espletare l’istruttoria richiesta dalla difesa in ordine alle sue condizioni di salute, la cui gravità impedisce di mantenere contatti con l’esterno;
che il ricorso è inammissibile perché fondato su censure manifestamente infondate;
che l’art. 41 -bis, secondo comma, legge 26 luglio 1975, n. 354, stabilisce che «Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del Ministro dell’interno, il Ministro della giustizia ha la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell’articolo 4 bis o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva, l’applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza. La sospensione comporta le restrizioni
necessarie per il soddisfacimento delle predette esigenze e per impedire i collegamenti con l’associazione di cui al periodo precedente»;
che, in questa cornice, l’ambito del sindacato devoluto alla Corte di cassazione è segnato dal comma 2-sexies della disposizione in esame, a norma del quale il Procuratore generale presso la Corte d’appello, l’internato o il difensore possono proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale di sorveglianza per violazione di legge;
che la limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente ovvero assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito per ritenere giustificata l’applicazione del regime detentivo speciale in esame, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (cfr. Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOMEgrino, Rv. 224611);
che, alla luce di questi parametri ermeneutici, va osservato che il ricorso proposto da NOME COGNOME tende in realtà a provocare una nuova, e non consentita, valutazione del merito delle circostanze di fatto, in quanto tali insindacabili in sede di legittimità, con precipuo riferimento alla sussistenza delle condizioni per l’applicazione del regime detentivo differenziato;
che l’ordinanza impugnata ha correttamente valutato gli elementi risultanti agli atti, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea applicazione della legge penale e processuale, soffermandosi in particolare sull’inserimento stabile dell’odierno ricorrente nella consorteria di appartenenza, all’interno della quale egli riveste una posizione apicale, attestata dalle condotte debitamente tratteggiate dal Tribunale di sorveglianza;
che l’ordinanza impugnata ha, altresì, tenuto conto della richiesta di acquisizione del diario clinico del reclamante, ritenendola generica e fuori tema, cosicché la relativa censura sul punto, oltre ad essere aspecifica, è inammissibile perché già adeguatamente vagliata;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 22 febbraio 2024.