Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1574 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1574 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAMMARATA il 26/07/1963
avverso l’ordinanza del 15/06/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il decreto ministeriale, del 28 settembre 2022, con il quale è stata disposta nei suoi confronti, la proroga del regime differenziato di cui all’art. 41-bis, comma 2, Ord. pen., in relazione alla pena dell’ergastolo in esecuzione, relativamente ai reati di associazione di stampo mafioso e sequestro dli persona.
Considerato che i motivi dedotti (violazione dell’art. 41-bis, comma 2, Ord. pen. e inesistenza della motivazione – primo motivo; violazione degli arti -. 3 e 6 CEDU – secondo motivo) non sono consentiti in sede di legittimità perché denunciano vizi di motivazione avverso provvedimento impugnabile soltanto per violazione di legge e, comunque, fondando le censure su mere doglianze in punto di fatto, riproduttive di profili di critica già contenuti nel reclamo, adeguatamente vagliate dal Tribunale di sorveglianza, disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
Considerato, infatti, che avverso il provvedimento emesso dal Tribunale di sorveglianza in sede di reclamo, circa l’applicazione o la proroga del regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord. pen., è ammesso ricorso per cassazione in rapporto alla sola violazione di legge (art. 41-bis comma 2-sexies ord. pen.), con il limite, per questa Corte, di rilevare l’assoluta carenza di motivazione, intesa come mancanza grafica della stessa o come redazione di un testo del tutto sfornito dei requisiti minimi di logicità e aderenza ai dati cognitivi acquisiti, ta da rendere incomprensibile il percorso giustificativo della decisione, non riscontrato nella specie (Sez. U, del 28/5/2003, COGNOME, Rv. 224611; Sez. 1, 9/11/2004, COGNOME, Rv. 230203).
Ritenuto che detto limite al sindacato di legittimità, così regolamentato, comporta, altresì, l’impossibilità di rilevare l’omessa enunciazione delle ragioni per cui il Tribunale non abbia ritenuto rilevanti taluni argomenti o documenti prodotti dalla difesa, sempre che i dati assunti a fondamento della decisione siano sufficienti a sostenerla e non risultino intrinsecamente apparenti o fittizi (Sez. 1, n. 37351 del 6/05/2014, Rv 260805).
Reputato, quindi, che gli unici rilievi che possono trovare ingresso sono quelli che rappresentano la mancanza – oltre che grafica – sotto il profilo dell’assenza dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità della motivazione, in relazione agli elementi sui quali deve cadere la verifica dei presupposti di legge; in modo da risultare la motivazione per la mancanza dei suindicati requisiti solo apparente giacché assolutamente inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito nel pervenire alla decisione (fra le altre, Sez. 1, n. 48494 del 9/11/2004, Rv 230303; Sez. 1, n. 5338 del 14/11/2003, Rv. 226628).
Considerato che, in relazione al decreto di proroga del regime differenziato, in atto a carico del ricorrente, una volta convalidato, dal definitiv rigetto della correlativa impugnazione, il precedente decreto applicativo sia sufficiente a reggere la legittimità di quello successivo la constatazione, alla luce della verifica dei parametri cognitivi indicati dal comma 2-bis dell’art. 41-bis Ord. pen., del mancato venir meno dei presupposti su cui era fondato il primo.
Reputato, dunque, sufficiente e necessario rendere conto dell’accertamento che la capacità del condannato di tenere contatti con l’associazione criminale non sia venuta meno e considerato che detto accertamento va condotto anche alla stregua di una serie predeterminata di parametri (il profilo personale, la posizione rivestita dal soggetto in seno all’associazione, la perdurante operatività del sodalizio e l’eventuale sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate) da considerare attraverso l’indicazione di indici fattuali, sintomatici di attualità del pericolo di collegamenti con l’ambiente criminale esterno (tra le altre, Sez. 7, ord. n. 19290 del 10/03/2016, Giuliano, Rv. 267248; Sez. 1 n. 18791 del 06/02/2015, Caporrimo; Rv. 263508).
Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza ha indicato, con motivazione adeguata e non apparente (cfr. p. 4 e ss.), gli elementi sulla cui base la persistenza dei suddetti collegamenti per il condannato è stata ritenuta all’attualità, in particolare, non soltanto per l’assenza di sopravvenienze tali da reputare un mutamento di ruolo del ricorrente nel sodalizio, descritto come ancora attivo, ma considerando anche elementi di novità, quali le operazioni di polizia relative all’attuale consistenza del sodalizio, nonché il disposto trattenimento in entrata di una missiva destinata al detenuto.
Considerato, dunque, che il Tribunale ha valorizzato univoci elementi conducenti, secondo un ragionamento esauriente e non apparente, verso il riconoscimento di un comportamento che non è da reputarsi espressione di mutamento ideologico, né vengono indicati concreti elementi dimostrativi dello scioglimento del vincolo di affiliazione, ad onta del tempo trascorso in attuazione del regime detentivo differenziato (risultando sul punto, il primo motivo di ricorso versato in fatto, sollecitando, in sostanza, il riesame di risultanze istruttorie, non rivalutabili dal Giudice di legittimità).
Ritenuto, infine, che i principi richiamati dal ricorrente nel secondo motivo di ricorso, noti al Collegio, sono genericamente delineati e descritti ma la critica svolta, nell’insistere nel ritenere che il regime detentivo speciale di cui all’art. 4 bis Ord. pen., si traduce in una misura eccessivamente afflittiva che contraddice la finalità rieducativa della pena, costituzionalmente e convenzionalmente garantita, omette di rilevare, specificamente, in che modo il bilanciamento operato a monte dal legislatore, tra esigenze di repressione dei reati e di tutela dell’ordine pubblico ed opposte esigenze di tutela dei diritti costituzionalmente
garantiti, si traduca in un trattamento inumano e degradante che tracima la legale e inevitabile compromissione dei diritti che deriva dall’essere sottoposto a una misura detentiva.
Rilevato che deriva, da quanto sin qui esposto, l’inammissibilità del ricorso, cui segue la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 7 dicembre 2023 Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente