Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15836 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 15836 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a Monte Sant’Angelo il 12/02/1975 avverso l’ordinanza del 07/11/2024 del Tribunale di Sorveglianza di Roma!
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Roma, con ordinanza in data 7 novembre 2024, ha rigettato il reclamo avverso il decreto ministeriale del 4 dicembre 2023 di proroga del regime di cui all’art. 41 bis ord. pen. già disposto nei confronti di NOME COGNOME.
Nel provvedimento il Tribunale valorizza il ruolo e la figura del ricorrente nel clan Li Bergolis operante nell’area garganica, tenuto conto delle relazioni comportamentali e dei pareri espressi, fa riferimento alle missive sequestrate nel corso dell’esecuzione di una ordinanza cautelare nell’anno 2023 e al contenuto di una conversazione intercettata nel 2018. Ciò anche considerato che non sono mai
emersi elementi dai quali poter ritenere che il detenuto si sia dissociato o che abbia intenzione di farlo.
Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’interessato che, a mezzo dei difensori, ha dedotto il seguente motivo.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 41 -bis ord. pen. e 125, comma 3, cod. proc. pen. Nell’unico motivo la difesa rileva che Tribunale avrebbe omesso di verificare in concreto la sussistenza dei presupposti normativi che legittimano la proroga del regime detentivo di cui all’art. 41 -bis ord. pen. evidenziando che gli elementi indicati non sono comunque riferibili a un pericolo attuale e concreto.
In data 17 dicembre 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Nell’unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 124 cod. proc. pen. e 41-bis ord pena evidenziando che la motivazione sarebbe inesistente.
La doglianza è manifestamente infondata.
2.1. Il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti emessi dal Tribunale di Sorveglianza in materia di regime di cui all’art. 41-bis ord. pen. è ammesso solo per violazione di legge (art. 41 bis, comma 2 -sexies ord. pen.).
Tale vizio, in generale, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, comprende sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 – 01; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269296 – 01; con specifico riferimento all’art. 41 bis ord. pen. Sez. 1, n. 23538 del 20/5/2021, COGNOME, n.m.; Sez. 1, n. 48494 del 9/11/2004, Rv 230303; Sez. 1, n. 48494 del 09/11/2004, COGNOME, Rv. 230303 – 01; Sez. 1, n. 449 del 14/11/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 226628 – 01).
In questi casi, infatti, la motivazione del provvedimento impugnato è da ritenersi del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti
minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME
Rv. 285608 – 01; Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, Rv 264011 – 01; Sez. 6, n.
6589 del 10/01/2013, Rv 254893 – 01).
2.2. Nel caso di specie il Tribunale ha dato adeguato e coerente conto degli elementi sui quali ha fondato il proprio giudizio in termini di permanenza del
pericolo attuale di collegamento con la criminalità organizzata e la motivazione, pertanto, non può ritenersi sul punto inesistente.
A fronte degli elementi indicati
-come la perdurante operatività del clan COGNOME
COGNOME dimostrata dall’esecuzione di un recente provvedimento cautelare, il contenuto delle missive sequestrate nel corso dell’esecuzione di un’ordinanza
custodiale nell’ano 2023 in altro procedimento e il tenore di una conversazione intercettata nell’anno 2018
–
infatti, risulta che il giudice della sorveglianza ha dato atto di avere considerato e valutato coerentemente tutti gli elementi di fatto
emersi e di avere su questi fondato il proprio giudizio prognostico in merito all’attuale e perdurante sussistenza del pericolo di mantenimento di contatti tra il
ricorrente e l’organizzazione di appartenenza (Sez. 1, n. 1391 del 19/04/2016, Durali, Rv 268295 – 01; Sez. 5, n. 40673 del 30/05/2012, COGNOME, Rv 253713 – 01; Sez. 1, n. 41731 del 15/11/2005, Stranieri, Rv. 232892 – 01; Sez. 1, n. 40220 del 20/10/2005, COGNOME, Rv. 232466 – 01; Sez. 1, n. 39760 del 28/09/2005, COGNOME, Rv. 232684 – 01; Sez. 1, n. 36302 del 21/09/2005, COGNOME, Rv. 232114 – 01).
Sotto tale profilo, pertanto, le attuali censure in ordine all’effettiva consistenza della motivazione appaiono inconferenti e, in quanto tese a sollecitare una diversa lettura del compendio valutato, non sono consentite.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 23 gennaio 2025 Il Consiglig e relatore
Il
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