Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43239 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43239 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PORTO EMPEDOCLE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/04/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Giova premettere che, in materia dei provvedimenti di applicazione o proroga del regime detentivo di cui all’art. 41-bis Ord. pen., il controllo di legittimità affidato alla Corte di cassazione rimane circoscritto alla violazione di legge, cosicché, quanto alla motivazione, gli unici rilievi che possono trovare ingresso sono quelli che ne rappresentano la mancanza sotto il profilo dell’assenza dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità in relazione agli elementi sui quali deve cadere là verifica dei presupposti di legge, tanto poter ritenere che la motivazione sia solo apparente, in quanto assolutamente inidonea – per evidenti carenze di coordinazione e per oscurità del riscorso – a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito nel pervenire alla decisione (Sez. 1, n. 48494 del 09/11/2004, Santapaola, Rv. 230303).
Solamente in tali ipotesi è, invero, configurabile una violazione di legge, poiché il provvedimento risulta privo del requisito della motivazione richiesto dall’art. 125 cod. proc. pen. e dal comma 2-sexies dell’art. 41-bis Ord. pen. Restano, di contro, estranei all’ambito della verifica di legittimità consentita in materia non solo tutti quei rilievi che invocano il diverso apprezzamento degli elementi acquisiti riservato alle valutazioni di merito, ma anche il controllo della motivazione sotto il profilo della semplice contraddittorietà o illogicità.
Nel caso di specie, nel ricorso non ci si confronta con il provvedimento impugnato, nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che nel decreto di sottoposizione al regime detentivo differenziato risultavano compiutamente indicati gli elementi sintomatici della ricorrenza dei gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica (rappresentati dalla diffusa e aggressiva azione della criminalità organizzata di riferimento), nonché quelli che testimoniavano la consistente e attuale pericolosità sociale del detenuto (il quale era stato condannato, quale capo promotore, in ordine al reato di associazione di tipo mafioso, attualmente capeggiato dal fratello dello stesso).
Non era emerso, inoltre, che il detenuto avesse posto in essere condotte sintomatiche di una reale cesura con l’ambiente criminale di appartenenza, non bastando, a tal fine, il mero trasferimerAo di residenza attuato dalla moglie e dal figlio.
Alla luce di tali considerazioni e dei principi giurisprudenziali sopra esposti, la Corte ritiene che il ricorso non sia consentito in sede di legittimità, essendo costituito da doglianze del tutto infondate.
A fronte delle censure di mancanza di motivazione, infatti, va rilevato che il Tribunale di sorveglianza ha dato pienamente conto dell’attualità della
(
pericolosità sociale del detenuto e della persistenza dei collegamenti con la criminalità organizzata, accettando, in tal modo, la ricorrenza dei presupposti legali dai quali dipende il provvedimento di sottoposizione al regime carcerario differenziato.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/10/2024