Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36634 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36634 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/05/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo dei suoi difensori AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro l’ordinanza emessa in data 22 maggio 2025 con cui il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto avverso il decreto ministeriale di proroga del regime detentivo speciale, emesso il 13/02/2024, ritenendo adeguatamente motivata tale proroga, vista la persistente operatività del clan in cui egli ricopre un ruolo apicale, l’intervenuta scarcerazione di molti suoi familiari, anch’essi affiliati al medesimo clan, il forte pericolo di ripristino di collegamenti con essi, dimostrando i colloqui con i familiari il permanere di un vincolo malavitoso su base familistica, e l’assenza di una revisione critica, nonché la irregolare condotta carceraria del detenuto;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge dell’ordinanza impugnata, per la mancanza di specificità circa l’attualità della sua pericolosità, e per l’omessa acquisizione delle registrazioni dei colloqui, richiesta nel reclamo, non avendo il Tribunale tenuto conto che egli è detenuto in regime di 41 – bis Ord. pen. dal 1991 senza che siano intervenute condanne per fatti successivi, non essendo stato egli neppure mai imputato in nuovi procedimenti per reati attribuiti a membri del clan a cui egli apparteneva, e non avendo il Tribunale verificato, mediante l’acquisizione delle registrazioni dei suoi colloqui con i familiari, l’effettivo contenuto dei suoi rapporti con essi;
vista la memoria depositata in data 06/10/2025, con cui il ricorrente sostiene la non inammissibilità del ricorso, censurando esso, legittimamente, la violazione di legge per assenza di motivazione sui punti indicati;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile perché manifestamente infondato e generico, in quanto meramente reiterativo dei motivi di reclamo, avendo l’ordinanza valutato in modo approfondito, e fondato su elementi concreti, l’ancora attuale pericolosità del ricorrente, per la persistente operatività della sua cosca di appartenenza, di cui sono membri molti suoi familiari, della cui sorte egli si interessa nei colloqui con i propri familiari, per il ruolo apicale da lui sempre ricoperto, per la mancata dissociazione dal proprio passato criminale, avendo egli riportato condanne per reati commessi fino al 2019, e per la struttura familistica del clan, elementi tutti che rendono ancora sussistente il pericolo di una ripresa o del mantenimento dei contatti con detta associazione, valutazione che risulta conforme a quanto richiesto dalla giurisprudenza di legittimità (vedi Sez. 1, n.
20986 del 23/06/2020, Rv. 27922; Sez. 1, n. 24134 del 10/05/2019, Rv, 276483; Sez. 1, n. 18791 del 06/02/2015, Rv. 263508);
ritenuto che il ricorso sia inammissibile perché, di fatto, mira a chiedere a questa Corte una diversa valutazione degli elementi che il Tribunale di sorveglianza ha posto a base della sua decisione, mentre esula dai poteri del giudice di legittimità la formulazione di una diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, in quanto il suo giudizio può riguardare solo la verifica dell’iter argomentativo esposto nel provvedimento impugnato, accertando se esso dia conto adeguatamente delle ragioni di quella decisione (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944;)
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 ottobre 2025
Il Consigliere estensore
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