Regime 41-bis: Cassazione Conferma Inammissibilità del Ricorso Contro la Proroga
L’applicazione e la proroga del regime 41-bis, il cosiddetto ‘carcere duro’, rappresentano temi di grande delicatezza nel nostro ordinamento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12128/2024) offre un’importante lezione sui limiti del ricorso contro tali provvedimenti, distinguendo nettamente tra la valutazione dei fatti e il controllo sulla corretta applicazione della legge. Analizziamo insieme la vicenda.
I Fatti del Caso
Un detenuto, ritenuto il capo reggente di una nota organizzazione camorristica ancora attiva sul territorio, si è visto prorogare il regime detentivo speciale previsto dall’art. 41-bis. Ritenendo illegittima la decisione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma.
Il ricorrente contestava, in sostanza, la valutazione compiuta dal Tribunale circa la sua attuale pericolosità sociale e la sua capacità di mantenere contatti con l’associazione criminale di appartenenza, elementi fondamentali per giustificare il mantenimento delle rigide restrizioni del 41-bis.
La Valutazione sul regime 41-bis
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della pericolosità del detenuto, ma si concentra sulla natura stessa del ricorso presentato.
Secondo la Suprema Corte, il ricorso non superava il vaglio preliminare di ammissibilità perché, di fatto, chiedeva ai giudici di legittimità di compiere una nuova e diversa valutazione dei fatti. Il ricorrente, attraverso le sue censure, tentava una ‘sostanziale confutazione del percorso argomentativo’ del Tribunale di Sorveglianza, basandosi su considerazioni ‘eminentemente fattuali’.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte ha ribadito un principio cardine del nostro sistema giudiziario: la valutazione sulla capacità del condannato di mantenere contatti con l’esterno e sulla sua pericolosità sociale costituisce un ‘ponderato apprezzamento di merito’. Questo tipo di valutazione spetta in via esclusiva al Tribunale di Sorveglianza, che deve analizzare tutti gli elementi, anche non sopravvenuti, per decidere sulla proroga del regime 41-bis.
La Cassazione ha il compito di verificare che la motivazione del provvedimento impugnato sia logica, coerente e non meramente apparente, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che il Tribunale di Sorveglianza avesse compiutamente verificato tutti gli elementi necessari:
1. La capacità del detenuto di mantenere collegamenti con l’organizzazione criminale.
2. Il ruolo apicale ricoperto all’interno del clan.
3. L’operatività attuale dell’organizzazione sul territorio.
4. Il collegamento funzionale tra le restrizioni imposte e la tutela della sicurezza pubblica.
Poiché la motivazione del Tribunale di Sorveglianza era solida e ben argomentata, e il ricorso si limitava a contestare i fatti, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che dichiararlo inammissibile.
Conclusioni
Questa ordinanza è un chiaro promemoria della ripartizione di competenze tra i diversi gradi di giudizio. Chi intende impugnare un provvedimento di proroga del regime 41-bis in Cassazione non può limitarsi a sostenere una diversa lettura dei fatti, ma deve individuare specifici vizi di legittimità, come una motivazione mancante, illogica o contraddittoria. La decisione sottolinea come la valutazione sulla persistente pericolosità sociale del detenuto sia un’analisi complessa e fattuale, saldamente nelle mani del giudice di sorveglianza, il cui operato è sindacabile in sede di legittimità solo entro stretti confini.
Perché il ricorso contro la proroga del regime 41-bis è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a contestare la valutazione dei fatti compiuta dal Tribunale di Sorveglianza (apprezzamento di merito), senza sollevare vizi di legittimità (es. motivazione illogica o mancante), che sono gli unici esaminabili dalla Corte di Cassazione.
Quali elementi valuta il Tribunale di Sorveglianza per prorogare il regime 41-bis?
Il Tribunale valuta l’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale, la sua pericolosità sociale, il ruolo ricoperto nell’organizzazione e il collegamento funzionale tra le restrizioni imposte e le esigenze di ordine e sicurezza pubblica.
Può la Corte di Cassazione riesaminare i fatti che hanno portato alla proroga del 41-bis?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti. Il suo compito è il controllo di legittimità, ovvero verificare che la decisione del giudice di merito sia basata su una motivazione logica, coerente e conforme alla legge, senza entrare nella valutazione delle circostanze fattuali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12128 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12128 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata.
Ritenuto che il ricorso di NOME COGNOME non supera il preliminare vaglio di ammissibilità;
Considerato, infatti, che ai fini della proroga del regime detentivo differenziato di all’art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, l’accertamento dell’attuale capacità condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale, da svolgere tenendo conto dei parametri indicati in termini non esaustivi dal comma 2-bis della norma citata, si sostanzia in un ponderato apprezzamento di merito involgente tutti gli elementi, non necessariamente sopravvenuti, rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo già in origine poste a fondamento del suddetto regime (Sez. 1 , Sentenza n. 2660 del 09/10/2018, dep. 2019, Rv. 274912 – 01);
Rilevato, in particolare, che il ricorso NUMERO_DOCUMENTO non risulta adeguatamente correlato alla logica e ponderata valutazione dell’ordinanza impugnata, che – nell’esercizio del controll di legalità spettante, anche a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 94 d 2009, al Tribunale di sorveglianza di Roma in sede di proroga del regime di detenzione di cui all’art. 41-bis Ord. pen. (v. al riguardo, tra le molte, Sez. 1, n. 1843 23/04/2021, Mulè, Rv. 281361-01; Sez. 7, n. 19290 del 10/03/2016, COGNOME, Rv. 267248-01) – ha compiutamente verificato, sulla base delle circostanze di fatto indicate nel provvedimento, la capacità dell’odierno ricorrente di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata (tenuto conto che egli è considerato il capo reggente dell’organizzazione camorristica denominata RAGIONE_SOCIALE fondata dal fratello NOME COGNOME e che detto sodalizio è ancora attivo nel territorio di Torre Annunziata) e la s conseguente pericolosità sociale e il collegamento funzionale tra le prescrizioni imposte e la tutela delle connesse esigenze di ordine e sicurezza pubblica;
Considerato, altresì, che le censure sono manifestamente infondate nella parte in cui lamentano una motivazione inesistente o apparente, limitandosi le stesse, con considerazioni di natura eminentemente fattuale, a una sostanziale confutazione del percorso argomentativo posto a fondamento della decisione, la quale, per le ragioni esposte, non può affatto considerarsi mancante o meramente apparente;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in
favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (v. Corte costituzionale, sent. 13 giugno 2000, n. 186);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 7 marzo 2024.