Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7937 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7937 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/04/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Roma respingeva il reclamo presentato da NOME COGNOME avverso il decreto ministeriale in data 06/06/2022 di proroga del regime differenziato applicatogli ai sensi dell’art. 41-bis ord. pen. con decreto emesso dal Ministro della Giustizia.
Avverso detta ordinanza ha proposto dichiarazione d’impugnazione, per mezzo del suo difensore, l’interessato, che ha denunciato, con un primo motivo, violazione di legge in relazione alla tardiva produzione ( il 20/07/2022, un solo giorno prima dell’udienza) della not DNA relativa a fatti avvenuti 4 mesi prima; con un secondo motivo violazione di legge per mancanza di specificità della motivazione in relazione all’attualità della pericolosità del Gal
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, essendo fondato su motivi non consentiti in questa sede e comunque manifestamente infondati.
Deve, in proposito, rilevarsi che l’art. 41-bis, comma 2-bis, Ord. Pen., sostituito dall’art. 2 della legge 23 dicembre 2002, n. 279, stabilisce che i provvedimenti applicativi del regime di detenzione differenziato sono prorogabili “nelle stesse forme per periodi successivi, ciascuno pari a due anni”, purché non risulti che la capacità del detenuto o dell’internato di mantener contatti con associazioni criminali, terroristiche o eversive sia venuta meno.
L’ambito del sindacato devoluto alla Corte di cassazione è segnato dal comma 2-sexies della disposizione in esame, a norma del quale il Procuratore generale presso la Corte d’appello, l’internato o il difensore possono proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale di sorveglianza per violazione di legge.
La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da intendere nel senso ch il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza di dispo di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisit di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito per ritenere giustificata la proroga, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (cfr. Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino Rv. 224611).
Alla luce di questi parametri ermeneutici questa Corte osserva che il primo motivo di ricorso è aspecifico dal momento che non viene prospettata la decisività dell’atto prodotto tardivamente; il secondo motivo si limita a contestare le argomentazioni del provvedimento
impugnato e a provocare in realtà una nuova – e non consentita – valutazione del merito delle circostanze di fatto, in quanto tali insindacabili in sede di legittimità.
Il Tribunale di sorveglianza di Roma, invero, ha correttamente valutato gli elementi risultan dagli atti, soffermandosi sulle circostanze riportate in punto di fatto e argomentando dall stesse, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea applicazione della legge penale e processuale, la sussistenza dei . presupposti legittimanti la proroga del regime penitenziario differenziato, desunti: – dalle condanne per reati gravissimi che lo individuavano come uomo di vertice dell’RAGIONE_SOCIALE COGNOME
COGNOME
COGNOME; – dal sequestro nella sula cella detentiva, il 21/11/2019, di vari telefoni e sim card; – dalle risultanze di colloqui in ca avvenuti il 25/02/21 ed il 29/04/21 tra il condannato e i suoi familiari; – dalla persis operatività del clan nel territorio di riferimento. Il Tribunale a quo riteneva, quindi, il decreto impugnato non affetto da vizi di legittimità ed integrati i criteri di valutazione indica persistente possibilità di collegamenti.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/11/2023