Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30275 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30275 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 23 novembre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME contro il decreto ministeriale applicativo del regime penitenziario di cui all’art. 41-bis Ord.pen., ritenendolo sufficientemente motivato alla luce delle informative della DDA di Napoli del 04/10/2022 e del 01/02/2023, e del parere della DNAA del 07/02/2022, attestanti il ruolo di vertice assunto dal reclamante all’interno del RAGIONE_SOCIALE COGNOME, riferito da numerosi collaboratori di giustizia e dedotto anche dalla sua capacità di sottrarsi all’esecuzione della misura di sicurezza della libertà vigilata, rendendosi irreperibile sino al febbraio 2018 (dopo essere stato scarcerato nell’agosto 2017), nonché dedotto dal suo elevato tenore di vita e dalla condotta minatoria tenuta, dopo il suo rientro in carcere,, contro la moglie e i figli, e non smentito dalle ultime sentenze che hanno escluso il suo predetto ruolo apicale.
Il Tribunale ha escluso la rilevanza della sua formale dissociazione, avendo egli ammesso le proprie responsabilità solo in sede del giudizio di appello conclusosi con sentenza del 20 settembre 2020, quando ormai le prove a suo carico erano state accertate con la sentenza di primo grado. Ha ritenuto, perciò, concreta ed attuale la sua capacità di mantenere collegamenti con l’organizzazione di appartenenza, mancando anche una sua rivisitazione critica della precedente attività criminale.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo dei RAGIONE_SOCIALE difensori AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale denuncia la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod.proc.pen., in relazione alla sussistenza dei presupposti giustificativi del regime penitenziario differenziato.
L’ordinanza deduce un ruolo di vertice all’interno del RAGIONE_SOCIALE dalle precedenti condanne, ma egli non è stato mai condannato per avere ricoperto un ruolo simile ed anzi la sentenza di primo grado emessa il 20/09/2020, che gli aveva attribuito tale ruolo, è stata smentita, sul punto, da quella di appello, che ha evidenziato come egli non godesse della stima del capo, fosse rimasto detenuto sino al 2017, e non avesse ricevuto alcun mantenimento durante la detenzione.
L’ordinanza è errata, poi, laddove deduce la sua pericolosità dalle condotte tenute contro la moglie, mediante un telefono illegalmente detenuto durante la detenzione, trattandosi di fatti del tutto slegati da un contesto camorristico. Essa, infine è illogica nella parte in cui esclude ogni rilevanza della sua
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confessione perché intervenuta quando ormai l’istruttoria a suo carico era completa, in quanto tale confessione deve essere valutata per apprezzare il permanere o meno della sua pericolosità. L’ordinanza si conclude, quindi, con un’affermazione puramente assertiva della sua capacità di mantenere i contatti con l’associazione di appartenenza, in quanto non indica alcuna specifica circostanza da cui inferire che egli sia, oggi, un soggetto organicamente incluso nel RAGIONE_SOCIALE di originaria appartenenza, addirittura con posizione di vertice, e che sia quindi pericoloso se sottoposto al regime detentivo ordinario.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato.
Deve ribadirsi che l’ordinanza con la quale il tribunale di sorveglianza ha deciso sul reclamo avverso il provvedimento di applicazione o di proroga delle misure di cui all’art. 41-bis Ord. Pen. è ricorribile in cassazione per la sola violazione di legge, ai sensi dell’art. 41-bis, comma 2-sexies, Ord.pen; pertanto essa non è censurabile sotto il profilo della pretesa illogicità o contraddittorietà della motivazione, ma solo per la carenza totale o la mera apparenza della stessa (vedi, tra le molte, Sez. 1, n. 19093 del 0905/2006, Rv. 234179).
L’ordinanza impugnata non risulta viziata da carenza o mera apparenza motivazionale, in quanto è motivata con argomentazione logica, approfondita e non contraddittoria, e fonda la sua decisione sui pareri degli organi deputati al controllo delle associazioni criminali, autonomamente valutati, sulle condanne riportate dal ricorrente, e su elementi oggettivi, dimostrativi sia dell’attual operatività del RAGIONE_SOCIALE, di cui il ricorrente è stato ritenuto partecipe, si della permanenza della sua intraneità a detto RAGIONE_SOCIALE.
Risulta infatti logica l’individuazione di elementi idonei a dimostrare l’ancora attuale appartenenza del ricorrente alla predetta associazione c:riminosa nel fatto di essere riuscito a sottrarsi, dall’agosto 2017 sino al febbraio 2018, all’esecuzione della misura di sicurezza, e nel suo elevato tenore di vita. La capacità di mantenersi in latitanza dimostra, infatti, la possibilità di avvalersi d molti soggetti in grado di assicurare al latitante, per mesi, le normali condizioni di vita pur rimanendo totalmente omertosi sull’aiuto prestato; l’alto tenore di vita sfoggiato nonostante l’assenza di lecite fonti di guadagno è notoriamente
dimostrativo della possibilità di avvalersi dei profitti dell’associazione criminosa, di cui solo i partecipi possono beneficiare.
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La motivazione è corretta, poi, laddove attribuisce particolare rilevanza alla condotta tenuta nel commettere, dal febbraio 2021 e con permanenza attuale, il reato di atti persecutori contro la moglie, per il quale il ricorrente è sta sottoposto a custodia cautelare: dall’ordinanza custodiale risulta, infatti, che egli sL è avvalso M;alcuni affiliati al RAGIONE_SOCIALE per rintracciare la donna, al fine di minacciarla di morte, dal carcere, mediante un telefono cellulare illecitamente introdotto nell’istituto penitenziario e da lui detenuto. Tale condotta dimostra l’attuale intraneità del ricorrente nel predetto RAGIONE_SOCIALE e la sua capacità di mantenere rapporti con i RAGIONE_SOCIALE affiliati e di impartire, dal carcere, specifici ordini che vengon puntualmente eseguiti, e non è quindi, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, estranea al contesto camorristico, apparendo al contrario significativa della permanenza di uno stretto rapporto di appartenenza, che consente al ricorrente di utilizzare il RAGIONE_SOCIALE per soddisfare le proprie esigenze informative, essendo i RAGIONE_SOCIALE affiliati, evidentemente, disposti a mettersi al suo servizio.
3. La motivazione dell’ordinanza impugnata non risulta inficiata dall’erronea attribuzione di un ruolo di vertice all’interno del predetto RAGIONE_SOCIALE. Anche se un simile ruolo non gli è stato mai riconosciuto da sentenze definitive, la possibilità di avvalersi di altri partecipi nella vicenda personale sopra descritta dimostra che egli ricopre comunque una posizione di rispetto, che spinge alcuni degli affiliati a mettersi a sua disposizione. Inoltre, il fatto che tale vicenda sia iniziata ne 2021, dopo l’ammissione delle proprie responsabilità resa in data 16/07/2020 e da lui indicata come dimostrativa della sua dissociazione dal RAGIONE_SOCIALE, dimostra la irrilevanza di tale ammissione, a cui non è seguito un effettivo allontanamento dalle logiche criminali e una concreta interruzione dei rapporti con il RAGIONE_SOCIALE e i RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso, infine, non si confronta affatto con gli altri elementi indic dall’ordinanza impugnata come dimostrativi della ancora attuale partecipazione del ricorrente all’associazione di appartenenza, come l’elevato tenore di vita e il periodo trascorso in latitanza, dei quali non contesta neppure la predetta valutazione; essi, quindi, pur non risultando determinanti, confortano e sostengono l’interpretazione degli altri elementi esaminati, che porta in modo univoco a ritenere sussistente ed elevato il pericolo del mantenimento dei rapporti con il RAGIONE_SOCIALE stesso.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertan essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle sp processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 03 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente