Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23549 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23549 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a POTENZA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con l’adozione delle statuizioni consequenziali;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe, resa il 21 settembre 2023, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo proposto, ai sensi dell’art. 41 -bis della legge 26 luglio 1975 e succ. modd. (Ord. pen.), da NOME COGNOME raggiunto da ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza in ordine ai reati di partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso con il ruolo di promotore/organizzatore, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, danneggiamento, ricettazione, RAGIONE_SOCIALE finalizzata al narcotraffico, tutti aggravati dal metodo mafioso – avverso il decreto del Ministro della Giustizia del 23 novembre 2022, avente ad oggetto la prima applicazione del provvedimento di sospensione di alcune regole di trattamento con la correlativa instaurazione del corrispondente regime differenziato per la durata di anni quattro, durata da ritenere inesattamente indicata (dall’esame del testo del decreto, art. 4, la durata risulta essere di anni due).
Il Tribunale ha, in primo luogo, ricordato che, in passato, COGNOME era stato già sottoposto al regime detentivo differenziato dal 2.11.1992 all’1.01.1993 e, poi, dal 24.07.2008 al 27.06.2019, in corrispondenza dell’esecuzione di specifiche condanne, richiamato il contenuto del decreto ministeriale oggetto del reclamo, nel quale erano state valutate le indicazioni contenute nelle informative previste dal rito e, in particolare, quelle che avevano dato materia all’emissione del titolo cautelare attualmente operante nei confronti di COGNOME, a tenore delle quali questi era da inquadrarsi come soggetto di vertice del RAGIONE_SOCIALE, attivo nel territorio di Potenza e nei territori limitrofi, consorz con la RAGIONE_SOCIALE, e segnalati particolarmente, nell’ambito delle condotte devianti emergenti dall’ordinanza cautelare, l’episodio di cui si era reso diretto protagonista COGNOME quando era andato a esplodere, a scopo intimidatorio, quattro colpi di arma da fuoco contro l’abitazione dell’imprenditore NOME COGNOME nonché la condotta di COGNOME come desunta dai colloqui in carcere fra NOME COGNOME e NOME COGNOME circa la richiesta di un fucile fatta a quest’ultimo da COGNOME.
Di poi, i giudici di sorveglianza hanno preso atto che, con il reclamo, il detenuto aveva negato il ruolo apicale all’interno del suddetto RAGIONE_SOCIALE e che, con susseguente memoria, la difesa aveva contestato la persistente partecipazione di COGNOME all’RAGIONE_SOCIALE mafiosa ex art. 416-bis cod. pen., atteso l’oggettivo allontanamento dagli ambienti riferibili al RAGIONE_SOCIALE determinata dalla precedente detenzione dello stesso soggetto, aveva negato la sussistenza di rilievo probatorio al compendio captativo NOME, il significato annesso ai suoi
incontri con pregiudicati e la connotazione mafiosa dell’agguato in danno di COGNOME.
Indi, valutate le risultanze acquisite, sotto il duplice profilo dello spessor RAGIONE_SOCIALE di COGNOME e della persistente operatività del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE riferibile al vissuto RAGIONE_SOCIALE del medesimo, il Tribunale di sorveglianza, pur dopo aver dato atto che, sotto il profilo dell’osservazione inframuraria, COGNOME, detenuto nella Casa circondariale dell’Aquila, stava serbando condotta regolare, ha considerato adeguatamente motivato il decreto ministeriale con riferimento a entrambi i suddetti aspetti, rimarcando che ai fini dell’applicazione del regime differenziato in esame è sufficiente il pericolo che il detenuto possa ripristinare, se ammesso al regime ordinario, i contatti con l’ambiente RAGIONE_SOCIALE esterno, dal momento che la detenzione, di per sé, non costituisce fattore sufficiente a garantire l’avvenuta recisione dei collegamenti con tale ambiente, in ragione del carattere tendenzialmente vincolante e inscindibile che connota la partecipazione del singolo all’RAGIONE_SOCIALE mafiosa, soprattutto da parte di chi occupa in essa ruoli di vertice.
In questa prospettiva, per il Tribunale, le deduzioni del reclamante non sono state ritenute meritevoli di accoglimento, siccome inidonee a contrastare i presupposti su cui è fondato il decreto.
Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso i difensori di COGNOME chiedendone l’annullamento e affidando l’impugnazione a un unico, articolato motivo con cui viene dedotta l’erronea applicazione dell’art. 41-bis Ord. pen., in relazione alla verifica della sussistenza dei presupposti applicativi del corrispondente regime differenziato.
Premessa la pacifica impugnabilità dell’ordinanza del Tribunale in questa materia soltanto per violazione di legge, si segnala che, a fronte delle affermazioni contenute nel decreto ministeriale, la difesa, con la memoria, aveva prodotto atti idonei a contrastare le conclusioni esposte nel provvedimento reclamato: si fa riferimento alle sentenze della Corte di assise di appello di Potenza del 28.01.2004 e della Corte di appello di Potenza del 17.06.2022, dal cui esame avrebbe dovuto trarsi il rilievo che, in un arco di tempo molto lungo, si era registrata soltanto un’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art 416-bis cod. pen., come mero partecipe; dagli atti era emersa anche l’assenza della cifra mafiosa di COGNOME, argomento rispetto a cui la motivazione resa dal Tribunale era da ritenersi apparente.
Né – segnala il ricorrente – si era considerata la trascrizione del colloquio captato fra COGNOME e COGNOME, dal cui esame avrebbe dovuto evincersi che il soggetto richiedente il fucile a COGNOME era un certo NOME, non COGNOME; se
avessero valutato questo elemento, i giudici di sorveglianza non avrebbero formulato la valutazione di elevato spessore RAGIONE_SOCIALE, basata erroneamente su quell’episodio.
Del pari, la mera, pregressa appartenenza all’RAGIONE_SOCIALE mafiosa, senza ruoli di vertice, esclusa dalla prima delle sentenze indicate, peraltro per un tempo non prolungato, non avrebbe potuto, ad avviso della difesa, autorizzare il Tribunale a enfatizzare il curriculum delinquenziale di COGNOME, dato l’intervallo privo di condanne fra il 2004 e il 2020, anno, quest’ultimo, in cui era sopravvenuta una condanna per reato aggravato soltanto dal metodo mafioso, non dalla finalità mafiosa.
La difesa ha anche censurato il modo con cui i giudici di sorveglianza hanno trattato l’argomento inerente ai sistemi di comunicazione praticati dal detenuto, giacché non si è identificato il messaggio pericoloso veicolato, per cui il trattenimento della corrispondenza riferito al 2023 non avrebbe potuto, in carenza di motivazione effettiva, essere ritenuto elemento comprovante la necessità di applicare il regime differenziato, né il riferimento a procedimenti giudiziari in corso, non inerenti alla posizione di COGNOME, avrebbe potuto legittimare la valutazione della persistente operatività del RAGIONE_SOCIALE a cui era in passato appartenuto il detenuto.
Infine, non si ravvisa, secondo la difesi, una motivazione reale di sostegno al prospettato pericolo di ripristino da parte di COGNOME dei collegamenti con il gruppo RAGIONE_SOCIALE di riferimento, laddove nessun segno tangibile della vitalità della RAGIONE_SOCIALE si era avuto nel corso di un anno di detenzione, con conseguente carenza di giustificazione delle limitazioni al regime detentivo deliberate nel decreto ministeriale e confermate dal Tribunale.
3. Il Procuratore generale ha prospettato la declaratoria di inammissibilità del ricorso, atteso che il Tribunale di sorveglianza si è espresso esaustivamente indicando gli elementi dalla cui valutazione era stata appurata la pericolosità di COGNOME, intesa come capacità di mantenere collegamenti con l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, essendo emerso che il provvedimento impugnato ha ancorato la sua decisione ai dati concreti evidenziati dai pareri della DDA e della DNA soffermandosi sul curriculum delinquenziale del detenuto, contrassegnato da reati particolarmente gravi, e sulla pregressa sottoposizione al regime detentivo in corso, per poi concentrarsi sugli esiti delle indagini preliminari in corso a carico di COGNOME, di cui l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere aveva dato contezza, rendendo chiara la persistenza della pericolosità recrudescente di cui il detenuto è portatore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte ritiene l’impugnazione non fondata e, pertanto, da rigettare.
È utile ricordare che il Tribunale di sorveglianza a ragione della conclusione sopra indicata ha, sulla base degli elementi succitati, osservato che il titolo cautelare in atto ha costituito certamente una base legittima per l’adozione del provvedimento ministeriale di istituzione del regime detentivo speciale ex art. 41 -bis cit. nei confronti di COGNOME, evidenziando che l’esigenza di prevenzione che il decreto reclamato aveva inteso tutelare era stata, nel decreto, ricollegata a due profili: lo spessore RAGIONE_SOCIALE del detenuto e la perdurante operatività del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE riferibile al vissuto RAGIONE_SOCIALE del medesimo.
2.1. Più specificamente, circa il primo profilo, si è evidenziato che il decreto aveva richiamato le note della RAGIONE_SOCIALE distrettuale e della RAGIONE_SOCIALE e aveva poi argomentato dal curriculum delinquenziale di COGNOME, costellato di reati di particolare gravità e contrassegnato da pregressa sottoposizione al regime speciale, nonché dalle evidenze citate nel titolo cautelare in atto, dimostrative di una recrudescenza della pericolosità del detenuto, il quale – dopo pochi mesi dalla scarcerazione pregressa e benché sottoposto a libertà vigilata – aveva promosso e attuato personalmente l’azione intimidatoria armata ai danni di COGNOME.
In merito alla caratura RAGIONE_SOCIALE del detenuto, il decreto ministeriale si era riferito ai numerosi incontri di COGNOME con i sodali, fra cui COGNOME, COGNOME e COGNOME, nonché alla richiesta del fucile fatta dallo stesso COGNOME a COGNOME. Ancora, in ordine alla capacità del detenuto di coltivare i contatti con l’esterno, sono stati ricordati gli svariati sistemi che COGNOME, nel corso delle precedenti carcerazioni, aveva messo in essere per veicolare indicazioni e direttive fuori dal carcere, sia attraverso i colloqui con la ex moglie, or deceduta, sia mediante corrispondenza scritta con esponenti qualificati della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE; peraltro, agli atti era pervenuta la nota DAP del 10 luglio 2023 relativa al trattenimento di corrispondenza sospetta disposto nei confronti di COGNOMECOGNOME ora al vaglio dell’autorità giudiziaria.
2.2. Per quanto concerne il secondo profilo, il Tribunale ha osservato che la verifica dell’attuale perdurante operatività della cosca di appartenenza aveva dato esito affermativo, come dimostravano le recenti attività investigative e i provvedimenti giudiziali che avevano coinvolto direttamente COGNOME comprovanti l’attuale vitalità della RAGIONE_SOCIALE, della quale il detenuto costituiva un consolidato punto di riferimento.
Si è sottolineato che la nota della RAGIONE_SOCIALE del 12 settembre 2023 aveva allegato una serie di provvedimenti giudiziari emessi nei confronti di esponenti di questo RAGIONE_SOCIALE, ultimo dei quali era quello riferito all sentenza emessa dal Tribunale di Potenza il 31 gennaio 2023 nei confronti di COGNOME NOME ed altri, nella quale era stato ribadito il riconoscimento della sussistenza del RAGIONE_SOCIALE.
2.3. Da tale articolato quadro si è tratta, dal Tribunale di sorveglianza, l’argomentata conclusione dell’attuale capacità di COGNOME di mantenere i collegamenti con il gruppo RAGIONE_SOCIALE di appartenenza, collegamenti che la detenzione non interrompe in modo automatico, senza che il mero decorso del tempo possa ritenersi dimostrativo del contrario e si è reputato concreto il pericolo che il detenuto, se non assoggettato al regime detentivo differenziato, riprenda i contatti con i sodali, in tale concreto rischio essendosi individuate le esigenze di ordine e di sicurezza sottese all’adozione del decreto reclamato.
Valutato l’effettivo – e non apparente – discorso giustificativo offerto nel provvedimento impugnato, deve ritenersi che il Tribunale abbia motivatamente considerato persistente, in relazione ai criteri indicati dall’art. 41 -bis Ord. pen., come novellato dall’art. 2 della legge 15 luglio 2009, n. 94, il pericolo che l’interessato eserciti il suo ruolo mantenendo i contatti con la criminalità organizzata in ragione del suo profilo RAGIONE_SOCIALE, della posizione rivestita nel RAGIONE_SOCIALE e della persistente vitalità dell’organizzazione, con l’emersione della necessità di introdurre per il periodo succitato il regime detentivo differenziato.
3.1. È assodato che avverso il provvedimento emesso dal Tribunale di sorveglianza in sede di reclamo circa l’applicazione (o anche la proroga) del regime differenziato di cui all’art. 41 -bis Ord. pen. è ammesso ricorso per cassazione per il solo vizio della violazione di legge (art. 41 -bis, comma 2 -sexies, Ord. pen.).
Si versa in tema di violazione di legge, in relazione al profilo della motivazione, soltanto quando emerga l’inesistenza o la mera apparenza della motivazione, la quale si verifica anche quando il provvedimento omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo, nel senso che esso, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio, giacché in siffatta ipotesi affiora la violazione della norma che impone l’obbligo della motivazione del corrispondente provvedimento giurisdizionale, in particolare dell’art. 125 cod. proc. pen., restando invece esclusa da tale vaglio l’illogicità (pur se manifesta), deducibile invece, quando ammessa, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. (v. in generale, sul limite posto dall’impugnabilità per sola violazione di legge Sez. U,
n. 33451 del 29/05/2014, COGNOME, Rv. 260246 – 01; fra le successive Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119 – 01; v., in questa specifica materia, Sez. 1, n. 16019 del 27/01/2016, COGNOME, Rv. 266620 – 01; Sez. 1, n. 48494 del 09/11/2004, COGNOME, Rv. 230303 – 01)
3.2. Nel caso qui esaminato, il Tribunale di sorveglianza ha adeguatamente e logicamente esposto le ragioni per le quali il decreto ministeriale di sottoposizione di COGNOME al regime detentivo differenziato derivando le sue argomentazioni dal contenuto del decreto stesso e dai dati di fatto tratti anche dal titolo cautelare attualmente in esecuzione, con la conseguente valutazione di sussistenza del pericolo del mantenimento di contatti tra il detenuto ed il contesto RAGIONE_SOCIALE associativo nel cui ambito sono maturati i fatti contestati.
I giudici di sorveglianza – svolgendo (come era loro precipuo compito: Sez. 1, n. 18434 del 23/04/2021, Mulè, Rv. 281361 – 01) il controllo sulla motivazione del decreto ministeriale e sulla sussistenza dei requisiti della capacità del soggetto di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata, della sua pericolosità sociale e del collegamento funzionale tra le prescrizioni imposte e la tutela delle esigenze di ordine e sicurezza – hanno coordinato il suddetto pericolo allo spessore, ritenuto di prima grandezza, del ruolo di COGNOME nell’ambito del gruppo RAGIONE_SOCIALE di riferimento, sviluppando valutazioni basate sull’esame degli atti del procedimento correlato e consistenti in apprezzamenti di merito, comunque non sindacabili in questa sede.
3.3. In riferimento al rilievo annesso alla misura custodiate in atto, non è superfluo ricordare che il regime differenziato, ricorrendone i presupposti, si applica anche ai soggetti detenuti in virtù dell’applicazione di misura cautelare, come si è verificato nel caso di COGNOME (Sez. 1, n. 37038 del 23/04/2004, COGNOME, Rv. 230807 – 01).
Il ricorrente, accentuando i riferimenti alle decisioni di condanna per i reati in precedenza a lui ascritti, ha orientato le deduzioni difensive a dedicarsi, appunto ai fatti già giudicati, non svolgendo per contro considerazioni idonee a destrutturare in modo radicare la motivazione del provvedimento impugnato, con riferimento alla misura cautelare in atto, riferita a titoli di reato, compresa l partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE, di sicuro rilievo ai fini dell’applicazione dell’art. 41-bis cit., laddove i presupposti del regime differenziato sono stati nel provvedimento in esame vagliati essenzialmente alla stregua delle evidenze relative al titolo in esecuzione.
Ne discende che, al di là del carattere tendenzialmente rivalutativo delle argomentazioni addotte da COGNOME, anche per l’ora rilevato limite della prospettiva l’impugnazione non fornisce elementi tali da far emergere alcuna violazione di legge alla base dell’ordinanza emessa dal Tribunale di sorveglianza.
Si conferma, quindi, la legittimità delle valutazioni operate dai giudici del merito nel considerare correttamente imposta la misura di carattere essenzialmente amministrativo prevista dall’art. 41 -bis cit., risultata funzionale alle finalità preventive perseguite, con essa, dall’ordinamento: invero, la condizione del soggetto detenuto, con essa, viene sottoposta a un obiettivo aggravio del grado di afflizione, di per sé già sussistente per la limitazione della libertà, a cagione del constatato livello di pericolosità soggettiva che legittima l’adozione di misure idonee a prevenire il fenomeno del mantenimento delle capacità di incidenza del soggetto detenuto sulle dinamiche criminali esterne, non richiedendosi, quindi, l’accertamento della perdurante condizione di affiliato al gruppo criminoso (fatto che presupporrebbe la necessaria individuazione dell’effettivo contributo arrecato all’attività della RAGIONE_SOCIALE), ma la verifica del sussistenza di elementi tali da far ritenere ragionevolmente l’evenienza del mantenimento dei contatti del ristretto con la realtà RAGIONE_SOCIALE di provenienza, ove lo stesso resti detenuto secondo il regime ordinario (Sez. 1, n. 52054 del 29/04/2014, Polverino, Rv. 261809 – 01).
3.4. Conclusivamente, il provvedimento del Tribunale di sorveglianza si è dimostrato dotato di una motivazione effettiva e rispettosa dei parametri stabiliti dall’art. 41 -bis Ord. pen., inerenti alla verifica dei presupposti per l’adozione del regime detentivo differenziato, così da far emergere la solida acquisizione della sussistente capacità di COGNOME di mantenere i collegamenti con la RAGIONE_SOCIALE di riferimento, anche in relazione al suo notevole profilo RAGIONE_SOCIALE e alla posizione di grande rilievo rivestita nel RAGIONE_SOCIALE.
Ciò conduce a considerare attualmente preclusa al ricorrente, in virtù dell’incensurabile provvedimento qui delibato, la possibilità di permanere, per il periodo stabilito dal decreto ministeriale, nel contesto carcerario ordinario.
Discende da tali rilievi il rigetto dell’impugnazione, a cui consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese rocessuali.
Così deciso il 21 febbraio 2024
Il ConsigJ.ire estensore