Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46639 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46639 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/10/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 30/05/2024 del TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA di Roma; vista la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME vista la requisitoria del Sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso; in procedimento a trattazione scritta.
COGNOME NOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 22/12/1973
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 30 maggio 2024 il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo introdotto da COGNOME NOME avverso il decreto ministeriale di applicazione del regime differenziato di cui all’art.41 bis ord.pen. (decreto del 1 agosto 2023).
1.1 Il Tribunale, premesso che il COGNOME risulta in espiazione della pena per il delitto di partecipazione ad associazione di stampo mafioso (commesso sino al 2020), estorsione, cessione di sostanze stupefacenti, ed Ł sottoposto a misura cautelare per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti ed associazione di stampo mafioso, dopo ampia premessa di inquadramento giuridico dell’istituto evidenzia in sintesi:
che il COGNOME Ł stato ritenuto appartenente al clan COGNOME di Castellammare di Stabia con ruolo rilevante (pur se non direttivo) in ragione dello stabile legame venutosi a determinare tra il clan camorristico e il gruppo associativo dedito alla cessione di sostanze stupefacenti, nel cui ambito il COGNOME ha svolto ruolo direttivo;
che il clan COGNOME Ł ancora operativo nel territorio di Castellammare di Stabia ed in altre zone limitrofe;
che mancano effettivi indicatori di ravvedimento, anche in riferimento a precedenti esperienze detentive che non hanno sortito alcun effetto risocializzante;
che, in particolare, la scelta processuale di ammissione dei fatti e il risarcimento operato in favore delle vittime di estorsione sono da ritenersi espressione di una volontà meramente
utilitaristica tesa ad ottenere benefici processuali.
Sarebbe, pertanto, adeguatamente dimostrata la capacità del COGNOME di mantenere i contatti con il contesto criminale di provenienza, ove posto in regime detentivo ordinario.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del difensore COGNOME Antonio, deducendo erronea applicazione di legge ed assenza di motivazione circa la perdurante pericolosità del ricorrente e circa la capacità di mantenere i contatti con il contesto di provenienza.
2.1 Il Tribunale non avrebbe realizzato un concreto apprezzamento dei motivi di reclamo, ed avrebbe posto in essere una mera riproposizione della biografia criminale del reclamante, con apparenza di motivazione.
In particolare, si rappresenta che : a) si era evidenziato che nei tre anni trascorsi in regime di alta sicurezza non sono stati censiti contatti del COGNOME con l’ambiente di provenienza; b) che prima dell’arresto il COGNOME si era trasferito in Repubblica Ceca, fatto indicativo di una volontà diversa da quella ipotizzata nel Decreto Ministeriale; c) che all’interno del clan camorristico la posizione del COGNOME non era apicale.
A fronte di tali emergenze fattuali, dotate di particole pregnanza dimostrativa, il Tribunale avrebbe dovuto prendere atto della assenza, in concreto, di indicatori di attuale pericolosità del COGNOME, invece di basare la propria valutazione su dati incerti e opinabili.
Da ciò la deduzione di ‘assenza’ di motivazione su punti qualificanti del percorso giustificativo della decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato, per le ragioni che seguono.
Come Ł noto, avverso il provvedimento emesso dal Tribunale di Sorveglianza in sede di reclamo circa l’applicazione o la proroga del regime differenziato di cui all’art. 41 bis ord.pen. Ł ammesso ricorso per cassazione in rapporto alla sola violazione di legge (art. 41 bis co. 2 sexies ord.pen.).
Ciò determina la possibilità, per questa Corte di rilevare solo l’assoluta carenza di motivazione, intesa come mancanza grafica della stessa o come redazione di un testo del tutto sfornito dei requisiti minimi di logicità e aderenza ai dati cognitivi acquisiti, tale da rendere incomprensibile il percorso giustificativo della decisione.
Vi Ł carenza assoluta di motivazione anche quando l’organo giurisdizionale omette di prendere in esame una circostanza di fatto potenzialmente decisiva introdotta dalla difesa, posto che il giudice – specie in sede di impugnazione – Ł tenuto a fornire adeguata motivazione circa l’infondatezza, l’indifferenza o la superfluità degli argomenti opposti dall’interessato (v. Sez. II n. 37100 del 7.7.2023, rv 285189).
3.Ora, nel caso in esame tutto ciò non può dirsi, posto che il Tribunale ha compiutamente indicato le ragioni per cui si Ł ritenuto sussistente il «pericolo concreto» di mantenimento di contatti tra il COGNOME ed il contesto criminale di tipo associativo nel cui ambito sono maturati i fatti giudicati.
Tale pericolo Ł stato rapportato alla particolare rilevanza del ruolo tenuto dal COGNOME nella associazione finalizzata al narcotraffico e nel sottostante legame funzionale tra detta associazione ed il clan COGNOME. Pur in presenza, pertanto, di una qualificazione giuridica della condotta in termini di mera ‘partecipazione’ al sodalizio di stampo mafioso, il Tribunale ha dato atto della particolare importanza strategica che per il clan COGNOME ha avuto la attività spercifica svolta dal COGNOME, in tempi relativamente recenti.
A ciò si Ł aggiunta la considerazione dell’assenza di ‘reali’ indicatori di abbandono di logiche di appartenenza al sodalizio, il che determina – sul piano logico – la persistenza del pericolo di riattivazione di canali di collegamento con l’esterno.
Vi Ł pertanto una motivazione specifica sul tema della capacità di mantenimento dei contatti con l’ambiente criminale di provenienza e gli argomenti difensivi ‘trascurati’ dal Tribunale (ad es. il trasferimento in Repubblica Ceca prima dell’arresto) non hanno una reale portata antagonista rispetto alla valenza degli indicatori di pericolosità passati in rassegna nella decisione impugnata. Da qui deriva la sostanziale insindacabilità delle valutazioni operate, non versandosi in ipotesi di «assenza» del percorso argomentativo.
4.Va inoltre precisato che la misura «trattamentale» essenzialmente di carattere amministrativo con controllo giurisdizionale differito – di cui all’art. 41 bis ord.pen. – realizza finalità preventive (si veda, sul punto, quanto affermato da Sez. I, n. 52054 del 29.4.2014, rv 261809, in riferimento alla immutata natura preventiva della misura in parola, pure a seguito delle modifiche apportate con legge n. 94 del 15 luglio 2009), tese alla inibizione di contatti con il contesto criminale di provenienza.
La condizione del soggetto detenuto, pertanto, viene sottoposta ad un «aggravamento» del grado di afflizione, già di per sŁ correlato alla limitazione di libertà, in virtø della constatazione del livello di pericolosità soggettiva (desumibile dalla natura del reato commesso e da altri indicatori fattuali relativi alla personalità) che legittima l’adozione di misure idonee a prevenire il fenomeno del mantenimento delle capacità di incidenza del soggetto recluso sugli accadimenti esterni.
La natura preventiva della adozione del regime differenziato Ł stata ribadita – in modo significativo – dalla stessa Corte Edu, nel noto caso COGNOME contro Italia (I sezione, sentenza del 25 settembre 2018), lì dove si Ł affermato (al par. 150) che : La Corte riconosce gli argomenti del Governo sulle finalità puramente preventive e di sicurezza – piuttosto che punitive – del regime carcerario speciale in questione, e il suo obiettivo di separare i contatti tra detenuti e le loro reti criminali (vedere paragrafo 143 sopra), nonchØ gli argomenti addotti in merito alla giustificazione dell’imposizione delle misure (cfr. paragrafo 146 sopra) .
Trattasi di finalità di per sŁ ritenuta – dalla stessa Corte di Strasburgo – non in contrasto con i diritti fondamentali, lì dove emerga la necessità di particolari forme di inibizione dei contatti tra il soggetto posto in detenzione e il contesto criminale di provenienza. Sempre nella citata decisione COGNOME contro Italia si ribadisce – al par. 147 della sentenza – la compatibilità tra il modello differenziato di trattamento del detenuto portatore di pericolosità accentuata e il principio di cui all’art. 3 Conv., sempre che sia presente adeguata giustificazione circa le opzioni di applicazione e proroga : La Corte nota in apertura che ha già avuto ampia possibilità di valutare il regime di cui all’art. 41 bis in un gran numero di casi prima di questo, e ha concluso che, secondo le circostanze di tali casi, l’imposizione del regime non dà luogo a problemi ai sensi dell’articolo 3 neppure quando Ł stato imposto per lunghi periodi di tempo (vedi, tra molti altri esempi, NOME , citata sopra; COGNOME , citato sopra; COGNOME v. Italia , no. 24358/02, 11 luglio 2006; e COGNOME c. Italia (dec.) n. 37648/02, 24 settembre 2015). In tali casi, la Corte ha costantemente affermato che, nel valutare se l’applicazione estesa delle restrizioni di cui alla sezione del regime di cui all’art.41 bis raggiunge la soglia minima di gravità necessaria per rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 3, la durata deve essere esaminata alla luce delle circostanze di ciascun caso, che comporta, tra l’altro, accertare se il rinnovo o l’estensione delle restrizioni contestate era giustificata o no (vedi Enea , citata sopra, § 64; Argenti , citata sopra, § 21; Campisi, sopra citato, § 38, 11 luglio 2006; e COGNOME , citata sopra, § 27); e, mutatis mutandis , COGNOME c. Francia , n. 59450/00, § 145, CEDU 2006-IX) .
Resta pertanto confermata e condivisa la tesi secondo cui in sede di applicazione o di proroga
del regime differenziato non si richiede un accertamento della perdurante condizione di affiliato al gruppo criminoso (dato che ciò presupporrebbe l’individuazione di un effettivo contributo arrecato all’attività del gruppo medesimo) quanto una verifica della esistenza di elementi tali da far ragionevolmente presumere il mantenimento dei contatti con la realtà criminale di provenienza in ipotesi di sottoposizione al regime ordinario.
Ciò corrisponde alla finalità preventiva e al contempo inibitoria insita nella adozione di limitazioni alle ordinarie regole di trattamento penitenziario.
Si tratta, pertanto, di una tipica valutazione in fatto, nell’ambito della quale indubbiamente incide l’intensità pregressa del ruolo associativo ritenuto sussistente, come piø volte sottolineato nella presente sede di legittimità (si veda, tra le altre, Sez. V, n. 40673 del 30.5.2012, rv 253713).
Ciò consente di ritenere ‘esistente’ la motivazione e il correlato giudizio formulato dal Tribunale, in ragione della intensità del ruolo svolto, in passato, dall’attuale ricorrente nel contesto criminale, in una con l’assenza di indicatori di ravvedimento.
Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 11/10/2024
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME