Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20718 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20718 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CALABRIA COGNOME nato a PAOLA il 28/06/1986
avverso l’ordinanza del 28/11/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 28 novembre 2024, con la quale il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento del 14/11/2023 con il quale il Ministro della Giustizia ha disposto, ai sensi dell’art. 41bis ord. pen., come modificato dalla legge n. 94 del 15/07/2009, la sospensione dell’applicazione delle regole del regime intramurario ordinario;
Ritenuto che il motivo di ricorso proposto ai sensi dell’art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. lamenta la carenza di motivazione per l’omessa valutazione delle critiche difensive, il carente esame dei presupposti per affermare la pericolosità sociale del ricorrente e l’assenza di una valutazione prognostica circa la capacità di riallacciare legami con l’organizzazione durante la detenzione;
che nella sostanza, pertanto, si denunciano vizi di motivazione, visto che il ricorso ripercorre tutti i dati e gli episodi ritenuti rilevanti nel provvediment criticando le valutazioni del Tribunale di sorveglianza circa la superfluità degli approfondimenti istruttori richiesti dalla difesa;
che ai sensi dell’art. 41bis, comma 2sexies, ord. pen., avverso il provvedimento impugnato dinanzi alla Corte di Cassazione possono essere denunciati solo vizi di violazione di legge, sebbene il controllo non sia limitato a profili di violazione di legge «ma si estende alla motivazione ed alla sussistenza, sulla base delle circostanze di fatto indicate nel provvedimento, dei requisiti della capacità del soggetto di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata, , della sua pericolosità sociale e del collegamento funzionale tra le prescrizioni imposte e la tutela delle esigenze di ordine e di sicurezza» (Sez. 1, n. 18434 del 23/04/2021, Rv. 281361-01);
che «non si richiede un accertamento della perdurante condizione di affiliato al gruppo criminoso (dato che ciò presupporrebbe l’individuazione di un effettivo contributo arrecato all’attività del gruppo medesimo) quanto una verifica della esistenza di elementi tali da far ragionevolmente presumere il mantenimento dei contatti con la realtà criminale di provenienza in ipotesi di sottoposizione al regime ordinario» (così Sez. 1, n. 37519 del 01/07/2024, Rao, Rv. 287077 – 01, in motivazione); a tal fine si richiede una valutazione in fatto, nell’ambito della quale incide l’intensità pregressa del ruolo associativo ritenuto sussistente (Sez. V n. 40673 del 30.5.2012, rv 253713).
che il provvedimento impugnato contiene un’adeguata motivazione sul ruolo assunto dal condannato nella cosca, sulla sussistenza di successivi elementi significativi del mantenimento dei suoi legami, come pure della possibilità di coltivarli (tra questi certamente ha sicuro rilievo la ricostruzione condotte illecite
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proseguite senza soluzione di continuità nell’arco di oltre un decennio con il progressivo accrescimento del suo carisma personale, della sua capacità di
influenza nel medesimo territorio e nella rete di alleanze da lui intessuta con altre cosche), nonchè infine sull’assenza di elementi positivi emersi nel corso della
detenzione in ordine ad eventuale dissociazione o comunque ad elementi inequivocamente sintomatici di recupero dei valori di legalità;
che nel provvedimento impugnato si rinvengono congrue valutazioni basate su specifici elementi sia sul fatto che non può dirsi venuta meno la capacità di
mantenere i collegamenti con l’associazione, ancora composta da familiari del condannato, sia sulla perdurante operatività del sodalizio criminale;
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’08 maggio 2025
Il Consigliere estensore
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