Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9174 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9174 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN CIPRIANO D’AVERSA il 21/05/1958
avverso l’ordinanza del 31/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di Roma
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che il Tribunale di Sorveglianza di Roma, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato il reclamo proposto, avverso il decreto ministeriale di proroga del regime detentivo ex art. 41 bis legge 26 luglio 1975, n. 354, da NOME COGNOME, condannato quale esponente apicale dell’omonima associazione di stampo camorristico, articolazione del clan dei casalesi;
Osservato che, avverso tale ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di COGNOME, avv. NOME COGNOME che ha dedotto vizio ex art. 606, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., in relazione all’art. bis Ord. Pen., per violazione ed erronea applicazione di legge, anche con riferimento agli artt. 125 e 666 cod. proc. pen., nonché 27 Cost. e 6 Cedu.
Considerato che, ai fini della decisione sulla proroga del regime detentivo differenziato, l sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva, richiesta dall norma, non deve essere dimostrata in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che essa possa essere ragionevolmente ritenuta probabile, sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti (cfr. Sez. 1, n. 20986 del 23/06/2020, Farao, Rv. 279221).
Rilevato, quindi, che il Tribunale di sorveglianza ha motivato richiamando, con indicazione dei dati rilevanti, l’elevatissimo spessore criminale del ricorrente (al riguardo, si fa riferiment sua veste di capo assoluto della cosca omonima, ancora operativa, oltre che alle diverse note fornite dalla D.I.A., dalla D.D.A. e dal Comando generale dell’arma dei Carabinieri, che concordemente lo indicano quale soggetto ancora inserito nel clan di provenienza);
Ritenuto che le deduzioni difensive non siano atte a disarticolare la saldezza dell’avversato provvedimento, atteso che alla dedotta dichiarazione di dissociazione resa nel 2018 non ha fatto seguito alcun comportamento concretamente apprezzabile, mentre l’assoluzione del 2022 non elide la possibilità di ripresa di contatti con gli ambienti malavitosi di provenienza;
Rilevato che – per contrastare la logica ed esaustiva motivazione dell’impugnato provvedimento – la difesa si limita ad esporre una mera critica oppositiva, sostanzialmente auspicando il compimento – ad opera della Corte di legittimità – di una non consentita rivalutazione degl elementi di valutazione e conoscenza emersi;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ravvisandosi un’ipotesi di esonero – al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 20 febbraio 2025.