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Regime 41-bis: quando è legittima la proroga

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro la proroga del regime 41-bis. La decisione si basa sulla perdurante capacità del soggetto di mantenere contatti con l’associazione criminale di appartenenza, dimostrata da elementi come il suo ruolo di spicco nel clan e un colloquio in cui raccomandava al figlio cautela con le intercettazioni. La Corte ha ritenuto la valutazione del Tribunale di Sorveglianza adeguata e non meramente apparente.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Proroga del Regime 41-bis: la Cassazione conferma la valutazione sulla pericolosità sociale

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sui presupposti per la proroga del cosiddetto regime 41-bis, il regime detentivo speciale previsto per i condannati per reati di criminalità organizzata. La decisione sottolinea come la valutazione della persistente capacità del detenuto di mantenere contatti con l’associazione criminale sia un accertamento di merito, basato su una pluralità di elementi, e non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.

I Fatti del Caso: La proroga del regime detentivo speciale

Il caso analizzato riguarda il ricorso presentato da un detenuto, considerato un elemento di spicco di un noto clan ‘ndranghetistico, avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma che aveva disposto la proroga del regime detentivo differenziato a suo carico. Il ricorrente contestava la valutazione del Tribunale, sostenendo che la motivazione fosse apparente o inesistente.

Il Tribunale di Sorveglianza, invece, aveva fondato la sua decisione su una serie di circostanze specifiche, ritenute indicative della perdurante pericolosità del soggetto e della sua capacità di mantenere legami con l’organizzazione di appartenenza. Questi elementi sono stati poi al centro del giudizio della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte sul regime 41-bis

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici supremi, il ricorso non superava il vaglio preliminare di ammissibilità in quanto le censure sollevate si limitavano a una contestazione dei fatti e della valutazione di merito operata dal Tribunale di Sorveglianza. Questo tipo di contestazione non è ammessa nel giudizio di cassazione, che è un giudizio di pura legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non a riesaminare i fatti.

La Corte ha quindi confermato la piena legittimità dell’ordinanza impugnata, ritenendola fondata su una valutazione logica, ponderata e completa di tutti gli elementi a disposizione.

Le motivazioni

Le motivazioni alla base della decisione della Cassazione sono chiare e si articolano su più punti. Innanzitutto, la Corte ribadisce che l’accertamento della capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale è un apprezzamento di merito che deve tenere conto di tutti gli elementi rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo. Questi elementi non devono essere necessariamente sopravvenuti rispetto alla precedente valutazione.

Nel caso specifico, il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente considerato:

* Il ruolo apicale del detenuto all’interno del clan di appartenenza, operante in Calabria e per il quale aveva agito anche come sicario.
* L’operatività attuale del sodalizio criminale, che rende concreto il rischio di comunicazioni.
* La condotta carceraria del soggetto, caratterizzata da sanzioni disciplinari.
* Un episodio specifico, avvenuto durante un colloquio in carcere nel novembre 2022, in cui il detenuto aveva raccomandato al figlio di non usare il telefono e di prestare attenzione alle intercettazioni. Questo comportamento è stato interpretato come una chiara dimostrazione della sua persistente mentalità criminale e della sua capacità di impartire direttive volte a eludere i controlli.

Per la Corte, questi elementi, considerati nel loro insieme, dimostrano in modo compiuto sia la pericolosità sociale del ricorrente sia il collegamento funzionale tra le restrizioni imposte dal 41-bis e le esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di regime 41-bis: la valutazione sulla proroga è un giudizio complesso che spetta al Tribunale di Sorveglianza, il quale deve ponderare tutti gli indizi a disposizione. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione del provvedimento è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, ma non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. La decisione evidenzia come anche comportamenti tenuti in carcere, apparentemente minori, possano assumere un peso decisivo nel dimostrare che i legami con l’ambiente criminale non sono stati recisi e che la pericolosità sociale del detenuto è ancora attuale.

Quando è legittima la proroga del regime 41-bis?
La proroga è legittima quando, attraverso una valutazione ponderata di tutti gli elementi disponibili (anche non sopravvenuti), emerge la persistente capacità del detenuto di mantenere contatti con l’associazione criminale e la sua attuale pericolosità sociale.

Quali elementi dimostrano la persistente pericolosità di un detenuto in regime 41-bis?
Nel caso di specie, gli elementi considerati sono stati: il ruolo di spicco del detenuto nel clan, l’operatività del clan stesso, la sua condotta carceraria (incluse sanzioni disciplinari) e un colloquio specifico in cui raccomandava al figlio cautela per eludere le intercettazioni.

Perché il ricorso contro la proroga del 41-bis è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure del ricorrente si limitavano a contestare nel merito la valutazione dei fatti operata dal Tribunale di Sorveglianza, senza sollevare reali vizi di legittimità (cioè violazioni di legge o difetti logici della motivazione). Questo tipo di contestazione non è consentito nel giudizio di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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