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Regime 41-bis: proroga legittima senza pentimento

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro la proroga del regime 41-bis. La decisione si fonda sulla persistente pericolosità sociale del soggetto, desunta dal suo ruolo di vertice in un’associazione criminale, dalla continua attività illecita dei suoi familiari e dalla totale assenza di segni di distacco dal clan di appartenenza.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Regime 41-bis: Quando i legami familiari contano ancora

L’applicazione e la proroga del regime 41-bis, il cosiddetto ‘carcere duro’, rappresentano uno degli strumenti più incisivi dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce i criteri per il mantenimento di tale misura, sottolineando come la pericolosità sociale di un detenuto possa essere valutata anche attraverso la condotta dei suoi familiari e la sua mancata dissociazione dal clan. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti del caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda il ricorso presentato da un detenuto, considerato un elemento di vertice di una potente cosca della ‘ndrangheta, contro l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che aveva confermato la proroga del regime detentivo speciale nei suoi confronti. Il detenuto, attraverso il suo difensore, contestava la decisione sostenendo che mancassero prove concrete della sua attuale capacità di mantenere contatti con l’organizzazione criminale di riferimento.

Il Tribunale di Sorveglianza aveva invece basato la sua decisione su una serie di elementi, tra cui l’elevato spessore criminale del soggetto, il suo ruolo apicale mai venuto meno all’interno del clan e la persistente vitalità della cosca, dimostrata da recenti indagini e condanne per traffico internazionale di stupefacenti a carico di suoi familiari.

La valutazione della Cassazione sulla proroga del regime 41-bis

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando le argomentazioni della difesa. I giudici hanno chiarito che, per prorogare il regime 41-bis, non è necessaria la prova certa e inconfutabile dei collegamenti attuali con l’associazione criminale. È sufficiente che tale collegamento sia ritenuto ‘ragionevolmente probabile’ sulla base degli elementi a disposizione.

Questa probabilità, secondo la Corte, era ampiamente dimostrata nel caso di specie.

I criteri per la valutazione della pericolosità

La decisione del Tribunale di Sorveglianza, ritenuta corretta dalla Cassazione, si fondava su quattro pilastri motivazionali:

1. Spessore criminale: Il profilo del detenuto, quale elemento di vertice di una cosca storicamente contrapposta a un altro clan in una sanguinosa faida.
2. Ruolo apicale immutato: La mancanza di qualsiasi elemento che potesse far pensare a un ridimensionamento del suo ruolo di comando, rafforzata dai gravi reati commessi di recente dai suoi familiari e da quelli della moglie, a sua volta figlia di un capo storico di un’altra cosca alleata.
3. Vitalità della cosca: Le recenti attività investigative che dimostravano come il clan fosse ancora pienamente operativo, in particolare nel traffico internazionale di stupefacenti.
4. Assenza di resipiscenza: La totale mancanza, da parte del detenuto, di comportamenti che potessero indicare un inizio di distacco o pentimento rispetto al suo passato criminale.

Le motivazioni

La Corte ha specificato che il ricorso presentato si concentrava impropriamente su vizi di motivazione, cercando di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. Il compito della Cassazione, in questi casi, è verificare se la legge sia stata applicata correttamente e se la motivazione del giudice di merito sia logica e non contraddittoria. In questo caso, il Tribunale di Sorveglianza aveva fornito una motivazione completa e sufficiente, basata su dati concreti che giustificavano la conclusione di una persistente pericolosità sociale e di un rischio concreto di collegamenti con l’esterno. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per la proroga del regime 41-bis, è sufficiente una probabilità ragionevole, non una certezza assoluta, della persistenza dei legami con l’organizzazione criminale.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: la valutazione della pericolosità di un detenuto in regime 41-bis è un processo complesso che non si limita alla sua condotta in carcere. I legami familiari, il ruolo storico all’interno del clan e l’assenza di un percorso di distacco sono elementi cruciali. La decisione sottolinea che, finché un soggetto di vertice non manifesta un’inequivocabile volontà di recidere i legami con il proprio passato, la presunzione di pericolosità e la necessità di impedirne le comunicazioni con l’esterno rimangono valide, giustificando la proroga delle misure restrittive.

Cosa è necessario per prorogare il regime 41-bis a un detenuto?
Non è richiesta la prova certa di contatti attuali con l’associazione criminale, ma è sufficiente che la loro esistenza sia ritenuta ‘ragionevolmente probabile’ sulla base di dati oggettivi, come il ruolo apicale del detenuto, la vitalità del clan e l’assenza di pentimento.

Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava il merito della valutazione fatta dal Tribunale di Sorveglianza (vizi di motivazione), anziché denunciare una chiara violazione di legge, unico motivo per cui si può ricorrere in Cassazione in questi casi.

La condotta criminale dei familiari può influenzare la decisione sulla proroga del 41-bis?
Sì, secondo l’ordinanza, i gravi delitti commessi di recente da membri della famiglia del detenuto sono un elemento rilevante per considerare immutato il suo ruolo apicale e la vitalità della cosca di riferimento, contribuendo a giustificare la proroga del regime detentivo speciale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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