Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13425 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13425 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 30/09/1963
avverso l’ordinanza del 27/09/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata con la quale il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo proposto avverso il decreto ministeriale del 18 ottobre 2023 con il quale è stata disposta la proroga del regime detentivo differenziato ai sensi dell’art. 41-bis ord. pen. nei confronti di NOME COGNOME
letti i motivi del ricorso;
rilevato che:
l’unico motivo di ricorso, formalmente proposto ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen. lamenta, in realtà, carenze motivazionali sotto il profilo della omessa valutazione dell’attualità delle condizioni di applicazione del regime speciale, della manifesta illogicità, nonché la ricostruzione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, piuttosto che lacune tese ad evidenziare l’apparenza o la radicale mancanza del percorso giustificativo del provvedimento;
nella sostanza, pertanto, si denunciano vizi di motivazione (oltre al travisamento dei fatti – pag. 3 del ricorso – , insuscettibile di essere fatto valere in questa sede di legittimità), visto che l’atto introduttivo ripercorre tutti i d gli episodi ritenuti rilevanti nel provvedimento, formulando, per ciascuno, un giudizio di irrilevanza, equivocità o non pertinenza, con particolare riguardo a quelli utilizzati per affermare l’attualità del pericolo di ripresa dei collegamenti con gl ambienti della criminalità organizzata e alla permanente attività dell’associazione mafiosa di appartenenza del ricorrente;
ai sensi dell’art. 41b/s, comma 2sexies, ord. pen., avverso il provvedimento impugnato dinanzi alla Corte di cassazione possono essere denunciati solo vizi di violazione di legge, sebbene «il controllo svolto dal Tribunale di sorveglianza sul decreto di proroga del regime di detenzione differenziato, diversamente dal sindacato conducibile nel giudizio di legittimità, non è limitato ai profili di violazio della legge, ma si estende alla motivazione ed alla sussistenza, sulla base delle circostanze di fatto indicate nel provvedimento, dei requisiti della capacità del soggetto di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata, della sua pericolosità sociale e del collegamento funzionale tra le prescrizioni imposte e la tutela delle esigenze di ordine e di sicurezza» (Sez. 1, n. 18434, del 23/04/2021, Mulè, Rv. 281361);
tuttavia «ai fini della proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, l’accertamento dell’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale, da svolgere tenendo conto dei parametri indicati in termini non esaustivi dal comma 2bis della norma citata, si sostanzia in un ponderato apprezzamento di merito involgente tutti gli elementi, non necessariamente sopravvenuti, rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo già in origine poste a fondamento del suddetto regime» (Sez. 1, n. 2660 del 09/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274912);
ritenuto che:
a fronte di un’adeguata motivazione sul ruolo assunto dal condannato nella cosca, sulla sussistenza di successivi elementi significativi del mantenimento dei suoi legami e della possibilità di coltivarli, nonché sull’assenza di elementi positivi emersi nel corso della detenzione in ordine ad eventuale dissociazione o comunque a circostanze inequivocamente sintomatiche di recupero dei valori di legalità, non è affatto necessario che sussistano fatti sopravvenuti per giustificare la proroga;
nel provvedimento impugnato si rinvengono congrue valutazioni basate su specifici elementi sul fatto che non può dirsi venuta meno la capacità di mantenere i collegamenti con l’associazione RAGIONE_SOCIALE, tuttora operante, per come emerso da recenti operazioni di polizia, nonché sull’assenza di una qualsiasi forma di cambiamento effettivo dalle logiche e dai comportamenti criminali del contesto di appartenenza;
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/02/2025