Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 454 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 454 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 30/05/1973
avverso l’ordinanza del 27/04/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 27 aprile 2023 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il decreto del Ministro della Giustizia emesso il 31 maggio 2022, di proroga per due anni della sottoposizione al regime di cui alrart. 41 -bis Ord.pen. sul presupposto del suo permanente inserimento nella sua cosca di appartenenza, tuttora attiva.
Il Tribunale ha ritenuto legittimamente emesso il decreto ministeriale, dal momento che la sottoposizione del detenuto al regime differenziato, essendo diretta ad evitare che egli possa avviare contatti con il clan, non richiede la prova della effettività e attualità di tali contatti, ma solo l’attualità della capaci mantenerli o attivarli, dedotta dagli elementi indicati dalla norma stessa. Gli indizi rilevanti di tale pericolo sono costituiti dal ruolo apicale rivestito dall’ist all’interno della sua omonima cosca, ruolo che non è mutato stante la base familistica di quest’ultima, e dall’alleanza stretta con il clan COGNOME, che consente alla cosca La Montagna, seppure depotenziata da varie operazioni di polizia, di continuare ad operare come diretta emanazione del suddetto clan. La caratura criminale del reclamante è dimostrata dalle condanne già riportate e dalle pendenze per gravi delitti. La lunga detenzione non ha ridotto la sua pericolosità, dal momento che egli, diversamente dalle sue affermazioni, non si è mai dissociato dal proprio passato delinquenziale; pertanto il regime carcerario ordinario consentirebbe la ripresa dei contatti con esponenti della cosca ancora in libertà. Non è credibile l’affermazione secondo cui il suo omonimo clan si sarebbe dissolto nel 2005, dal momento che proprio in quell’epoca l’istante continuava ad uccidere i propri rivali. La sua dissoluzione non è dimostrata neppure dall’accertata presenza, nel medesimo territorio, di un diverso clan, che può al massimo avere depotenziato la cosca di appartenenza dell’istante. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione dell’art. 606, comrna 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen., per l’erronea applicazione delle norme relative al presupposto della pericolosità sociale, e il vizio di motivazione per l’omesso esame dei motivi del reclamo e delle memorie depositate.
L’ordinanza impugnata ripete che il clan La Montagna è ancora operativo, ma l’affermazione è errata, perché è dimostrato che esso si è dissolto nel 2005, ed anche il procedimento ancora pendente a carico del ricorrente è relativo a fatti risalenti a quell’epoca. Il Tribunale avrebbe dovuto provare l’attuale operatività della cosca indicando elementi concreti, anche al fine di consentire un
adeguato esercizio del diritto di difesa, ed invece nulla emerge in relazione ad epoche successive al 2005, ed anche le fonti informative del decreto ministeriale parlano di un diverso assetto della criminalità organizzata nel territorio interessato, che non comprende più il clan COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione dei suoi diritti costituzionali perché, come emerso durante l’udienza, egli da tempo non svolge attività trattamentali, essendo stato sentito dall’educatore solo in occasione dell’istruttoria successiva al reclamo. Per tale motivo la relazione comportamentale acquisita, pur confermando un giudizio positivo sulla sua condotta carceraria, afferma che non è possibile redigere una relazione più dettagliata perché l’osservazione deve essere ancora approfondita. Questa omissione rende illegittima l’esecuzione del regime differenziato, ma su tale questione il Tribunale ha del tutto omesso ogni giudizio.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, per molte parti, meramente reiterativo dei motivi di reclamo, e deve perciò essere rigettato .
L’ordinanza impugnata ha valutato tutte le questioni poste dal ricorrente, in particolare quanto alla sua ancora attuale pericolosità, come indicata nel decreto ministeriale impugnato. Ha, infatti, esaminato le affermazioni con cui, nel reclamo, egli ha sostenuto l’intervenuta dissoluzione della sua cosca di appartenenza sin dal 2005, e la sua successiva dissociazione, ed ha valutato che tale affermata dissoluzione del clan non è provata né è credibile, atteso che proprio nel 2005 il ricorrente continuava ad uccidere i propri rivali e che l’attività è proseguita anche attraverso l’alleanza con il clan COGNOME, sicuramente ancora operante; che egli ha sempre ricoperto un ruolo apicale nella propria associazione di appartenenza; che mancano elementi dimostrativi di una sua effettiva dissociazione dal proprio passato criminale; che è ancora sussistente il pericolo di una ripresa o mantenimento dei contatti con detta associazione, per la sua struttura familistica.
L’ordinanza ha fornito, su tali aspetti, una motivazione adeguata, fondata su argomentazioni logiche e non contraddittorie. Il ricorso non si confronta, in realtà, con questa parte della motivazione, in quanto si limita a riproporre le considerazioni già esposte nel reclamo, contrastanti con il contenuto del decreto ministeriale e dell’ordinanza stessa, senza citare accertamenti o provvedimenti
ft che sostengano le sue obiezioni. Sono dunque presenti gli elementi richiesti dalla giurisprudenza per l’applicazione della proroga del regime differenziato previsto dall’art. 41-bis Ord.pen., correttamente valutati nell’ordinanza impugnata.
Deve peraltro ricordarsi che, secondo il consolidato principio di questa Corte, ai fini della proroga dell’applicazione del regime penitenziario differenziato, la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale non deve essere dimostrata in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che essa possa essere ragionevolmente ritenuta probabile sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti (vedi Sez. 1, n. 20986 del 23/06/2020, Rv. 27922; Sez. 1, n. 24134 del 10/05/2019, Rv, 276483; Sez. 1, n. 18791 del 06/02/2015, Rv. 263508)
Il ricorso, peraltro, mira a richiedere a questa Corte una diversa valutazione degli elementi che il Tribunale di sorveglianza ha posto a base della sua decisione. GLYPH Si deve, invece, ricordare che «In tema di controllo sulla motivazione, alla Corte di cassazione è normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno; ed invero, avendo il legislatore attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento impugnato, che si presenta quale elaborato dell’intelletto costituente un sistema logico in sé compiuto ed autonomo, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della coerenza strutturale della sentenza in sé e per sé considerata, necessariamente condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui essa è “geneticamente” informata, ancorché questi siano ipoteticamente sostituibili da altri» (Sez. U., n. 12 del 31/05/2000 Rv. 216260). Esula, pertanto, dai poteri di questa Corte la formulazione di una diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, in quanto il giudizio di legittimità può riguardare solo la verifica dell’it argomentativo esposto nel provvedimento impugnato, accertando se esso dia conto adeguatamente delle ragioni di quella decisione. Nel presente caso la motivazione risulta completa, adeguata, non illogica e non contraddittoria, nonché corretta alla luce dei consolidati principi giurisprudenziali in tema di applicazione o proroga del regime penitenziario differenziato. Non vi sono, quindi, ragioni per il suo annullamento. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La denuncia relativa alla illegittimità della esecuzione del regime differenziato, avanzata dal ricorrente perché egli non effettuerebbe attività trattamentali, è inammissibile, in quanto pone una questione che esula
dall’oggetto del reclamo, presentato per opporsi alla proroga del regime differenziato applicata dal decreto ministeriale emesso il 31 maggio 2022. Peraltro la censura è del tutto generica e fondata solo sulle dichiarazioni dello stesso ricorrente, il quale ha ammesso di essere stato sentito dall’educatore, quanto meno in occasione delle istruttorie richieste in occasione della presentazione di reclami. L’ordinanza impugnata, inoltre, dà atto di avere ricevuto la relazione necessaria per valutare la sua condotta carceraria, e l’ha ritenuta sufficiente. Legittimamente, quindi, il Tribunale di sorveglianza non ha espresso un giudizio in ordine alla correttezza o meno delle modalità esecutive del regime penitenziario differenziato a cui il ricorrente è sottoposto, esulando tale giudizio dall’oggetto del reclamo e non emergendo, dagli atti, alcuna palese violazione.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve, pertanto, essere rigettato, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente