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Regime 41-bis: limiti su libri e riviste in carcere

Un detenuto sottoposto al regime 41-bis ha presentato ricorso contro le limitazioni alla ricezione di libri, riviste e giornali. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, affermando che le restrizioni, che consentono l’acquisto solo da canali interni e da un elenco predefinito, sono legittime per tutelare la sicurezza pubblica e non violano in modo sproporzionato il diritto all’informazione del detenuto.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Regime 41-bis e Diritto all’Informazione: La Cassazione sui Limiti a Libri e Giornali

Il bilanciamento tra i diritti fondamentali della persona e le esigenze di sicurezza pubblica rappresenta uno dei temi più delicati nel diritto penitenziario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato questo tema, confermando la legittimità delle restrizioni sulla ricezione di materiale editoriale per i detenuti sottoposti al regime 41-bis. Questa decisione ribadisce un orientamento giurisprudenziale consolidato, volto a prevenire che i canali di informazione diventino veicoli per comunicazioni illecite con l’esterno.

I Fatti del Caso

Un detenuto, soggetto al regime carcerario speciale previsto dall’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario, ha presentato ricorso in Cassazione contro un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. L’ordinanza impugnata aveva respinto il suo reclamo avverso le disposizioni dell’amministrazione penitenziaria che limitavano la ricezione di libri, riviste e giornali. In particolare, la normativa interna, attuata tramite una circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), consentiva l’ingresso di materiale editoriale solo se appartenente a un elenco predefinito di testate (la cosiddetta tabella 72) e acquistato tramite l’impresa di mantenimento interna all’istituto penitenziario.
Il ricorrente sosteneva che tale limitazione costituisse una compressione eccessiva e ingiustificata del suo diritto all’informazione e allo studio.

La Decisione della Corte e il regime 41-bis

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici di legittimità hanno pienamente aderito all’orientamento giurisprudenziale già consolidato in materia. La decisione si fonda sul principio che le restrizioni imposte dal regime 41-bis sono finalizzate a un obiettivo primario: recidere ogni legame tra il detenuto e l’associazione criminale di appartenenza.
Secondo la Corte, la previsione della circolare DAP non è irragionevole né sproporzionata, ma rappresenta una misura necessaria per garantire che il diritto all’informazione non venga strumentalizzato per eludere le finalità di sicurezza del regime detentivo speciale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la propria decisione evidenziando che la limitazione contestata non sopprime il diritto all’informazione, ma ne regola le modalità di esercizio per renderle compatibili con le esigenze di sicurezza pubblica. La ratio della norma è quella di prevenire l’introduzione in carcere di messaggi o ordini nascosti all’interno di libri o giornali provenienti dall’esterno. Consentire l’acquisto solo tramite canali controllati e da un elenco di testate note riduce drasticamente questo rischio.
I giudici hanno specificato che questa regolamentazione non determina una “eccessiva ed ingiustificata compressione dei diritti di informazione e di studio”, ma impedisce un “esercizio elusivo delle prescrizioni imposte a tutela della sicurezza pubblica”. La Corte ha richiamato un proprio precedente (Sentenza n. 7324 del 2024), confermando la coerenza e la stabilità della propria giurisprudenza su questo specifico punto. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende funge da sanzione per aver proposto un ricorso privo di fondamento, in contrasto con un principio di diritto ormai consolidato.

Conclusioni: Sicurezza Pubblica vs. Diritti del Detenuto

L’ordinanza in esame riafferma un principio cruciale nell’ambito dell’esecuzione penale: i diritti dei detenuti, sebbene incomprimibili nella loro essenza, possono subire delle limitazioni nelle modalità di esercizio quando entrano in conflitto con interessi di rango superiore, come la sicurezza e l’ordine pubblico. Nel contesto del regime 41-bis, tale bilanciamento è ancora più stringente, data la pericolosità dei soggetti a cui si applica. La decisione della Cassazione chiarisce che la prevenzione di contatti illeciti prevale sulla possibilità di ricevere indiscriminatamente materiale editoriale dall’esterno, offrendo comunque al detenuto canali alternativi, seppur controllati, per accedere alla cultura e all’informazione.

Un detenuto in regime 41-bis può ricevere qualsiasi libro o giornale dall’esterno?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che è legittima la limitazione che consente la ricezione solo di testate specifiche, acquistabili tramite i canali interni del carcere, per ragioni di sicurezza.

Le restrizioni alla ricezione della stampa violano il diritto all’informazione e allo studio?
Secondo la Corte, no. Tali limitazioni non costituiscono una compressione eccessiva e ingiustificata dei diritti, ma servono a impedire un uso elusivo delle regole per comunicare con l’esterno, tutelando così la sicurezza pubblica.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Il ricorso non viene esaminato nel merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un’impugnazione palesemente infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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