Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7886 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7886 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:e ‘H 1s7E 10 PrECL-A GLYPH ()”.31 INDIRIZZO4 COGNOME NOME COGNOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/02/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso
Ritenuto in fatto
Con ordinanza in data 21 febbraio 2023, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila, in sede di rinvio, ha rigettato il reclamo presentato dall’Amministrazione penitenziaria avverso il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza, adito ex art. 35-bis ord. pen., aveva accolto il reclamo proposto da NOME COGNOME, detenuta sottoposta al regime speciale di cui all’art. 41-bis ord. pen.,
avverso il provvedimento con cui la direzione carceraria aveva imposto il divieto di cucinare i cibi fuori dalle fasce orarie 11,00-13,00 e 16,30-18,30.
Dopo aver richiamato i precedenti provvedimenti emessi dal medesimo Tribunale, nonché le decisioni con cui la Corte di cassazione ne aveva disposto l’annullamento con rinvio, l’ordinanza impugnata ha affermato che, alla luce della giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 186 del 2018), le ragioni di sicurezza addotte dall’Amministrazione penitenziaria a fondamento della limitazione della facoltà di cottura dei cibi per i detenuti sottoposti al regime speciale, non potevano ritenersi tali da giustificare un trattamento differente rispetto a quello previsto per i detenuti comuni.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Ministro della Giustizia, per mezzo dell’Avvocatura dello Stato, deducendo un unico motivo con cui si denuncia i . l’inosservanza o erronea applicazione degli artt. 35bis e 69, comma 6, lett. b), Ord. pen. Il Tribunale di sorveglianza non avrebbe correttamente applicato i principi indicati in materia dalla più recente giurisprudenza di legittimità. Infatti, l’Amministrazione penitenziaria, nel fissare le fasce orarie entro le quali è consentita la cottura dei cibi da parte dei detenuti in regime di 41-bis ord. pen., non avrebbe pregiudicato il diritto soggettivo della detenuta, ma si sarebbe limitata a regolamentarne le modalità di esercizio nelle sezioni in cui è applicato il regime detentivo speciale in ragione della diversa organizzazione propria di quei circuiti carcerari, in una logica di bilanciamento tra differenti esigenze, salvaguardando l’ordinata convivenza all’interno degli spazi detentivi, nonché la fruizione delle attività trattamentali. Nel RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE sicurezza”, caratterizzato dalla presenza di più detenuti nella medesima cella, la fissazione di fasce orarie creerebbe il rischio di sovrapposizione nell’attività di cottura dei cibi e problemi per la salubrità dell’aria, e potrebbe limitare lo svolgimento delle plurime attività trattamentali svolte da tali detenuti. Diversamente, nel “RAGIONE_SOCIALE” ogni detenuto si trova in una cella singola e le attività trattamentali sono più limitate. Per tali ragioni non vi sarebbe alcuna ingiustificata disparità di trattamento tra detenuti, attesiikla diversa organizzazione dei circuiti penitenziari. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
Giova preliminarmente rilevare che il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila, con ordinanza in data 10.12.2020, aveva rigettato il reclamo proposto dall’Amministrazione penitenziaria avverso il provvedimento in data 18.12.2019 con cui il Magistrato di sorveglianza aveva accolto la richiesta avanzata da RAGIONE_SOCIALE di cucinare gli alimenti anche fuori dalle fasce orarie stabilite dall’ordine di servizio in data 12 novembre 2018. Questa Corte di cassazione, con sentenza della Prima sezione n. 33923 del 2021, aveva annullato con rinvio tale decisione.
2.1. Successivamente, il Tribunale di Sorveglianza, in sede di rinvio, con ordinanza in data 01.03.2022, aveva nuovamente rigettato il reclamo proposto dall’Amministrazione penitenziaria. Con sentenza n. 44680 del 2022, la Quinta sezione di questa Corte aveva annullato con rinvio tale decisione affermando che la stessa non era «focalizzata sul principio di diritto cui il giudice di rinvio era vincolato ai sensi dell’art. 627 cod. proc. pen., ossia sulla individuazione delle specifiche ragioni per le quali la scelta amministrativa concernente la previsione di fasce orarie differenziate per la preparazione cl ,i pasti dovesse essere considerata distonica rispetto all’esigenza di preservare la salubrità degli ambienti e la salvaguardia dell’ordinata convivenza all’interno degli spazi detentivi».
2.2. Con l’ordinanza in questa sede impugnata, il Tribunale di sorveglianza, in sede di rinvio, ha di nuovo rigettato il reclamo avanzato dal DAP, ritenendo discriminatoria la limitazione temporale posta dall’Amministrazione alla possibilità di cottura dei cibi da parte dei detenuti in regime di art. 41-bis ord. pen.
Dopo aver richiamato la nota della Direzione carceraria del 10.7.2021 emessa in relazione ad altro procedimento, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto che le ragioni ivi indicate a base del differente trattamento tra detenuti comuni e detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis non sussistevano. Entrambe le tipologie di detenuti, infatti, sono impegnate in altre attività trattamentali, sicché per i detenuti sottoposti al regime speciale la limitazione degli orari di cottura cibi renderebbe più gravoso cucinare. Inoltre, neppure l’esigenza di garantire la salubrità degli ambienti giustificherebbe il diverso trattamento, dal momento che la sezione dei detenuti comuni non sarebbe diversa da quelle destinate ai detenuti 41-bis, se non per il numero: una sezione per i detenuti comuni, molte sezioni per gli altri. Anzi proprio concentrare in un unico orario l’attività di cottura dei ci potrebbe comportare problemi di salubrità.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, la previsione di limiti alla possibilità di cucinare anche al di fuori delle fasce orarie, stabilite con i regolamento di istituto, costituisce un legittimo esercizio della potestà riconosciuta all’Amministrazione penitenziaria ai sensi dell’art. 36, lett. b), d.P.R. n. 230 del
2000, secondo cui «il regolamento interno disciplina gli orari relativi all’organizzazione della vita quotidiana della popolazione detenuta o internata» (tra le altre, Sez. 1, n. 22056 del 21/04/2021, Polverino; Sez. 1, n. 21120 del 15/02/2021, COGNOME; Sez. 1, n. 4030 del 04/12/2020, dep. 2021, Gallo, Rv. 280532).
Invero, la Corte costituzionale, nel dichiarare illegittimo l’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f), ord. pen. limitatamente al divieto di cuocere cibi per i detenuti sottoposti al regime speciale (sent. n. 186 del 2018), ha riconosciuto il corrispondente diritto a tali detenuti, senza mai affermare, neanche implicitamente, che costoro non debbano sottostare alle regole del carcere che disciplinano le modalità di esercizio del diritto stesso (suscettibile di fruizione in fasce orarie deputate, che siano di durata adeguata e non irrisoria) (Sez. 1, n. 26011 del 05/05/2022, Min. della giustizia in proc. Terracchio, n.m.).
Tuttavia, è stato sottolineato come sia necessario evitare che in tal modo si crei, tra i detenuti comuni e quelli sottoposti al regime detentivo di cui all’art. 41bis ord. pen., un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario tale da assumere, in concreto, un carattere sostanzialmente vessatorio per questi ultimi. Pertanto, ciò che risulta censurabile in sede giurisdizionale non è la previsione in sé di fasce orarie di cottura dei cibi per i detenuti sottoposti a regime speciale, bensì la mancanza di ragioni apprezzabili che giustifichino tali differenziazioni, con l’unica finalità di ottenere, attraverso di esse, una maggiore afflittività della detenzione nel regime speciale rispetto al regime comune (Sez. 1, n. 36940 del 28/06/2022, Min. della giustizia in proc. Crea, n.m.; Sez. 1, n. 38401 del 6/05/2022, Min. della giustizia in proc. Bolognino, n. m.).
Venendo al caso in esame, il Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila, per effetto della sentenza rescindente, era chiamato a verificare se il potere organizzativo da parte dell’Amministrazione penitenziaria fosse stato in concreto esercitato in modo arbitrario e irragionevole.
4.1. In proposito, l’Amministrazione ha giustificato il diverso trattamento per ,tno , i detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis ord. pen. per quanto attiene) cottura dei cibi, circoscritta a determinate fasce orarie, in ragione della diversità di trattamento rispetto a quelle previsto per i detenuti comuni. Costoro, infatti, sono allocati in celle che ospitano più persone con conseguenti problemi di salubrità dell’aria derivanti dalla simultanea cottura dei pasti, problemi che invece non si pongono per detenuti sottoposti al regime speciale, i quali sono collocati in celle singole. Ha inoltre messo in rilievo come la molteplicità di attività trattamentale svolta dai detenuti comuni determinerebbe il rischio di sovrapposizione tra le varie attività, mentre tale criticità non si porrebbe per i
detenuti in regime differenziato, i quali hanno accesso ad una più limitata attività trattamentale, con sostanziale assenza del rischio di concomitanza tra questa e le ore in cui è consentita la cottura di cibi. In ogni caso – ha ancora evidenziato l’Amministrazione penitenziaria – solo per i detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis vi sarebbero esigenze di sicurezza e maggior controllo.
4.2. A fronte di tali argomentazioni, ed in particolare, delle differenti modalità trattamentali che caratterizzano il regime dei detenuti ex art. 41-bis, l’ordinanza impugnata si è limitata ad affermare che l’Amministrazione penitenziaria non aveva evidenziato le ragioni di sicurezza specificamente legate al regime differenziato, rilevando come anche costoro, al pari dei detenuti comuni, sono impegnati in altre attività, e come proprio l’accentramento della cottura di cibi in determinate fasce orarie potrebbe comportare problemi di salubrità. Infine, ha sostenuto che non si comprenderebbe, in assenza di specificazioni della direzione carceraria, a cosa possa riferirsi l’espressione “ordinata convivenza all’interno della sezione” con cui è stata giustificata la differente regolamentazione.
4.3. Trattasi di argomentazioni che, oltre a travisare sostanzialmente gli elementi addotti dall’Amministrazione penitenziaria con riguardo alle caratteristiche dei due regimi carcerari e delle diverse esigenze organizzative, si risolvono in una motivazione apparente, dal momento che il Tribunale non ha fornito ragioni idonee a spiegare perché la definizione delle fasce orarie per i detenuti assoggettati al regime differenziato costituisca una scelta esorbitante dal ragionevole contemperamento tra il riconoscimento della possibilità di preparare cibi e le ulteriori esigenze di organizzazione interna degli istituti penitenziari, nonché come questo abbia comportato, nonostante le diverse caratteristiche del regime trattamentale, una irragionevole discriminazione dei detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis ord. pen. rispetto ai detenuti comuni.
Ritiene il Collegio che l’individuazione di fasce orarie per la cottura dei cibi dei detenuti sottoposti al regime speciale non risulta in alcun modo irragionevole, rientrando nell’ambito della potestà di razionale organizzazione riservata all’Amministrazione penitenziaria, né presenta alcun tratto discriminatorio, giustificandosi la diversa previsione relativa ai detenuti comuni con le caratteristiche proprie delle strutture in cui gli stessi sono reclusi, nonché con le modalità di articolazione del relativo trattamento penitenziario.
Pertanto, relativamente a tale punto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, e con essa, anche il provvedimento del magistrato di sorveglianza, con conseguente definitiva reiezione del reclamo giurisdizionale proposto da RAGIONE_SOCIALE.
L’annullamento deve essere disposto senza rinvio, non essendo necessario un nuovo giudizio sul punto.
PQM
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e quella emessa dal Magistrato di sorveglianza di L’Aquila in data 18 dicembre 2019.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 gennaio 2024.