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Regime 41-bis: limiti acquisto riviste in carcere

Un detenuto sottoposto al regime 41-bis aveva ottenuto dai giudici di sorveglianza il permesso di acquistare riviste non incluse nell’elenco ministeriale. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, riaffermando la legittimità delle restrizioni imposte dall’Amministrazione Penitenziaria. Secondo la Corte, limitare la scelta delle pubblicazioni a canali controllati e a un elenco predefinito è una misura necessaria per impedire comunicazioni illecite tra i detenuti e le organizzazioni criminali esterne, rientrando pienamente nelle finalità del regime 41-bis.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Regime 41-bis: la Cassazione mette un freno all’acquisto libero di riviste

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha chiarito i confini del diritto all’informazione per i detenuti sottoposti al regime 41-bis, il cosiddetto ‘carcere duro’. La pronuncia stabilisce che le limitazioni all’acquisto di riviste e giornali, previste da una circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), sono legittime e necessarie per garantire la sicurezza e impedire le comunicazioni con l’esterno. Si tratta di un punto fermo che bilancia i diritti del singolo con le esigenze di ordine pubblico.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla richiesta di un detenuto in regime 41-bis, il quale desiderava acquistare riviste a diffusione nazionale non comprese nell’elenco ufficiale approvato dall’amministrazione carceraria (il cosiddetto ‘Modello 72’). In un primo momento, sia il Magistrato di Sorveglianza che il Tribunale di Sorveglianza avevano accolto la sua richiesta. I giudici di merito avevano ritenuto irragionevole la limitazione, disapplicando la circolare ministeriale e ordinando all’istituto penitenziario di consentire l’acquisto, salva la sottoposizione delle riviste a un controllo preventivo.

Contro questa decisione, il Ministero della Giustizia ha presentato ricorso per Cassazione, sostenendo che i giudici avessero invaso una sfera di competenza riservata all’amministrazione. Secondo il Ministero, un’autorizzazione generalizzata avrebbe imposto un’attività di controllo insostenibile, vanificando le finalità del regime speciale.

La questione giuridica e le finalità del regime 41-bis

Il cuore della questione risiede nel bilanciamento tra due esigenze contrapposte. Da un lato, il diritto del detenuto all’informazione, costituzionalmente garantito. Dall’altro, le finalità del regime 41-bis, introdotto per recidere ogni legame tra i detenuti appartenenti a organizzazioni criminali e i membri ancora in libertà. L’obiettivo primario di questo regime è impedire che, anche dal carcere, possano essere impartiti ordini o mantenuti contatti con l’esterno, preservando così la sicurezza pubblica.

La Corte doveva quindi stabilire se la restrizione sulla scelta delle pubblicazioni fosse una compressione sproporzionata del diritto del detenuto o una misura giustificata dalle superiori esigenze di sicurezza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Ministero, annullando senza rinvio le decisioni dei giudici di sorveglianza. La motivazione si fonda su diversi pilastri argomentativi.

In primo luogo, la Corte ha ribadito che l’Amministrazione Penitenziaria possiede un potere regolamentare per dare concreta applicazione alle restrizioni previste dalla legge. La circolare che limita l’acquisto di stampa a un elenco predefinito e a canali di acquisto interni (la cosiddetta ‘impresa di mantenimento’) è un legittimo esercizio di questo potere.

In secondo luogo, la restrizione non è arbitraria ma si basa sull’esperienza pluriennale che ha dimostrato come libri, giornali e riviste siano spesso utilizzati come veicoli per trasmettere messaggi in codice. Permettere l’acquisto indiscriminato di qualsiasi pubblicazione, affidandosi a un controllo successivo, creerebbe un onere organizzativo insostenibile e un rischio troppo elevato per la sicurezza. Il sistema attuale, che incanala gli acquisti verso ‘canali sicuri’, previene il pericolo alla fonte.

Infine, la Corte ha precisato che tale disciplina non nega il diritto all’informazione, ma lo modula in base alle specifiche e rigorose finalità del regime 41-bis. La scelta non è annullata, ma limitata a un paniere di testate autorizzate, ritenute compatibili con le esigenze di sicurezza. Un’autorizzazione generale, come quella concessa dai giudici di merito, prescinde da questa necessaria valutazione di compatibilità e invade la discrezionalità dell’amministrazione.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: le restrizioni imposte dal regime 41-bis, seppur severe, sono giustificate dalla necessità di contrastare la criminalità organizzata. La limitazione all’acquisto di riviste e giornali non è una punizione accessoria, ma uno strumento essenziale per raggiungere l’obiettivo primario di isolamento del detenuto dal suo contesto criminale. L’Amministrazione Penitenziaria ha quindi il diritto e il dovere di stabilire regole precise per l’ingresso di materiale dall’esterno, e il potere del giudice di sorveglianza non può spingersi fino a creare una deroga generale a tali regole, che sono poste a presidio della sicurezza collettiva.

Un detenuto in regime 41-bis può acquistare qualsiasi rivista in commercio?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’acquisto di riviste e giornali per i detenuti in regime 41-bis può essere limitato a quelle testate incluse in un apposito elenco predisposto dall’Amministrazione Penitenziaria e acquistate tramite canali controllati dall’istituto.

La circolare del Ministero che limita la scelta delle pubblicazioni è legittima?
Sì. Secondo la Corte, la circolare rappresenta un legittimo esercizio del potere regolamentare dell’Amministrazione Penitenziaria, finalizzato a prevenire che la stampa diventi un veicolo per comunicazioni illecite con l’esterno, in linea con gli obiettivi di sicurezza del regime 41-bis.

Il giudice di sorveglianza può autorizzare un detenuto a comprare riviste non presenti nell’elenco ufficiale?
No, non in via generale. La Corte ha chiarito che un’autorizzazione di ordine generale che prescinda dalle valutazioni di sicurezza dell’amministrazione non è ammissibile. Il giudice non può sostituirsi all’amministrazione in valutazioni discrezionali che riguardano l’ordine e la sicurezza del carcere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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