Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8609 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8609 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VIBO VALENTIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/04/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona di COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 20 aprile 2023, il Tribunale di sorveglianza di Roma respingeva il reclamo proposto, ai sensi dell’art. 41-bis, comma 2-quinquies, I. 26 luglio 1975 (Ord. pen.), da NOME COGNOME – ristretto, in custodia cautelare in carcere sulla base del provvedimento allo scopo emesso dal GIP del Tribunale di Catanzaro in data 12 dicembre 2019, per avere preso parte all’associazione di tipo mafioso della ‘ndrangheta nell’articolazione territoriale Locale di Vibo Valentia, svolgendo un ruolo attivo all’interno della ‘ndrina “RAGIONE_SOCIALE” – avverso il decreto emesso, ai sensi dell’art. 41-bis, comma 2, Ord. pen., dal Ministro della Giustizia in data 31 maggio 2022, con il quale è stata disposta la sottoposizione al regime detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis Ord. pen.
Il Tribunale di sorveglianza di Roma, richiamato il decreto ministeriale ora citato, ha ritenuto sussistere sia gli elementi sintomatici della ricorrenza di gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, sia quelli relativi a una consistente e attuale pericolosità sociale. Riferisce il Tribunale che il COGNOME è stato condannato per reati, commessi a partire dagli anni ’70, di tentata estorsione, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali, violazione di misure di prevenzione e della legge armi, rendendosi latitante nel 1974, con più segnalazioni per rapina, nonché sottoposto alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza dal 1977 al 1985. Il ricorrente ha svolto, con informazioni fornite dalla D.D.A. di Catanzaro e dalla P.N.N.A. in relazione all’operazione “RAGIONE_SOCIALE“, un ruolo operativo nel mantenimento dei rapporti con soggetti di altre cosche mafiose del vibonese e nella conclusione di accordi criminali di ripartizione. Il Tribunale di sorveglianza riporta come il decreto ministeriale sia stato congruamente motivato sulla base RAGIONE_SOCIALE ivi indicate fonti informative rispetto alle ragioni di natura sostanzialmente preventiva riferibili all’art. 41-bis Ord. pen. Prosegue, ancora, il Tribunale che il predetto curriculum criminale ha consentito al COGNOME di accedere a una posizione di rilevo nell’assetto della ‘ndrangheta di Vibo Valentia, partecipando alla ‘ndrina “COGNOMERAGIONE_SOCIALE“, attualmente diretta dal figlio NOME. Gli elementi evidenziati dall’ordinanza cautelare (intercettazioni ambientali e dichiarazioni dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME) hanno consentito di apprezzare come il ricorrente abbia svolto un ruolo attivo nel partecipare a riunioni con i vertici dell’associazione mafiosa e a episodi di estorsione nei confronti di imprenditori. In particolare il collaboratore COGNOME individua il COGNOME quale contabile della cosca (relazione D.D.A., pag. 88 e sg. e richiesta cautelare, pag. 5608 e sg.). Quale ulteriore prova del coinvolgimento del ricorrente negli affari della cosca “RAGIONE_SOCIALE“, si cita l’episodio della sparatoria posta in essere da NOME COGNOME contro l’autovettura nella quale erano lui e i sodali NOME e NOME. La capacità, ritenuta Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
ancora attuale, del COGNOME di mantenere rapporti con l’associazione mafiosa è desunta dal carattere familistico della stessa ove il figlio ne rappresenta l’elemento di vertice e, tra i comprimari, sono stati individuati i fratelli NOME e NOME, cugino NOME e il “fratellastro” NOME COGNOME. Si evidenzia, infine, che la latitanza di cui ha goduto il COGNOME negli anni ’70 conferma la sua diffusa rete di rapporti criminali che non è mai stata interrotta, come dimostrato dalle comunicazioni costanti e dal denaro ricevuto sia dalla moglie che dalla madre, nonché dalle “ambasciate” inviate per i “rimpiazzi” pianificati dal carcere (relazione D.D.A., pag. 12 e sg.).
NOME COGNOME ricorre per cassazione affidandosi, con il ministero del difensore, ad un unico motivo.
Con tale motivo, NOME COGNOME si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), della violazione di legge in relazione agli artt. 125 cod. proc. pen., con inosservanza, erronea interpretazione e applicazione dell’art. 41-bis Ord. pen. anche in relazione agli artt. 2, 3, 24, 25, 27 e 111 Cost. e 6 CEDU, nonché difetto assoluto di motivazione.
In particolare, si afferma in ricorso che il rigetto del reclamo sarebbe per lo più basato su fatti molto risalenti nel tempo senza che siano indicate neanche le ragioni eccezionali di ordine e sicurezza necessarie per la sottoposizione al regime detentivo speciale, né gli elementi dai quali dedurre la capacità del COGNOME di mantenere “contatti con la presunta organizzazione di appartenenza”. Si deduce un “travisamento di tutte le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (COGNOME e COGNOME)”, già oggetto RAGIONE_SOCIALE critiche mosse e, asseritamente, ignorate dal provvedimento impugnato. Il decreto ministeriale, a monte del provvedimento qui impugnato, si riferisce esclusivamente a elementi d’indagine senza tener conto RAGIONE_SOCIALE risultanze dibattimentali del processo in corso. Queste ultime sarebbero rilevanti nelle parti in cui il collaboratore di giustizia COGNOME avrebbe avuto difficoltà nel riconoscere il ricorrente, individuandolo erroneamente in un soggetto che faceva l’elettrauto di fronte all’ospedale e l’altro collaboratore, tale COGNOME, non lo avrebbe mai indicato tra i soggetti facenti parte della “società maggiore” ovvero della “società minore”, mentre ne avrebbe parlato come “unica persona seria, onesta e lavoratore” che avrebbe anche cacciato il figlio da casa per evitare che così potessero venire le Forze dell’ordine.
Il Procuratore generale presso questa Corte ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato, quindi, meritevole di una dichiarazione d’inammissibilità.
Il motivo dedotto, infatti, è generico e aspecifico non essendo in grado di contrastare, limitandosi a contestare la risalenza nel tempo dei precedenti giudiziari del ricorrente e riportando frammentarie affermazioni di due collaboratori di giustizia, gli specifici elementi evidenziati dal provvedimento impugnato che mette in relazione la biografia criminale del ricorrente con la persistente attualità dei profili di pericolosità e i collegamenti familiari primissimo livello con l’associazione mafiosa capeggiata proprio dal figlio del ricorrente, oggetto di specifica dimostrazione da parte degli elementi informativi richiamati nel provvedimento impugnato e non contrastati dal motivo di ricorso.
Va, così ribadito il principio secondo cui «in tema di trattamento penitenziario differenziato, non costituisce violazione di legge, unico vizio legittimante il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di applicazione o di proroga del regime previsto dall’art. 41 bis della legge n. 354 del 1975, l’omessa enunciazione RAGIONE_SOCIALE ragioni per le quali il Tribunale di Sorveglianza non abbia ritenuto rilevanti gli argomenti e la documentazione prodotta dalla difesa, ove i dati assunti a fondamento della decisione siano sufficienti a sostenerla e non risultino intrinsecamente apparenti o fittizi» (Sez. 1, n. 37351 del 06/05/2014, Rv. 260805 – 01).
In definitiva, l’ordinanza in verifica risulta corredata da motivazione effettiva e chiaramente esplicativa RAGIONE_SOCIALE ragioni della decisione, che ha investigato i profili fattuali necessari per ravvisare la legittima sottoposizione del ricorrente al regime penitenziario differenziato di cui all’art. 41-bis Ord. pen.
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni sin qui espresse deriva l’inammissibilità del ricorso perché manifestamente infondato a cui segue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese, nonché, per i profili di colpa connessi alla proposta impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000), al pagamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE ammende che si stima equo liquidare in euro tremila.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della ammende. Così deciso, il 13 dicembre 2023. C Castr RAGIONE_SOCIALE ; o .,. O GLYPH –cg ,i r Ea