Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15837 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 15837 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 09/01/1969
avverso l’ordinanza del 03/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette/sentite le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
e
RILEVATO IN FATTO
GLYPH Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo presentato da NOME COGNOME– detenuto in espiazione della pena dell’ergastolo, come da provvedimento di cumulo del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di L’Aquila del 01/02/2022, per reati di associazione, omicidi plurimi aggravati, violazione legge armi e per i più recenti reati di danneggiamento aggravato, minaccia e minaccia a p.u., commessi in corso di detenzione – avverso il decreto emesso dal Ministro della Giustizia di proroga del regime differenziato applicatogli ai sensi dell’art. 41 -bis ord. pen..
Nel valutare la sussistenza dei presupposti di legge, riferiti alla proroga ed in particolare alla capacità di Focoso di mantenere, ove ammesso al regime carcerario ordinario, i collegamenti con l’organizzazione criminale di stampo mafioso nell’ambito del quale operava in libertà, il Tribunale, ha valorizzato quanto accertato nelle sentenze in esecuzione e nelle informative fornite dalla DDA di Palermo, dal Ministero dell’Interno, dalla DIA e dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, ponendo in evidenza:
la biografia criminale del COGNOME, esponente di rilievo dell’associazione denominata ‘RAGIONE_SOCIALE‘, articolazione di Siculiana, con specifiche mansioni di killer;
la perdurante operatività dell’associazione e la sua elevata pericolosità, desumibili da recenti acquisizioni investigative, specificatamente richiamate in ordinanza;
il comportamento tenuto in costanza di detenzione, che gli è valsa l’inflizione di plurime sanzioni disciplinari sino al 2022.
Da tutti i citati elementi è stato ritenuto «particolarmente concreto il pericolo che il Focoso possa, in un regime meno contenitivo, più volte penetrato dai suoi sodali come emerso dalle indagini, riprendere ad operare attivamente nell’interesse del gruppo sfruttando la sua autorevolezza consolidata nel tempo».
GLYPH Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso COGNOME, a mezzo dell’avv. NOME COGNOME chiedendo annullarsi l’ordinanza per due motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo eccepisce, ex art. 606 lett. b) cod. proc. pen., violazione ed erronea applicazione dell’art. 41-bis ord. pen., in relazione agli artt. 4 bis ord. pen., 7 CEDU e alla legge 94 del 2009.
Ha errato il Tribunale nel ritenere non fondata la richiesta di applicare il testo dell’art. 41-bis ord. pen. in vigore precedentemente alle modifiche di cui alla legge 94 del 2009, pur essendo i reati da lui commessi tutti precedenti a tale novella, in considerazione anche della più recente riforma dell’art. 4-bis Ord. pen. ad opera del d.l. n. 162 del 2022, convertito con legge n. 199 del 2022 – che prevede il divieto di
applicazione dei benefici penitenziari per i detenuti e internati sottoposti all’art. 41-bis Ord. pen., con una disciplina, risultante dal combinato disposto delle due disposizioni, certamente più severa rispetto a quella in vigore sino al 2009 -, nonché dei principi espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza 30/02/2020, da cui deve discendere l’irretroattività delle norme penitenziarie laddove influiscano sulla libertà del detenuto
2.2. Con il secondo motivo denuncia ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen., violazione ed erronea applicazione dell’art. 41-bis ord. pen.,. nonché violazione dell’art. 125 cod. proc. pen.
In primo luogo, si censura il fatto che il Tribunale non abbia accolto le istanze istruttorie formulate dal prevenuto, senza fornire motivazione alcuna.
Le richieste istruttorie attenevano ad aspetti decisivi per valutare la fondatezza della proroga del regime in atto e la loro mancata acquisizione ha condotto il Tribunale a conclusioni illegittime in quanto prive di documenti ed atti a sostegno.
L’impugnato provvedimento si fonda quindi su un acritico richiamo alle note investigative poste alla base dell’emissione del decreto ministeriale; né, per colmare il vuoto motivazionale, possono essere utilizzati i richiami alle precedenti decisioni anche di legittimità sui decreti di proroga che hanno preceduto il presente, dal momento che solo nel presente caso si era chiesto al Tribunale di acquisire una serie di documenti che potevano definitivamente fare chiarezza.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Il primo motivo, con il quale il ricorrente sostiene che la modifica dell’art. 41bis Ord. pen. ad opera della legge n. 94 del 2009, non possa essere applicata retroattivamente, considerato che i reati per i quali RAGIONE_SOCIALE è condannato sarebbero ad essa anteriori, è infondato.
Come correttamente argomentato da Tribunale romano, infatti, l’art. 41-bis Ord. pen., contenente regole trattamentali incidenti soltanto sulle modalità esecutive della pena, ha una natura essenzialmente processuale, che consente l’applicazione retroattiva della disciplina sopravvenuta, non comportando la relativa disciplina trasformazioni della natura della pena (così Sez. 1, n. 36706 del 15/06/2021, Tornese, Rv. 281906 – 01); tale conclusione è stata ritenuta non distonica rispetto ai principi affermati dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 32 del 2020, avendo la Consulta affermato che la
regola del tempus regit actum relativa alle disposizioni dell’ordinamento penitenziario deve subire una legittima deroga ogniqualvolta «la normativa sopravvenuta non comporti mere modifiche delle modalità esecutive della pena prevista dalla legge al momento del reato, bensì una trasformazione della natura della pena, e della sua concreta incidenza sulla libertà personale del condannato».
Né a diverso avviso può condurre l’intervenuta modifica dell’art. 4 bis ord. pen., ad opera del decreto-legge n. 162 del 2022, come correttamente evidenziato dal Tribunale: peraltro a tale proposito non ci si può esimere dall’osservare come la citata novella abbia inciso sulla norma di cui all’art. 4 bis ord. pen. e che, nel presente procedimento, non è in rilievo la possibilità o meno di fruizione, da parte del Focoso, di un beneficio penitenziario, ma è in discussione la proroga del regime differenziato.
3. GLYPH Il secondo motivo è del pari infondato.
L’art. 41-bis, comma 2-bis, Ord. Pen., sostituito dall’art. 2, legge 23 dicembre 2002, n. 279, e da ultimo dall’art. 2, comma 25, lett. d), legge 15 luglio 2009, n. 94, stabilisce che i provvedimenti applicativi del regime di detenzione differenziato sono prorogabili nelle stesse forme per successivi periodi, ciascuno pari a due anni, quando «risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta meno».
L’ambito del sindacato devoluto a questa Corte è segnato dal comma 2sexies del novellato art. 41-bis, a norma del quale il Procuratore Generale presso la Corte d’appello, l’internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni della sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale per violazione di legge.
La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito per ritenere giustificata la proroga, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (tra le altre, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, dep. 10/06/2003, COGNOME, Rv. 224611; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, dep. 26/06/2008, COGNOME, Rv. 239692).
Si è, da tempo, chiarito che non costituisce violazione di legge, unico vizio legittimante il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di applicazione o di proroga del regime previsto dall’art. 41-bis della legge n. 354 del 1975, l’omessa enunciazione delle
ragioni per le quali il Tribunale di Sorveglianza non abbia ritenuto rilevanti gli argomenti e la documentazione prodotta dalla difesa, ove i dati assunti a fondamento della decisione siano sufficienti a sostenerla e non risultino intrinsecamente apparenti o fittizi (Sez. 1, n. 37351 del 06/05/2014, Trigila, Rv. 260805); ed ancora si è affermato che ai fini della proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, l’accertamento dell’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale, da svolgere tenendo conto dei parametri indicati in termini non esaustivi dal comma 2-bis della norma citata, si sostanzia in un ponderato apprezzamento di merito involgente tutti gli elementi, non necessariamente sopravvenuti, (Sez. 1, n. 2660 del 9/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274912), quali: il profilo criminale del soggetto, la posizione dal medesimo rivestita in seno all’associazione, la perdurante operatività del sodalizio e la sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, anche considerata l’assenza di elementi di fatto dimostrativi di un sopravvenuto venir meno di tale pericolo (Sez. 5, n. 40673 del 30/5/2012, COGNOME, Rv. 253713), che non possono identificarsi con il mero trascorrere del tempo dalla prima applicazione del regime differenziato, né essere rappresentati da un apodittico e generico riferimento a non meglio precisati risultati dell’attività di trattamento penitenziario (Sez. 1, n. 32337 del 3/7/2019, Graviano, Rv. 276720).
Tale pericolo inoltre non deve essere dimostrato in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che la capacità di mantenere i collegamenti di cui sopra e la sua attualità possano essere ragionevolmente ritenute probabili sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti (Sez. 1, n. 20986 del 23/06/2020, COGNOME, Rv. 279221).
Nella specie, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha proceduto, con corretta interpretazione ed esatta applicazione dei principi di diritto in materia, alla verifica della permanenza dei dati indicativi della capacità di collegamento del ricorrente con la criminalità organizzata, evidenziando gli elementi sui quali ha fondato la valutazione della pericolosità del medesimo e della legittimità e fondatezza dell’applicazione, in proroga, della misura in oggetto.
Il Tribunale ha, al riguardo, congruamente motivato – con richiamo alle più recenti informative degli organi preposti e con riferimento ai dati processuali – sia con riferimento alla posizione rivestita dal ricorrente nel sodalizio di appartenenza e alla sua biografia penale -, sia in relazione all’attualità del pericolo, risultando lo stesso concretamente in grado – nonostante il regime più severo in atto – di mantenere contatti con il predetto sodalizio.
Del tutto vaghe sono rimaste le deduzioni difensive in ordine alla mancata acquisizione di ulteriori dati istruttori, di cui non è stata specificata la rilevanza e, comunque, la decisività.
La motivazione dell’ordinanza impugnata, condotta nel rispetto dei principi di legge, come interpretati dalla giustizia costituzionale e da quella di legittimità di questa
Corte, nonché in conformità a logica argomentativa coerente e lineare, si sottrae alle non fondate quanto generiche censure proposte dal ricorrente, solo formalmente anche
sulla base di assunte violazioni di legge, ma sostanzialmente su profili di merito o di motivazione non proponibili in questa sede.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere
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rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 23 gennaio 2025
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Il Consigliere estensore