Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8446 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8446 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SANTA NOME il 19/06/1956
avverso l’ordinanza del 06/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Giova premettere che, in materia dei provvedimenti di applicazione o proroga del regime detentivo di cui all’art. 41-bis Ord. pen., il controllo di legittimità affidato alla Corte di cassazione rimane circoscritto alla violazione di legge, cosicché, quanto alla motivazione, gli unici rilievi che possono trovare ingresso sono quelli che ne rappresentano la mancanza sotto il profilo dell’assenza dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità in relazione agli elementi sui quali deve cadere la verifica dei presupposti di legge, tanto da poter ritenere che la motivazione sia solo apparente, in quanto assolutamente inidonea – per evidenti carenze di coordinazione e per oscurità del riscorso – a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito nel pervenire alla decisione (Sez. 1, n. 48494 del 09/11/2004, COGNOME, Rv. 230303).
Solamente in tali ipotesi è, invero, configurabile una violazione di legge, poiché il provvedimento risulta privo del requisito della motivazione richiesto dall’art. 125 cod. proc. pen. e dal comma 2-sexies dell’art. 41-bis Ord. pen.
Restano, di contro, estranei all’ambito della verifica di legittimità consentita in materia non solo tutti quei rilievi che invocano il diverso apprezzamento degli elementi acquisiti riservato alle valutazioni di merito, ma anche il controllo della motivazione sotto il profilo della semplice contraddittorietà o illogicità.
Si evidenzia, inoltre, che, ai fini della proroga del regime detentivo citato, l’accertamento dell’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale (da svolgere tenendo conto dei parametri indicati in termini non esaustivi dal comma 2-bis della norma citata), si sostanzia in un ponderato apprezzamento di merito involgente tutti gli elementi, non necessariamente sopravvenuti, rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo già in origine poste a fondamento del suddetto regime (Sez. 1, n. 2660 del 09/10/2018, COGNOME, dep. 2019, Rv. 274912).
Nel caso di specie, il ricorrente non si confronta con il provvedimento impugnato, nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che, nonostante il trascorrere del tempo, il ruolo apicale del detenuto nell’ambito dell’associazione di tipo mafioso di riferimento è rimasto inyariato, anche considerando che lo stesso non aveva tenuto comportamenti antitetici alla sua appartenenza al clan.
Sul punto, il giudice di merito ha evidenziato che il condannato presentava molti precedenti penali per gravi reati e che la sua investitura quale capo del sodalizio definito “cosa nostra” sul territorio di Agrigento era avvenuta da parte di NOME COGNOME. ,)
Il ruolo di vertice, mantenuto anche nel corso della detenzione, era stato descritto da NOME COGNOME era emerso, inoltre, che COGNOME aveva esercitato un ruolo di protezione della prima fase della latitanza del noto boss NOME COGNOME.
Tanto considerato, il Tribunale di sorveglianza in modo ineccepibile ha ritenuto di rigettare il reclamo dell’interessato, rilevato anche il comportamento non regolare del detenuto, il quale aveva posto in essere un atteggiamento di sfida nei confronti del personale penitenziario e non aveva mai manifestato segni di resipiscenza.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2024