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Regime 41-bis e riviste: i limiti della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7324/2024, ha stabilito che sotto il regime 41-bis, l’amministrazione penitenziaria può legittimamente limitare l’acquisto di riviste e giornali a una lista pre-approvata. Questa restrizione è ritenuta necessaria per prevenire comunicazioni illecite e recidere i legami con le organizzazioni criminali, e non viola il diritto all’informazione del detenuto, purché venga garantita una selezione ragionevole attraverso canali sicuri. La Corte ha quindi annullato la decisione di un tribunale di sorveglianza che aveva concesso a un detenuto l’accesso illimitato a tutte le pubblicazioni.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Regime 41-bis e Diritto all’Informazione: la Cassazione Fissa i Paletti sull’Acquisto di Riviste

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 7324 del 2024, è intervenuta su una questione di grande rilevanza che contrappone le esigenze di sicurezza del regime 41-bis al diritto all’informazione dei detenuti. La pronuncia chiarisce che l’Amministrazione penitenziaria ha il potere di limitare l’acquisto di riviste e giornali a un elenco predefinito, bilanciando così i diritti fondamentali con la necessità di prevenire contatti illeciti con l’esterno. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

Il Fatto: La Richiesta di un Detenuto e le Decisioni dei Giudici di Merito

Il caso nasce dal reclamo di un detenuto sottoposto al regime penitenziario speciale, il quale si era visto negare dall’Amministrazione penitenziaria la possibilità di ricevere riviste non incluse nell’elenco ufficiale delle pubblicazioni acquistabili (il cosiddetto ‘modello 72’).

In prima istanza, sia il Magistrato di Sorveglianza che, in sede di appello, il Tribunale di Sorveglianza avevano dato ragione al detenuto. Secondo i giudici di merito, una limitazione generalizzata delle testate acquistabili costituiva una compressione ingiustificata e inutilmente afflittiva del diritto all’informazione, costituzionalmente garantito. Si sosteneva che i canali di acquisto controllati, già previsti dalle circolari ministeriali (come l’acquisto tramite l’impresa di mantenimento interna al carcere), fossero di per sé sufficienti a impedire che la stampa diventasse un veicolo di comunicazioni illecite, senza bisogno di limitare anche la tipologia di pubblicazione.

Contro questa decisione, il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’invasione di campo del giudice nelle competenze riservate all’Amministrazione e un’errata interpretazione dei principi che governano il regime 41-bis.

La Questione Giuridica sul regime 41-bis e l’Acquisto di Stampa

La questione giuridica sottoposta alla Suprema Corte era la seguente: la regolamentazione che limita l’acquisto di riviste e giornali alle sole testate incluse in un’apposita lista è legittima nell’ambito del regime 41-bis? Oppure rappresenta una violazione dei diritti fondamentali del detenuto, in particolare del diritto di essere informato?

Il ricorso del Ministero evidenziava come un’autorizzazione indiscriminata all’acquisto di qualsiasi pubblicazione avrebbe imposto all’Amministrazione un onere di controllo potenzialmente infinito, con un dispendio enorme di risorse e una grave interferenza con l’organizzazione degli istituti penitenziari. Si trattava, dunque, di stabilire il corretto punto di equilibrio tra il diritto del singolo e le inderogabili esigenze di sicurezza collettiva.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Ministero, annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata e rigettando così la richiesta del detenuto. Le motivazioni della Corte si fondano su una precisa interpretazione della finalità del regime 41-bis.

Il Collegio ha ribadito che lo scopo primario di tale regime è recidere ogni forma di collegamento tra i detenuti appartenenti ad associazioni criminali e i membri ancora in libertà. In questa prospettiva, la legge (art. 41-bis, comma 2-quater, Ord. pen.) prevede specifiche limitazioni, tra cui quella relativa ai “beni e degli oggetti che possono essere ricevuti dall’esterno”.

Secondo la Corte, libri, giornali e riviste rientrano a pieno titolo in questa categoria di “oggetti”. La lunga esperienza giudiziaria ha dimostrato che la stampa può essere utilizzata come veicolo per trasmettere messaggi criptici e mantenere attivi i canali di comunicazione criminale. Pertanto, le restrizioni imposte dalla circolare ministeriale non sono arbitrarie, ma rispondono a una concreta esigenza di prevenzione.

La Corte ha inoltre precisato che la limitazione non costituisce una negazione del diritto all’informazione, ma una sua regolamentazione. Il detenuto non è privato della possibilità di leggere, ma è tenuto a farlo attraverso canali sicuri e controllati dall’Amministrazione. Questa impostazione, già avallata in passato dalla Corte Costituzionale (sent. n. 122/2017), è ritenuta un ragionevole compromesso. Concedere un’autorizzazione generale e indiscriminata, come avevano fatto i giudici di merito, significherebbe ingerirsi indebitamente in un ambito di valutazione discrezionale che la legge riserva all’Amministrazione penitenziaria, l’unica in grado di bilanciare le richieste individuali con le complesse esigenze organizzative e di sicurezza.

Le Conclusioni

La sentenza n. 7324/2024 stabilisce un principio chiaro: nell’ambito del regime 41-bis, la sicurezza prevale sulla libertà incondizionata di scelta delle letture. L’Amministrazione penitenziaria può legittimamente predisporre un elenco limitato di pubblicazioni acquistabili dai detenuti, al fine di garantire un controllo efficace e prevenire il rischio di comunicazioni con le organizzazioni criminali. Questa misura non annulla il diritto all’informazione, ma lo conforma alle superiori esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica che caratterizzano questo speciale regime detentivo. La decisione riafferma la discrezionalità dell’Amministrazione nella gestione del 41-bis, ponendo un freno all’intervento del giudice in materie squisitamente organizzative e di sicurezza.

Un detenuto in regime 41-bis ha diritto di acquistare qualsiasi rivista in commercio?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’Amministrazione penitenziaria può legittimamente limitare l’acquisto di riviste a una lista pre-approvata (modello 72) per ragioni di sicurezza e per impedire comunicazioni illecite con l’esterno.

La limitazione delle riviste viola il diritto all’informazione del detenuto?
Secondo la Corte, no. La misura non nega il diritto, ma lo regola attraverso ‘canali sicuri’ (come l’acquisto tramite l’istituto stesso). Questo bilancia il diritto del detenuto con le superiori esigenze di ordine e sicurezza pubblica tipiche del regime 41-bis.

Perché il Tribunale di sorveglianza non può autorizzare l’acquisto senza limiti?
La Corte ha ritenuto che concedere un’autorizzazione generale e illimitata costituisca un’indebita ingerenza nelle potestà discrezionali riservate all’Amministrazione penitenziaria, a cui spetta il compito di organizzare il regime detentivo speciale e di valutare i rischi connessi alla circolazione di materiale dall’esterno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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