Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 506 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 506 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA contro COGNOME nato a FIRENZE il 01/05/1960
avverso l’ordinanza del 16/03/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale ANOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento (ME rinvio in ordine all’autorizzazione all’acquisto riviste.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha confermato il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Spoleto, che aveva accolto il reclamo giurisdizionale proposto da NOME COGNOME, ristretto in regime carcerario differenziato ex art. 41-bis legge 26 luglio 1975 n. 354 e, consequenzialmente, aveva disposto che l’Amministrazione consentisse al detenuto – previ gli eventuali controlli di sicurezza – di acquistare riviste in lib vendita, anche con i relativi allegati, sebbene non comprese nell’elenco di cui al c.d. “mod. 72”. A fondamento di tale decisione il Tribunale di sorveglianza ha osservato che le restrizioni ai diritti fondamentali, implicate dal regime carcerario differenziato (nella specie, il diritto all’informazione, allo studio e alla lett devono essere strettamente proporzionate, nonché adeguate rispetto al preciso fine che le giustifica. Non consentire, pertanto, ai detenuti sottoposti a tale regime detentivo di poter acquistare pubblicazioni ulteriori, rispetto al suindicato elenco, sebbene l’Amministrazione abbia la possibilità di effettuare una attività di verifica e controllo di natura preventiva, concretizza una ingiustificata compressione di tali diritti.
Propone ricorso per cassazione il Ministero della Giustizia, a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato in persona dell’avv. NOME COGNOME articolando due motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. a) e lett. b) cod. proc. pen. e, in particolare, violazione degli artt. 35 -bis e 41-bis Ord. pen., oltre che contraddittorietà e manifesta illogicità dell motivazione, deducendosi anche l’esercizio – da parte del giudice – di una potestà specificamente riservata dalla legge all’amministrazione. In primo luogo, il reclamo del detenuto sarebbe stato da dichiarare inammissibile per genericità, non avendo il medesimo contestato il diniego inerente alla richiesta di acquisto di una specifica rivista. Ad ogni modo, non si è realizzata una lesione del diritto all’informazione, in conseguenza di una violazione dell’ordinamento penitenziario, essendo quella in esame una modalità di esercizio di quel diritto, che l’Amministrazione – senza che il reclamante aggredisca tale profilo – garantisce ampiamente, attraverso una variegata e ricca offerta di riviste acquistabili.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. e, in particolare, violazione dell’art. 41-bis Ord pen., per assenza di motivazione, travisamento del fatto, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Sul punto, il ricorrente evidenzia che la
scelta dell’amministrazione penitenziaria, consistente nel limitare l’acquisto di riviste a quelle ricomprese nel “mod. 72”, salvo vagliare specifiche richieste provenienti dal detenuto, non è illegittima. Si pone, infatti, l’esigenza d contemperare il diritto al trattamento del ristretto rcon le finalità proprie del regime restrittivo speciale, in un giudizio che deve tenere in considerazione le ricadute di ogni decisione organizzativay sulla complessiva organizzazione del carcere, rimessa all’apprezzamento del titolare del potere amministrativo. Aggiunge il ricorrente che la tutela del diritto all’informazione, nonché il conseguente diritto d acquistare quotidiani a tiratura nazionale, a prescindere dal loro inserimento nel “mod. 72”, è cosa diversa rispetto al diritto, riconosciuto dal giudice a quo, di acquistare qualsivoglia rivista, posto che l’acquisto delle riviste non risponde ex se all’esigenza di essere informati, potendo essere diretta a soddisfare anche la mera esigenza di intrattenimento; un acquisto di tal genere, inoltre, potrebbe rappresentare un facile strumento di veicolazione di messaggi all’esterno, soprattutto ove si tratti di riviste di nicchia o specializzate.
Il Procuratore generale ha chiesto che il provvedimento impugnato venga annullato senza rinvio, risultando la richiesta del detenuto generica e non essendo stata rappresentata alcuna lesione di diritto soggettivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso merita accoglimento.
Non è superfluo, in via preliminare, ribadire che il reclamo giurisdizionale previsto dagli artt. 35 -bis e 69, comma 6, lett. b), Ord. Pen. ammette la tutela davanti alla magistratura di sorveglianza delle posizioni giuridiche soggettive qualificabili GLYPH in GLYPH termini GLYPH di GLYPH “diritto”, GLYPH che GLYPH risultino GLYPH incise GLYPH da GLYPH condotte dell’amministrazione violative di disposizioni previste dalla legge penitenziaria e dal relativo regolamento, «dalle quali derivi al detenuto o all’internato un attuale e grave pregiudizio». I presupposti essenziali di tale strumento, dunque, sono costituiti dall’esistenza – in capo al detenuto – di una posizione giuridica attiva, no riducibile (o non riducibile ulteriormente) per effetto della carcerazione e direttamente meritevole di protezione, nonché dal rilievo di una condotta, imputabile all’amministrazione penitenziaria, che si ponga con tale posizione soggettiva in una situazione di illegittimo contrasto (Sez. 1, n. 36865 del 0:3/06/2021, Ministero della Giustizia, Rv. 281907). È evidente, peraltro, che dalla condizione detentiva possano derivare limitazioni, anche significative, alla ordinaria sfera dei diritti soggettivi della persona e ciò anche quale conseguenza
dell’adozione di misure e provvedimenti organizzativi dell’Amministrazione stessa, volti a disciplinare la vita degli istituti, nonché a garantire l’ordine e la sicure interna e l’irrinunciabile principio del trattamento rieducativo; misure e provvedimenti che – laddove adottati nel rispetto dei fondamentali canoni di ragionevolezza e proporzionalità – incidono legittimamente sulla posizione soggettiva del ristretto, andando ad integrarne l’ambito di autorizzata e lecita compressione (Sez. 1, n. 4030 del 04/12/2020, dep. 2021, Ministero della Giustizia in proc. Strangio, Rv. 280532).
2.1. È a partire dalle sopra esposte constatazioni che la giurisprudenza di questa Corte, da tempo, ammonisce affinché non si confonda il diritto soggettivo del detenuto (nel suo nucleo intangibile, cui è garantita protezione) con le mere modalità di esercizio di esso, inevitabilmente assoggettate a regolamentazione (Sez. 1, n. 23533 del 07/07/2020, Mandala, Rv. 279456; Sez. 7, n. 7805 del 16/07/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 260117; Sez. 1, n. 767 del 15/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258398).
2.2. Il giudice a quo, nel caso di specie, non apporta argomentazioni atte a indurre alla rimedítazione di questo consolidato orientamento. La sola negazione del diritto in quanto tale integra lesione suscettibile di reclamo giurisdizionale mentre le modalità di esplicazione del diritto stesso restano affidate alle scelte discrezionali dell’amministrazione penitenziaria, in funzione delle esigenze di ordine e disciplina interne, che – ove non manifestamente irragionevoli, ovvero sostanzialmente inibenti la fruizione del diritto – non sono sindacabili in sede giudiziaria (Sez. 7, n. 373 del 29/05/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261549).
Ciò premesso in linea generale, occorre ora considerare la regolamentazione in tema di acquisizione e circolazione di libri ; riviste e stampa in genere, vigente nei confronti dei detenuti assoggettati allo speciale regime di sospensione delle regole del trattamento, disposto dal Ministro della giustizia ai sensi dell’art. 41-bis, comma 2, Ord. pen. Tale regime detentivo è volto a far fronte alle esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza esterne al carcere, connesse alla lotta alla criminalità organizzata, terroristica ed eversiva, oltre che impedire, in particolare, i collegamenti dei detenuti appartenenti alle organizzazioni criminali tra loro e con i membri di queste che si trovino in libertà; collegamenti che potrebbero realizzarsi attraverso i contatti con il mondo esterno, che l’ordinamento penitenziario normalmente favorisce quali strumenti di reinserimento sociale. Quel che si intende evitare è, soprattutto, che gli esponenti dell’organizzazione in stato dì detenzione, sfruttando il normale regime penitenziario, «possano continuare ad impartire direttive agli affiliati in stato libertà, e così mantenere, anche dal carcere, il controllo sulle attività delittuos
dell’organizzazione stessa» (Corte cost., sentenza n. 143 del 2013). In questa prospettiva, il vigente comma 2 -quater dell’art. 41-bis Ord. pen. elenca una serie di misure specifiche, costituenti il contenuto tipico e necessario del regime stesso. Figurano nell’elenco, tra l’altro, la «limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere ricevuti dall’esterno» (lettera c).
L’Amministrazione penitenziaria, nella circolare dipartimentale del 2 ottobre 2017, recante l’organizzazione del circuito detentivo speciale, ha dettato disposizioni attuative del precetto generale, con riferimento all’ingresso, alla circolazione e alla detenzione della stampa nell’ambito delle sezioni degli istituti penitenziari destinate ad accogliere i detenuti in regime speciale. Si è così stabilito che qualsiasi tipo di stampa autorizzata (quotidiani, riviste, libri) possa essere acquistato dai detenuti in regime speciale esclusivamente nell’ambito dell’istituto, tramite l’impresa di mantenimento o personale delegato dalla Direzione (artt. 7.2, secondo paragrafo, e 11.6, sesto paragrafo). Correlativamente, è stata vietata la ricezione di libri e riviste provenienti dall’esterno – in particolare dai familiari a mezzo pacco postale, sia tramite consegna in occasione dei colloqui, così come la trasmissione all’esterno di tale materiale da parte del detenuto (art. 7.2, quarto paragrafo, e 11.6, quinto paragrafo).
Questa Corte ha più volte ribadito come spetti all’amministrazione penitenziaria l’esplicazione del potere regollamentare, in vista della concreta applicazione delle restrizioni; potere che deve essere esercitato nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, senza rendere inutilmente gravoso lo speciale trattamento detentivo e senza cagionare una vana compressione dei diritti costituzionalmente garantiti anche al soggetto ristretto (tra le altre, Sez. 1, n 4030 del 04/12/2020, dep. 2021, Ministero della Giustizia, Rv. 280532-01; Sez. 1, n. 1774 del 29/9/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261858-01.; Sez. 1, n. 46783 del 23/9/2013, COGNOME, Rv. 257473-01). La circolare ministeriale si è, per quanto ora di interesse, mantenuta in tale alveo; le misure limitative, che reiterano quelle già antecedentemente adottate in fonti equiordinate, si giustific:ano alla luce di dati emersi dalla «pluriennale esperienza delle concrete vicende specifico settore»: vale a dire che «libri, giornali e stampa in genere molto spesso usati dai ristretti quali veicoli per comunicare illecitamente con l’esterno, che da un lato non interrompono (ma possono anche alimentare) le comunicazioni di tipo criminale, dall’altro costituiscono concreti pericoli per l’ordine interno degli istituti» (Sez. 1, n. 429 del 27/09/2013, COGNOME, Rv. 257299-01), finendo per vanificare la funzione di base del regime carcerario speciale.
4.1. Le prescrizioni ministeriali, quindi, non pregiudicano in modo significativo il diritto del detenuto a informarsi e a studiare attraverso la lettura di testi quanto non ne precludono la ricezione, ma la indirizzano verso «canali sicuri» (l’impresa di mantenimento o il personale delegato dalla direzione penitenziaria); ciò al fine di impedire una utilizzazione di tale materiale in funzione elusiva delle restrizioni connesse al regime speciale e, in particolare, per evitare che esso venga adoperato per effettuare scambi di messaggi criptici, che risulterebbero non facilmente individuabili ad opera del personale addetto alla censura (Sez. 1, n. 32469 del 07/04/2015, COGNOME, n.m.). Né varrebbe obiettare che, per le limitazioni nella ricezione della stampa, l’art. 18-ter, comma 1, lett. a), Ord. pen. esige l’intervento dell’Autorità giudiziaria; tale disposizione generale, infatti, no esclude forme ulteriori di restrizione, aventi pur sempre base legale, che discendano dalla sottoposizione al regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen.. Tale ultima disposizione assume, nell’ambito specifico, la valenza di norma speciale derogatoria; il più elevato livello di pericolosità del detenuto, sancito d provvedimento ministeriale di adozione di detto regime, suscettibile di controllo giurisdizionale, legittima infatti le misure previste dal comma 2-quater dello stesso art. 41-bis, tra cui quelle in tema di limitazione degli «oggetti» che possono essere ricevuti dall’esterno, nozione che si presta a ricomprendere anche libri, riviste e giornali (fra tante, Sez. 1, n. 5211 del 10/09/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278365-01).
4.2. La disciplina in scrutinio, del resto, è stata anche ritenuta compatibile con i principi della Carta fondamentale, da parte della Corte costituzionale, la quale con sentenza n. 122 del 08/02/2017 – ha sancito come le disposizioni in questione non siano violative della libertà di manifestazione del pensiero (intesa, questa, nel suo significato passivo di diritto di essere informati), né il diritto allo stud sottolineando come il diritto dei detenuti in regime speciale, a ricevere e a tenere con sé le pubblicazioni di loro scelta, non fosse, in sé, limitato da tale disciplina essendo agli stessi semplicemente imposto di servirsi, per la relativa acquisizione, dell’istituto penitenziario; ciò allo specifico fine di evitare che il libro o la riv possa trasformare, peraltro agevolmente e in maniera ben difficilmente controllabile, in un veicolo di comunicazioni occulte con l’esterno.
Come osservato dal giudice delle leggi nella sentenza teste menzionata, le misure in discussione, nella loro concreta operatività, non devono tradursi in negazione surrettizia di diritti fondamentali. Nel momento in cui impone al detenuto di avvalersi – in via esclusiva – dell’istituto penitenziario per l’acquisizio della stampa, mediante il ricorso al cd. sopravvitto, o mediante abbonamenti appositamente sottoscritti dalla Direzione, «l’Amministrazione si impegna a fornire
un servizio efficiente, evitando lungaggini e “barriere di fatto” che penalizzino, nella sostanza, le legittime aspettative del detenuto».
Questa Corte ha, del resto, già affermato che «il meccanismo dovrà in concreto assicurare che le riviste e gli stampati – tutte le riviste e tutti gli stamp autorizzati – giungano ai detenuti destinatari in un tempo ragionevole . li Magistrato di Sorveglianza potrà svolgere anche su questo aspetto la sua funzione di controllo» (Sez. 1, n. 6889 del 16/10/2014, dep. 2015, Lioce, n.m.). Tale assunto non implica, tuttavia, che ogni pubblicazione possa e debba, tramite i canali di acquisto sopra evidenziati, fare il proprio ingresso in istituto. Rilev sempre, infatti, la compatibilità di tale ingresso con le finalità proprie del regim detentivo speciale, nonché con le ineludibili esigenze organizzative dell’amministrazione, a quelle finalità anche correlate e, infine, con l’effettiva inerenza dello stampato all’esercizio di diritti fondamentali, che dovrà essere in concreto allegato e comprovato, come non è avvenuto nel caso oggetto del processo odierno (Sez. 1, n. 36865 del 08/06/2021, Ministero della Giustizia, Rv. 281907-01).
Nella concreta fattispecie, il detenuto ha presentato una generica richiesta, volta alla introduzione in istituto di riviste diverse, rispetto a quelle inserite modello 72. L’amministrazione ha ritenuto, del tutto legittimamente, che l’accoglimento di siffatta istanza fosse inibito dalla concreta possibilità e facilità validata dai dati provenienti da una pluriennale esperienza – che all’interno delle suddette riviste possano venire celati messaggi criptici, convenzionali e simbolicamente allusivi; messaggi che risulterebbero, poi, di non agevole decifrazione, quindi pregiudizievoli per l’ordine e la sicurezza pubblica e tali da aggirare le finalità intimamente connesse al regime speciale. Di qui – anche nel quadro di un impiego razionale delle risorse, materiali e umane, a disposizione e tenuto conto dell’ampiezza del catalogo di riviste inserite nel modello 72 – il rifiut ad autorizzarne la diffusione, nell’ambito delle sezioni detentive speciali.
Le ragioni preclusive così addotte dall’amministrazione, a giustificazione di tale rifiuto, sono esattamente rispondenti all’enunciato fine di tutelare le esigenze di prevenzione, oggetto del regime differenziato e perseguito dalla normativa primaria e secondaria che si è sin qui ripercorsa. Tali ragioni non appaiono né illogiche, né pretestuose e, pertanto, non erano giudizialmente sindacabili. L’inibizione all’ingresso in istituto di non meglio precisate «riviste in libera vendit anche con allegati, pur se non comprese nell’elenco di cui al c.d. “nnod. 72″», nel caso che ci occupa, risponde quindi a finalità di ordine e sicurezza pubblica non arbitrariamente perseguite, né tale divieto frustra – sotto l’aspetto considerato –
alcun diritto fondamentale di rilevanza costituzionale, venendo al più ad incidere solo sulle concrete modalità di esercizio del diritto stesso, il quale è garantito mediante i canali di vendita consentiti dall’Amministrazione.
In conclusione, l’ordinanza impugnata e quella del Magistrato di sorveglianza, che si sono indebitamente ingeriti nell’ambito riservato alla discrezionale valutazione dell’amministrazione penitenziaria, devono essere annullate senza rinvio.
P. Q.IM.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e l’ordinanza 21/03/2022 del Magistrato di sorveglianza di Spoleto.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2023.