Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14507 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14507 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SAN LUCA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata; letti i motivi del ricorso;
rilevato, preliminarmente, che, con ordinanza del 21/09/2023, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo presentato da NOME COGNOME avverso la proroga disposta nei suoi confronti, con decreto del Ministro della giustizia del 20/11/2022, del regime differenziato di cui all’art. 41 -bis legge 26 luglio 1975, n. 354;
che il Tribunale di sorveglianza ha, in proposito, ritenuto l’idoneità della motivazione sottesa al provvedimento, che muove dal rango criminale di NOME COGNOME, il quale ha rivestito un ruolo apicale nell’ambito della cosca di riferimento – i cui contrasti con la cosca RAGIONE_SOCIALE sono culminati nella strage di Duisburg – come si evince dalle condanne subite per associazione mafiosa, tentate estorsioni aggravate, violazioni in materia di stupefacenti e delle misure di prevenzione, nonché dalla pendenza di procedimenti penali per scambio elettorale politico mafioso e per spaccio di ingenti quantità di stupefacente;
che il Tribunale di sorveglianza ha, inoltre, richiamato la perdurante e attuale operatività della cosca di appartenenza, il concreto pericolo che vengano ripristinati concreti contatti con i sodali (avvalorato dalla pregressa latitanza di COGNOME), e, infine, gli esiti del trattamento penitenziario, che non hanno dato prova né di un’autentica dissociazione né di acquisizione dei valori di legalità;
che ha, pertanto, disatteso il reclamo di NOME COGNOME, il quale aveva lamentato la mancanza di elementi confermativi del suo attuale collegamento con la cosca di appartenenza;
che NOME COGNOME ha proposto, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata sulla scorta di due motivi;
che con il primo motivo viene eccepita questione di legittimità costituzionale dell’art. 41 -bis legge 26 luglio 1975, n. 354, in relazione agli artt. 2, 3, 13, 24, 111 e 117 Cost. nella parte in cui assegna al Ministro della giustizia, anziché all’autorità giudiziaria, la competenza a disporre l’applicazione o la proroga del regime detentivo speciale;
che, con il secondo motivo, viene dedotta violazione di legge per avere il Tribunale di sorveglianza rigettato il reclamo avverso il decreto ministeriale sulla base di una motivazione meramente apparente, in quanto priva di concreti riferimenti a circostanze idonee a comprovare l’attualità della sua pericolosità;
che il ricorso è inammissibile perché fondato su censure manifestamente infondate;
che, per quanto concerne la prima doglianza, deve ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 41-bis in quanto la misura dell’applicazione o della proroga del regime detentivo speciale non è assimilabile alle misure di prevenzione personali, essendo adottata o prorogata, con provvedimento autonomamente e congruamente motivato, reclamabile davanti all’autorità giudiziaria all’esito di un procedimento camerale partecipato (tra le più recenti, Sez. 1, n. 29143 del 22/6/2020, Libri, Rv. 279792);
che, con riferimento al secondo motivo di ricorso, 1″art. 41-bis, secondo comma, legge 26 luglio 1975, n. 354, stabilisce che «Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del Ministro dell’interno, il Ministro della giustizia ha la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell’articolo 4 bis o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva, l’applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza. La sospensione comporta le restrizioni necessarie per il soddisfacimento delle predette esigenze e per impedire i collegamenti con l’associazione di cui al periodo precedente»;
che, in questa cornice, l’ambito del sindacato devoluto alla Corte di cassazione è segNOME dal comma 2-sexies della disposizione in esame, a norma del quale il Procuratore generale presso la Corte d’appello, l’interNOME o il difensore possono proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale di sorveglianza per violazione di legge;
che la limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente ovvero assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito per ritenere giustificata l’applicazione del regime detentivo speciale in esame, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (cfr. Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOMEgrino, Rv. 224611);
che, alla luce di questi parametri ermeneutici, va osservato che il ricorso proposto da NOME COGNOME tende in realtà a provocare una nuova, e non consentita, valutazione del merito delle circostanze di fatto, in quanto tali insindacabili in sede di legittimità, con precipuo riferimento alla sussistenza delle condizioni per la proroga del regime detentivo differenziato;
che l’ordinanza impugnata ha, dunque, fornito una motivazione congrua, ponendo l’accento, in particolare, sul ruolo assunto dall’odierno ricorrente nella consorteria di appartenenza, in cui risulta attualmente inserito, e sul rischio di ripristino di concreti contatti attuali con i sodali, a nulla rilevando, pertanto, l’errato riferimento alla sussistenza di rapporti di parentela con alcuni soggetti collegati alla cosca;
che il ricorrente deduce ulteriormente, a sostegno delle spiegate censure, che l’attualità della sua pericolosità sociale è stata ritenuta sulla concorrente base della fallace considerazione della collocazione, in ambito associativo, del figlio NOME, ovvero di elementi che – al pari degli altri indicati a supporto dell’impugnazione -da un canto, non sono suffragati dalle prescritte allegazioni (onde il ricorso si palesa, per questa parte, generico per carenza di autosufficienza) e, dall’altro, non valgono a minare la complessiva solidità dell’impianto motivazione posto a fondamento dell’ordinanza impugnata, imperniato sulla certificata caratura criminale di NOME COGNOME e sulla persistente vitalità della compagine ‘ndranghetistica della quale egli è stato esponente di spicco;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 febbraio 2024.