Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27028 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27028 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CUTRO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo dei suoi difensori AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro l’ordinanza con cui il Tribunale di sorveglianza di Roma, in data 01 febbraio 2024, ha respinto il reclamo avverso il decreto di proroga del regime penitenziario di cui all’art. 41bis Ord.pen., affermando l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale proposta in merito alla indeterminatezza temporale del regime differenziato che sarebbe determinata dal suo sistema di proroga, non essendo le proroghe automatiche ed essendo rispettata la finalità rieducativa della pena, e respingendo nel merito i rilievi contro il decreto ministeriale;
rilevato che il ricorrente ripropone la questione di legittimità costituzionale del sistema della proroga del regime di cui all’art. 41-bis Ord.pen., ribadendo che la possibilità della proroga per l’intera durata della pena contrasta con l’art. 27 Cost., per la conseguente indeterminatezza della sua durata e l’impossibilità di una sua finalità rieducativa, e con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, per avere il Tribunale ritenuto ancora sussistente l’attualità dei collegamenti con l’associazione di appartenenza, in assenza di elementi che lo provino;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per manifesta infondatezza, essendo la questione di legittimità costituzionale riproposta con i medesimi argomenti in base ai quali essa è stata dichiarata manifestamente infondata da questa Corte, con le sentenze Sez. 1, n. 44149 del 19/04/2016, Rv. 268294 e Sez. 1, n. 18790 del 06/02/2015, Rv. 263555 (in motivazione, quanto al non contrasto con la finalità rieducativa della pena), nonché dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 417/2004 e con la sentenza n. 376/1997, specificamente relative alla legittimità dei provvedimenti di proroga, e infine con la sentenza n. 197/2021, nella parte in cui ribadisce la legittimità dei provvedimenti restrittivi a carico d detenuti sottoposti al regime differenziato, se conformi ai criteri di proporzionalità e congruità più volte stabiliti dalla Corte costituzionale stessa, bilanciati con le esigenze di prevenzione speciale e di tutela della sicurezza pubblica, e comunque non contrastanti con la finalità di rieducazione, e nella parte in cui richiama le pronunce della CEDU, che non ha mai stabilito un principio di necessaria predeterminazione di durata della restrizione di sicurezza;
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ritenuta l’infondatezza della questione anche alla luce dell’orientamento manifestato dalla Corte EDU, che in più occasioni ha ritenuto non in contrasto con l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo il regime di cui all’art 41-bis Ord.pen, anche se applicato «per lunghi periodi di tempo» (vedi sentenza in data 25 ottobre 2018, COGNOME contro Italia, che al par. 147 circa molti suoi precedenti sul punto);
ritenuto che la questione sia manifestamente infondata, quanto all’asserita indeterminatezza dell’applicazione del regime differenziato, perché l’art. 41-bis, comma 2-bis, Ord.pen. stabilisce precisi termini di durata sia della sua prima applicazione sia di ogni proroga, che non è mai automatica ma subordinata ad un apposito provvedimento assoggettabile a controllo giurisdizionale, cosicché la sua durata consegue ad una continua verifica della persistenza dei requisiti di particolare pericolosità del detenuto;
ritenuta la manifesta infondatezza anche del secondo motivo di ricorso, avendo l’ordinanza impugnata valutato l’ancora attuale pericolosità del ricorrente, come indicata nel decreto ministeriale impugNOME, per il ruolo apicale rivestito, riconosciutogli anche con le recenti condanne, la persistente operatività della cosca di appartenenza, i rapporti mantenuti, indirettamente, con i fratelli, tutti colpiti da misura di prevenzione, ed avendo essa applicato correttamente il consolidato principio di questa Corte, secondo cui, ai fini della proroga dell’applicazione del regime penitenziario differenziato, la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale non deve essere dimostrata in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che essa possa essere ragionevolmente ritenuta probabile sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti (vedi Sez. 1, n. 20986 del 23/06/2020, Rv. 27922; Sez. 1, n. 24134 del 10/05/2019, Rv, 276483; Sez. 1, n. 18791 del 06/02/2015, Rv. 263508);
ritenuta, inoltre, l’inammissibilità del ricorso nella parte in cui, di fa chiede a questa Corte una diversa valutazione degli elementi che il Tribunale di sorveglianza ha posto a base della sua decisione, dal momento che esula dai poteri di questa Corte la formulazione di una diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, in quanto il giudizio di legittimità può riguardare solo la verifica dell’iter argomentativo esposto nel provvedimento impugNOME, accertando se esso dia conto adeguatamente delle ragioni di quella decisione (vedi Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, .Jakani, Rv. 216260).
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen., al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06 giugno 2024
Il Consigliere estensore