Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 428 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 428 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZAI n
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a REGGIO CALABRIA il 21/10/1957
avverso l’ordinanza del 23/03/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del procuratore generale, in persona del sostituto procuratore NOME COGNOME che ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 23 marzo 2023 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il decreto del Ministro della Giustizia emesso il 04 aprile 2022, che ha disposto la sua sottoposizione al regime di cui all’art. 41-bis Ord.pen. sul presupposto del suo inserimento, ai massimi livelli di responsabilità, nella cosca COGNOME operativa in Archi.
Il Tribunale ha ritenuto infondate le affermazioni difensive, che rimarcavano la buona condotta tenuta durante la carcerazione, inizìata nel 1989, tanto da avere il detenuto fruito di di permessi-premio e da essere ammesso nel 2017 alla semilibertà, protrattasi per tre anni. Questa era stata revocata per un errore valutativo del giudice della cognizione, nell’ambito di un procedimento penale tuttora pendente.
Il Tribunale ha affermato che il decreto ministeriale indica sia gli elementi sintomatici circa l’esistenza di gravi motivi di ordine e sicurezza pubblici, per l’aggressività della cosca in questione, sia quelli relativi alla consistente ed attuale pericolosità del soggetto, sottoposto a nuovo procedimento penale per la condotta tenuta durante la semilibertà, dimostrativa della sua partecipazione all’attività della cosca con un ruolo di consigliere e mediatore. L’adozione del regime di massima sicurezza è finalizzato ad impedire un flusso informativo a doppio senso con gli affiliati liberi.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo con il quale deduce la violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod.proc.pen., con riferimento agli artt. 41-bis Ord.pen. e 125 cod.proc.pen.
L’ordinanza impugnata ha omesso di valutare i documenti prodotti dalla difesa. Nel procedimento in corso egli è indicato quale mero partecipe della cosca, senza un ruolo di promotore o di organizzatore, e nella sentenza emessa in data 29 luglio 2022 il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria ha esplicitamente affermato che non c’è prova che il suo gruppo operi secondo le sue direttive, essendo egli ritenuto solo un consigliere, che non esercita alcun potere direttivo. il Tribunale ha valorizzato i suoi contatti con soggetti solo astrattamente collegati, in passato, alla medesima associazione, senza accertare la perdurante vitalità della stessa, e non ha tenuto conto delle controdeduzioni della difesa in ordine ai messaggi da lui inviati all’esterno del carcere.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è generico e privo di specificità, e deve perciò essere dichiarato inammissibile.
L’ordinanza impugnata ha tenuto conto delle risultanze dell’ultima sentenza di merito, citata dal ricorrente, ricavando da questa che egli ricopre, oggi, un ruolo di saggio e venerato consigliere, tuttora attivamente partecipe all’attività del sodalizio criminoso, tanto da avere fatto da mediatore per stemperare le tensioni tra il proprio fratello e il capo della cosca, da avere ricevuto un flusso informativo continuo sulle vicende della stessa nonché periodiche somme di denaro, in esecuzione dell’obbligo di sostentamento degli iesponenti di spicco detenuti, e da essersi, probabilmente, interessato persino dell’acquisto di una partita di cocaina. Il provvedimento sottolinea, inoltre, che egli ha tenuto le condotte contestate in quel procedimento durante il periodo di semilibertà, dimostrando così la mancanza di dissociazione.
L’ordinanza risulta, quindi, ampiamente motivata, con argomentazioni logiche e non contraddittorie, mentre il ricorrente oppone delle considerazioni generiche e in contrasto con il contenuto del decreto ministerale, di cui però non è contestata l’erroneità, in particolare quanto alla attualità dell’attività del cosca e della partecipazione ad essa del ricorrente, al continuo scambio di messaggi di cui questi si è reso autore, e quanto al citato ruolo di partecipe e consigliere della cosca, che non viene in realtà negato. Sono dunque presenti gli elementi richiesti dalla giurisprudenza per l’applicazione del regime differenziato previsto dall’art. 41 -bis ord.pen.
Deve perciò applicarsi il consolidato principio di questa Corte, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’impugnazione e motivatamente respinti nel provvedimento impugnato, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati in esso ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (vedi Sez. 2, n. 27816 del 22/0312019, Rv. 276970; Sez. 1, n.39598 del 30/09/2004, Rv. 236945)
Il ricorso, peraltro, mira a richiedere a questa Corte una diversa valutazione degli elementi che il Tribunale cili sorveglianza ha posto a base della sua decisione. GLYPH Si deve, invece, ricordare che «In tema di controllo sulla motivazione, alla Corte di cassazione è normativamente preclusa la possibilità
non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno; ed invero, avendo il legislatore attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento impugnato, che si presenta quale elaborato dell’intelletto costituente un sistema logico in sé compiuto ed autonomo, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della coerenza strutturale dell sentenza in sé e per sé considerata, necessariamente condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui essa è “geneticamente” informata, ancorché questi siano ipoteticamente sostituibili da altri» (Sez. U., n. 12 del 31/05/2000 Rv. 216260). Esule, pertanto, dai poteri di questa Corte la formulazione di una diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, in quanto il giudizio di legittimità può riguardare solo la verifica dell’it argonnentativo esposto nel provvedimento impugnato, accertando se esso dia conto adeguatamente delle ragioni di quella decisione. Nel presente caso la motivazione risulta completa, adeguata, non illogica e non contraddittoria, nonché corretta alla luce dei consolidati principi giurisprudenziali in tema di applicazione del regime penitenziario differenziato. Non vi sono, quindi, ragioni per il suo annullamento.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, nella misura che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29 novembre 2023
Il Consigliere estensore
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Il Presidente