Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33705 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33705 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nata a Torino il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a Mirandola il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte di appello di Torino del 10/12/2024 visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino, all’esito di rito abbreviato, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Alessandria in data 28 ottobre 2022, ha ridotto la pena inflitta a COGNOME NOME e ad COGNOME NOME a mesi dieci e giorni venti di reclusione in relazione alla commissione del reato di cui agli artt. 318-321 cod. pen. Si contesta.al primo, in qualità di Vicepresidente del Consiglio di amministrazione della società RAGIONE_SOCIALE e alla seconda, in qualità di consulente esterno della predetta società (la quale agiva su indicazione e previo accordo con NOME, agente della società, giudicato separatamente), di avere consegnato gioielli in oro (per un valore di 640,00 euro) a COGNOME NOME, membro della commissione aggiudicatrice della gara di fornitura di dispositivi medici occorrenti a diverse RAGIONE_SOCIALE, bandita il 14 agosto 2018, per la funzione dalla stessa COGNOME svolta in occasione della già espletata procedura di gara (definita con aggiudicazione alla RAGIONE_SOCIALE di due lotti).
Il compendio probatorio è costituito dalle dichiarazioni rese dagli imputati, nonché dalle conversazioni intercettate tra gli stessi.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione COGNOME deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Vizio di motivazione in relazione alla prova fornita dai testi COGNOME e COGNOME circa la effettiva intenzione da parte dell’imputato di omaggiare il personale infermieristico dei reparti con piccoli doni natalizi e travisamento della telefonata n. 170 del 21 ottobre 2019 intercorsa tra l’imputato e NOME. Mancata valutazione della prova dichiarativa di COGNOME e
NOME con riferimento all’acquisto di portachiavi. La suindicata telefonata – rispetto alla quale la sentenza impugnata osserva che «se i due interlocutori si fossero effettivamente riferiti a omaggi natalizi da riservare al personale di reparto nei limiti di valori consentiti dall legge, non si comprenderebbe per quale ragione egli stessi abbiano fatto ricorso a un linguaggio marcatamente allusivo» – prova semplicemente che l’imputato comunicava la disponibilità dell’azienda a valutare la proposta di NOME di scegliere, in occasione delle festività natalizie, omaggi alternativi rispetto a quelli usuali, prendendo però tempo. Il linguaggio ritenuto allusivo è, semplicemente, espressione di una perplessità rispetto alla proposta suggerita dall’agente e non del tutto gradita a COGNOME. La Corte d’appello non ha tenuto conto delle indagini difensive, neppure per quanto concerne le dichiarazioni rese da NOME COGNOME, con la quale l’imputato si era confidato riferendole di essere indagato per corruzione perché era stato regalato a un’infermiera un bracciale del valore di poco più di 500,00 euro, e che lui non sapeva nulla al riguardo perché era sua intenzione effettuare non un unico dono ma tanti piccoli omaggi, di minor valore, per più persone.
La Corte di appello sostiene erroneamente che non vi è prova dell’acquisto degli omaggi natalizi da riservare al personale del reparto: NOME, nel corso dell’interrogatorio, ha dichiarato che la fattura del negozio “RAGIONE_SOCIALE” era pari a 640,00 euro, ma il valore degli orecchini era di 300,00 euro, la restante somma era stata spesa per piccoli gadgets che aveva acquistato per la RAGIONE_SOCIALE. COGNOME, escusso a s.i.t., ha ricordato che NOME aveva confermato anche tali acquisti. La responsabilità di COGNOME risiederebbe, ad avviso della Corte d’appello, nell’avere quantomeno ratificato una iniziativa di NOME che, secondo la Corte, era sin dall’inizio quella di omaggiare la NOME con un gioiello per le funzioni svolte in qualità di membro della commissione di gara aggiudicata alla RAGIONE_SOCIALE Se così fosse, sarebbe davvero inspiegabile la ragione per la quale NOME abbia deciso di limitare la spesa e, con la somma a disposizione, abbia acquistato anche gadgets per conto della NOME.
L’intercettazione consente di escludere che, il 21 ottobre 2019, COGNOME abbia chiesto a COGNOME di attivarsi per effettuare un dono alla COGNOME. Dalle successive telefonate tra COGNOME e COGNOME si ricava che, in tale data, gli stessi non sapessero neppure se la COGNOME avrebbe accettato un dono personale, né quale tipologia di dono. In realtà, NOME era interessato a fare un regalo alla COGNOME, nutrendo ambizioni economiche e personali. Quest’ultima ha dichiarato che egli si era recato da lei per avere informazioni sull’andamento delle forniture e che, in quella circostanza, le diede una piccola bo.ita natalizia dicendole che era un presente per la sua professionalità. La donna ha confessato di avere avuto la netta percezione che il dono provenisse da COGNOME e che non ci fosse un collegamento con la gara.
La sentenza omette ogni valutazione sulle criticità segnalate.
2.2. Vizio di motivazione con riferimento alla destinazione del dono per le funzioni rese dalla COGNOME nell’ambito della gara e alla pretesa attribuzione di poteri decisionali in ragione della carica di Vicepresidente del Consiglio di amministrazione dell’imputato.
La Corte d’appello sostiene che non era irragionevole ritenere che la RAGIONE_SOCIALE nutrisse un proprio diretto interesse a ingraziarsi la benevolenza della COGNOME in vista di eventuali future commesse oggetto di ulteriori gare e che, pertanto, un simile interesse non fosse radicato solo in capo a NOME.
Non si comprende, allora, quale sia la causa del dono in favore della COGNOME e cioè se la dazione riguardi il passato e sia sinallagmaticamente connessa all’esercizio della funzione svolta durante la gara o si ponga in modo prospettico verso un asservimento futuro delle funzioni della donna.
Dalle indagini difensive, con le quali la Corte non si è confrontata, risulta anche che
l’imputato, a partire dal 2018, rivestiva una carica meramente formale priva di ogni potere decisionale che, invece, era in capo a terzi.
2.3. Vizio di motivazione con riferimento alla offensività della condotta contestata.
Il valore dell’omaggio è in sé modesto, più compatibile con una regalia natalizia e del tutto sproporzionato alla rilevanza dell’atto che si ipotizzerebbe compiuto atteso che il valore dei lotti aggiudicati rasenta il milione di euro. La Corte d’appello si è limitata ad evidenziare il superamento della soglia di 50,00 euro. In realtà, il d.P.R. 62/2013, all’art. 4, pone un limite alla nozione di modico valore pari a euro 150,00, limite che riguarda il rapporto tra pubblici dipendenti e pubblica amministrazione e che è individuato solo in via approssimativa. Tale valore si applica solo ai pubblici dipendenti e non anche alla generalità dei pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio. In tale contesto si conferma la assoluta sproporzione tra l’utilità conseguita dalla COGNOME rispetto alla rilevanza dell’atto che si pretenderebbe compiuto, al punto da ritenere insussistente nel fatto ogni offensività.
2.4. Violazioni di legge vizio di motivazione in relazione all’art. 62 n. 6 cod. pen.
La Corte di appello ha omesso di considerare il motivo dedotto dalla difesa. NOME COGNOME ha provveduto spontaneamente al risarcimento del danno e la offerta è stata effettuata in un contesto nel quale la RAGIONE_SOCIALE si è del tutto disinteressata al procedimento.
3.Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Violazione di legge in relazione all’art. 318 cod. pen. e all’art. 4 del d.P.R. 62/2013, quanto alla insussistente offensività normativa della condotta contestata.
Il motivo è di contenuto sostanzialmente identico rispetto al terzo motivo del coimputato. Per il resto si evidenzia che, dalla lettura delle conversazioni intercorse tra NOME e COGNOME, emerge una realtà diversa rispetto al ruolo secondario e strumentale che NOME ha cercato di ritagliarsi: è, infatti, sempre lui che incalza, rincorre e sollecita l’COGNOME e, all fine, ottenuta la disponibilità della predetta, riserva, nel rapporto con la caposala, uno spazio per sé stesso.
3.2. Vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. richiesta dall’imputata, la quale aveva, effettivamente, versato in favore dell’RAGIONE_SOCIALE 300,00 euro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi di entrambi gli imputati sono fondati in relazione al profilo della insussistente offensività normativa della condotta contestata e della mancanza di prova dell’esistenza di un rapporto sinallagmatico.
2.Deve premettersi che, effettivamente, la Corte di appello territoriale non si è confrontata con le deduzioni formulate della difesa di COGNOME aventi ad oggetto le molteplici contraddizioni relative al ruolo avuto dall’imputato. Tale vizio, tuttavia, non potrebbe che comportare una pronuncia di annullamento con rinvio, mentre, invece, all’accoglimento del motivo indicato al paragrafo 1, consegue, anche per COGNOME, il più favorevole annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
3.0ccorre evidenziare che, in tema di corruzione per l’esercizio della funzione, benché la proporzionalità tra le prestazioni non sia un elemento costitutivo del reato; tuttavia, l’irrisorietà dell’utilità conseguita rispetto alla rilevanza dell’atto amministrativo compiuto, rileva sul piano probatorio dell’esistenza del nesso sinallagmatico con l’esercizio della funzione, il cui mercimonio integra il disvalore del fatto punito dall’art.318 cod. pen. (Sez. 6, n. 7007 del 08/01/2021, Micheli, Rv. 281158 – 02).
In altre parole, la verifica della corrispettività si impone come elemento discretivo tra le condotte penalmente rilevanti e quelle che possono assumere mero rilievo disciplinare.
Con riguardo al profilo disciplinare, in base alla disciplina fissata dall’art. 4 del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici di cui al d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, è innegabile che la dazione dì regali correlati alla definizione di una pratica amministrativa, cui sia interessato il privato, non possa mai essere definita quale regalia “d’uso” idonea a legittimarne, ove sia anche di modico valore, la relativa accettazione da parte del dipendente pubblico. Ma se tali donativi, pur di modico valore, integrano certamente l’illecito disciplinare allorchè siano avvenuti in coincidenza temporale con l’esercizio della funzione, per integrare, invece, il reato di cui all’art. 318 cod. pen. non basta la sola correlazione temporale, ma è richiesto che le condotte del pubblico dipendente e del privato si inseriscano in un rapporto sinallagmatico fra parti contrapposte, poiché la corrispettività “funzionale” di ciascuna di esse resta un elemento necessario per l’integrazione del reato di corruzione, tanto di quella propria che di quella impropria.
D’altra parte è evidente che, ai fini dell’accertamento del nesso di corrispettività, allorché si tratti di donativi di modico valore, il requisito della proporzionalità assume una maggiore pregnanza sul piano probatorio, rispetto a quei casi in cui la dazione o l’offerta di utilità da parte del privato, per la loro consistenza economica valutata in assoluto e non in proporzione all’entità del favore ricevuto, siano già di per sé tali da ricondursi certamente nell’ottica del mercimonio della funzione pubblica.
Deve, quindi, ribadirsi il principio già affermato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale che non assume rilevanza penale la condotta del privato che manifesti con donativi di modesto valore il proprio apprezzamento per l’attività svolta dal pubblico agente (Sez.6, n.19319 del 10/02/2017, Liocco, Rv. 269836). Correlativamente, si deve ritenere che anche la condotta da parte del soggetto pubblico che ne accetti la corresponsione, al di fuori di una relazione di corrispettività con l’attività svolta, non assume rilevanza penale, fermo restando il carattere illecito di detto comportamento sotto il profilo disciplinare.
4.Nel caso in esame, a fronte della aggiudicazione, in favore della RAGIONE_SOCIALE, da parte della commissione di gara della quale la COGNOME era componente, di due contratti di forniture pari a oltre 800.000,00 euro, risulta essere stata effettuata una regalia pari a circa 300,00 euro. La stessa, alla luce di quanto sopra esposto, non può che considerarsi come una manifestazione di gratitudine e di apprezzamento per l’attività già compiuta dal pubblico ufficiale in termini conformi ai doveri d’ufficio.
Ferma restando la ritenuta inoffensività della condotta, difetta, in ogni caso, completamente, la prova dell’esistenza di un rapporto sinallagmatico tra la condotta tenuta dalla COGNOME e la regalia ricevuta da COGNOME. Come evidenziato dalla difesa, non si comprende, in particolare, quale sia stata la causa del dono in favore della COGNOME e cioè se la dazione abbia riguardato il passato e sia sinallagmaticamente connessa all’esercizio della funzione svolta durante la gara o si ponga in modo prospettico verso un asservimento futuro delle funzioni della donna.
Per tale ragione la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste. Così è deciso, 15/05/2025
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