Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 3018 Anno 2024
RITENUTO IN FATTO Presidente: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3 Num. 3018 Anno 2024
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/10/2023
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 12 settembre 2022, ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano del 24 giugno 2019, che aveva condannato NOME alla pena di mesi 8 e giorni 10 di reclusione di reclusione, e alle pene accessorie (per la durata di anni 2), relativamente al reato di cui all’art. 5, d. Igs. 74/2000, per i periodi imposta del 2015 e 2016.
L’imputata propone ricorso per cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma1, disp. att., c.p.p.
1. Violazione di legge (art. 178, 179 e 601 cod. proc. pen.), omessa notifica del decreto di citazione in appello all’imputata.
Il decreto di citazione in appello è stato erroneamente notificato al difensore dell’imputata ex art. 157, comma 8 bis cod. proc. pen., nonostante la stessa avesse dichiarato il domicilio per le notifiche nella propria abitazione (dove sono stati, peraltro, notificati i precedenti atti). La dife nelle conclusioni scritte per l’udienza cartolare in Corte di appello ha tempestivamente proposto la relativa eccezione. La Corte di appello non ha tenuto conto di tale tempestiva eccezione. Conseguentemente sussiste la nullità del giudizio per mancata notifica del decreto di citazione in appello all’imputata (S.U. n. 58120 del 2017).
2. Contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione all’elemento oggettivo e a quello soggettivo del reato di cui all’art. 5 d. Igs 74 del 2000.
La sentenza aderisce al ragionamento induttivo, per la ricostruzione del reddito, della Guardia RAGIONE_SOCIALE Finanza. La P.G. non aveva però considerato per il 2015 le fatture relative ai costi da detrarre. Per l’elemento soggettivo la sentenza evidenzia l’importo e l’interesse economico della ricorrente alla mancata presentazione delle dichiarazioni.
Contrariamente a quanto sostenuto assertivamente nella sentenza la ricostruzione dell’imponibile non è stata effettuata solo sulla base di documenti, ma soprattutto con presunzioni tributarie (non utilizzabili nel processo penale). La Corte di appello non valuta la documentazione attestante la sussistenza dei costi deducibili al fine dell’esatt determinazione dell’imponibile.
3. Violazione di legge (art. 597, terzo comma, cod. proc. pen.); violazione del principio del divieto di reformatio in pejus.
La Corte di appello ha applicato una pena accessoria più grave di quella stabilita nella precedente sentenza del 6 maggio 2021, poi annullata dalla Cassazione con la sentenza del 1 marzo 2021 n. 14535.
Nella precedente decisione del 1 marzo 2021 le pene accessorie erano state ridotte ad un anno, mentre nella sentenza oggi impugnata è stata confermata la durata di anni 2 della sentenza di primo grado. Il giudizio di rinvio si era instaurato solo per la mancata notifica al difensore del decreto di citazione e, conseguentemente, le statuizioni in punto di pena non potevano modificarsi, in maniera sfavorevole (in peggio) per l’imputato. Il divieto di reformatio in pejus opera anche nel giudizio di rinvio nel caso in cui la sentenza sia stata pronunciata a seguito di impugnazione proposta dal solo imputato (Sez. 4, n. 20337 del 2017).
Ha chiesto pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, e per genericità.
Sul primo motivo si deve osservare che non sussiste la prova dell’invio delle conclusioni alla Corte di appello (nelle quali era contenuta l’eccezione); infatti, l’allegato 4 al ricorso (le conclusioni datate 2 settembre 2022) non documentano nessun invio (o attestazione di deposito in cancelleria); del resto, la sentenza impugnata non riporta nessuna conclusione della difesa.
Conseguentemente l’eccezione di notifica irregolare non è stat proposta nel termine.
Il secondo motivo sull’elemento soggettivo ed oggettivo del reato risulta in fatto e generico limitandosi l’imputata a sostenere la deduzio costi che però omette di indicare specificamente. Sul dolo la Corte di app evidenzia come l’ammontare ingente della cifra evasa risulta sufficiente ritenere l’interesse specifico (al fine di evasione) alla mancata presenta della dichiarazione.
Manifestamente infondato anche il terzo motivo sulle pene accessorie in quanto la sentenza di annullamento della Cassazion (annullamento senza rinvio, peraltro) è intervenuta solo per un’omes notifica e la Corte di appello ha effettuato un nuovo giudizio senza potevano trovare applicazione le pene irrogate nella sentenza annulla (diversa valutazione di merito sul trattamento sanzionatorio). Ness vincolo avevano i giudici di appello su quanto fatto in precedenza considerazione dell’annullamento senza rinvio della precedente sentenza.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di C 3.000,00, e delle spese de procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favor della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/10/2023