Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31792 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31792 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nato a Torino il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato a Locri, (Rc) il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato in Brasile il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nata in Brasile il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 904/2023 della Corte di appello di Reggio Calabria del 31 maggio 2023;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e i ricorsi introduttivi; sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO; sentito il PM, in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di COGNOME e l’accoglimento dei restanti ricorso con il conseguente annullamento con rinvio della sentenza impugnata; sentiti, altresì, rispettivamente per il ricorrente COGNOME, l’AVV_NOTAIO COGNOME; del foro di Roma, per il ricorrente COGNOME, l’AVV_NOTAIO COGNOME, del foro di Roma, per la ricoryte NOME COGNOME, l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, del foro di Roma, e, per il ricrente COGNOME, l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME*, del foro di Torino, i quali hanno tutti insistito per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria, decidendo in sede di rinvio, anzi di secondo rinvio – dopo che questa Corte di cassazione aveva, una prima volta, con sentenza 9 maggio 2019, annullato con rinvio, la sentenza della citata Corte distrettuale del 28 aprile 2017, con la quale era stata, in parte, riformata la sentenza di primo grado emessa, in esito a giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, dal Gup del Tribunale reggino, in data 20 ottobre 2015, con la quale, per quanto ora interessa gli attuali ricorrenti erano stati condannati alla pena ritenuta di giustizia essendo stati ritenuti responsabili, principalmente, di una serie di reati, anche di carattere associativo, connessi al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, e dopo che, una seconda volta, questa stessa Corte, con sentenza del 25 maggio 2022, aveva annullato, escludendo la ricorrenza della circostanza aggravante della transnazionalità loro contestata in relazione a taluno dei reati loro ascritti, la sentenza emessa in data 16 dicembre 2020, con la quale la stessa Corte di Reggio Calabria, aveva provveduto, in sede di primo rinvio – ha rimodulato il trattamento sanzionatorio applicato a COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, condannando costoro, rispettivamente, i primi due alla pena di anni 10 e mesi 4 di reclusione, il terzo alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione e l’ultima alla pena di anni 4 di reclusione.
Hanno interposto ricorso per cassazione avverso la sentenza in discorso le difese dei predetti condannati, articolando motivi di impugnazione afferenti al solo trattamento punitivo.
NOME COGNOME NOME si è doluta, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, lamentando la circostanza che la Corte territoriale, la quale ha pur riconosciuto il fatto che l’apporto dato dalla ricorrente all’attuazione del programma associativo è stato minimo, ha, tuttavia, provveduto, in applicazione del disposto pronunziato dalla Corte di cassazione in sede di rinvio, con il quale era stato rimesso al giudice del rinvio l’intero tema della rideterminazione della pena da infliggere alla predetta, ad irrogare alla stessa una pena di anni 4 di reclusione che è stata calcolata diminuendo la pena base prevista quanto al reato associativo nella misura del minimo edittale per effetto della concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione ed operando la diminuzione per la scelta del rito, ma non tenendo in alcun conto, senza che di ciò fosse data giustificazione, la attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.
A sua volta COGNOME NOME si è doluto del fatto che la Corte territoriale – dopo che, con la sentenza oggetto del precedente annullamento con rinvio, le circostanze attenuanti generiche riconosciute in suo favore avevano determinato un abbattimento della pena detentiva da quella di anni 13 e mesi 4 di reclusione a quella di anni 9 di reclusione, cioè in misura di poco inferiore ad un terzo di quella – con la sentenza ora impugnata aveva calcolato la incidenza sulla pena in concreto delle attenuanti generiche diminuendo la pena da anni 10 di reclusione ad anni 6 e mesi 9 di reclusione, in tale modo violando, stante la minore incidenza favorevole delle predette attenuanti generiche, la regola del divieto di reformatio in pejus.
COGNOME NOME si è doluto del fatto che la Corte territoriale, nel ricalcolare la pena a suo carico ha applicato sulla pena base, quantificata in anni 10 di reclusione, la aggravante di cui all’art. 80 (recte: art. 80, comma 2) del dlgs n. 309 del 1990 nonché quella della transnazionalità, pervenendo, pertanto, ad una pena di anni 13 e mesi 4 di reclusione; sostiene, pertanto, il ricorrente che in tale modo operando la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto della sentenza emessa da questa Corte in data 25 maggio 2022, la quale aveva comportato l’avvenuto “scorporo” della aggravante della transnazionalità; ha, altresì, rilevato la ricorrente difesa che la motivazione della sentenza redatta dalla Corte territoriale, mancando di qualsiasi considerazione esplicativa ed in assenza di qualsiasi riferimento ai criteri legali, non consentirebbe di comprendere il ragionamento seguito per la determinazione della pena.
Venendo, da ultimo, al ricorso di COGNOME NOME, si rileva che questi ha lamentato la violazione di legge ed il vizio di motivazione che caratterizzerebbe la sentenza di appello in ordine alla rinnovata dosimetria sanzionatoria, calcolata senza considerare il corretto comportamento processuale del prevenuto, la ridotta intensità del dolo che ha caratterizzato il suo atteggiamento soggettivo e la modesta portata anche numerica delle sue condotte; in particolare il ricorrente si è doluto della determinazione dell’aumento di pena connesso alla continuazione per il reato a lui contestato sub A).
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi proposti, essendo risultati per ciascuno di essi manifestamente infondati o inammissibili i motivi posti a loro fondamento, debbono essere, conseguentemente dichiarati inammissibili.
Deve preliminarmente segnalarsi – trattandosi di elemento conoscitivo che consente di limitare l’ambito di verifica giudiziaria la cui esplorazione era stata demandata da parte della Sezione IV penale di questa Corte con la precedente sentenza di annullamento con rinvio n. 23132, deliberata in data 25 maggio 2022, i cui motivi sono stati depositati il successivo 14 giugno 2022 – che in occasione del precedente annullamento con rinvio, la sentenza allora oggetto di impugnazione fu annullata, quanto alle posizioni che ora interessano, in quanto la Corte di legittimità ritenne che, in sede di precedente sentenza rescissoria, la Corte di appello di Reggio Calabria, con la decisione da essa assunta in data 16 dicembre 2020, aveva malamente applicato il principio di diritto pronunziato dalla Sezione III penale di questa Corte allorché, con sentenza n. 36381 del 9 maggio 2019, i cui motivi sono stati depositati il successivo 23 agosto 2019 (sentenza poi doppiata a causa dell’avvenuto stralcio della posizione di taluno degli imputati ricorrenti, da altra decision sempre della III Sezione penale n. 10081 del 21 novembre 2019, i cui motivi sono stati depositati il successivo 16 marzo 2020), aveva annullato la precedente sentenza emessa in data 28 aprile 2017 dalla Corte reggina; in particolare fu, nell’occasione osservato dalla IV Sezione penale di questa Corte che, la Corte territoriale aveva obliterato il principio secondo il quale ost all’applicazione della circostanza aggravante della transnazionalità “l’ipotesi che l’associazione abbia sue articolazioni periferiche in altri Stati od anche l’ipote che parte dei sodali della stessa consorteria operino all’estero”.
La Corte di cassazione, avendo riscontrato il fatto che la Corte di merito, in tal senso violando il principio di diritto che era stato in precedenza formulato, aveva ritenuto ricorrere la aggravante della transnazionalità sebbene fosse risultata “l’acclarata appartenenza ai sodalizi (…di cui alle imputazioni mosse agli imputati nei giudizi che ora interessano… ndr) di soggetti pacificamente operanti all’estero” ha, disposto l’annullamento della sentenza emessa in sede di rinvio dalla Corte distrettuale calabrese “limitatamente alla circostanza aggravante della transnazionalità applicata a COGNOME NOME, COGNOME NOME, (…) COGNOME NOME (…) e COGNOME (recte: NOME, ndr) COGNOME NOME in relazione ai reati loro rispettivamente contestati ai capi A) e D), circostanza aggravante che esclude, e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio”.
Deve, pertanto, concludersi – quanto al margine operativo che era stato assegnato in sede rescindente alla Corte territoriale calabrese – che spettava alla medesima di verificare in quali limiti l’avvenuta esclusione della predetta
circostanza aggravante dai due reati di cui alle lettere A) e D) del capo di imputazione, avrebbe dovuto incidere in termini di rimodulazione del trattamento sanzionatorio da infliggere ai prevenuti.
Chiarito quanto sopra si osserva, in relazione al ricorso proposto da COGNOME NOME, che lo stesso è chiaramente inammissibile, posto che il ricorrente, in termini del tutto generici, si è complessivamente doluto della dosimetria penale ritenuta congrua, quanto alla sua posizione, dalla Corte reggina, senza in alcun modo fare riferimento alla incidenza che sulla stessa aveva avuto la avvenuta esclusione della aggravante in discorso.
Venendo alla impugnazione presentata da NOME COGNOME, è sufficiente osservare, onde rilevare la inamnnissibilità della medesima stante la sua manifesta infondatezza, che con la stessa la difesa della impugnante si è lamentata del fatto che la Corte territoriale non abbia considerato, fra gli elementi idonei a determinare un abbattimento della pena da irrogare in concreto a suo carico, la ricorrenza della attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.; deve, tuttavia, osservarsi che la ricorrenza di tale attenuante correttamente non è stata oggetto di alcun riconoscimento in sede giudiziale, posto che la Corte di appello di Reggio Calabria – la quale ha pur parlato del “minimo apporto” della ricorrente alla associazione per cui è processo – ha fatto puntuale applicazione del principio giurisprudenziale secondo il quale la circostanza attenuante della minima partecipazione al fatto non è compatibile con i reati associativi, ivi comprese le ipotesi di associazione finalizzata al traffico d stupefacenti (cfr.: Corte di cassazione, Sezione I penale, 24 febbraio 2021, n. 7188, rv 280804; nonché, nello specifico senso ora rilevante: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 13 aprile 2011, n. 15086, rv 249911).
Coerentemente con tale irnpostazione, pertanto, la Corte di Reggio Calabria ha considerato che la modestissima incidenza causale della partecipazione della donna al programma associativo del sodalizio di cui alla contestazione mossa alla stessa ha consentito solo di contenere entro il minimo edittale la pena a lei irrogata e di riconoscere alla stessa, esclusa la aggravant della transnazionalità, le attenuanti generiche, si da contenere la pena a suo carico in quella di anni 4 di reclusione.
Venendo al ricorso di COGNOME NOME, la sua censura attiene al fatto che – violando, secondo la ricorrente difesa, il mandato conferito in sede rescindente dalla Corte di cassazione alla Corte calabrese – questa avrebbe, nel computo della pena da irrogare a carico del COGNOME, “nuovamente computato (…) la circostanza aggravante della transnazionalità”; l’argomento, sebbene
suggestivo, si fonda su di un presupposto errato in fatto e tale, pertanto, da travolgere irrimediabilmente la congruità dello stesso.
Come, infatti, è stato già dianzi evidenziato, la sentenza n. 23132 del 2022 di questa Corte ha annullato – senza che il dato materiale sia stato oggetto di un qualche rilievo censorio da parte delle difese degli attuali ricorrenti – l sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 16 dicembre 2020 “limitatamente alla circostanza aggravante della transnazionalità applicata” al ricorrente COGNOME “in relazione ai reati (…) contestati ai capi A) e D)”.
Come è agevole verificare esaminando le cóntestazioni penali mosse al COGNOME a carico di questo, la natura transnazionale del reato era stata contestata, unitamente a quella della ingente quantità, anche per ciò che attiene anche al punto E) del capo di imputazione, in relazione al quale la citata sentenza rescindente della Corte di cassazione nulla aveva statuito.
Deve, pertanto, ritenersi che, in ordine a tale capo di imputazione, la aggravante oggetto di contestazione non era stata oggetto di annullamento; correttamente, di conseguenza, la Corte territoriale la ha computata in sede di determinazione della pena in concreto.
Va, peraltro, osservato che, avendo la Corte di Reggio Calabria applicato complessivamente per le due citate aggravanti (la seconda delle quali, quella della ingente quantità, prevede da sola un aumento di pena rispetto a quella base nella misura che va dalla metà a due terzi) un aumento pari, invece, ad un terzo della pena base (infatti, calcolata questa in 10 anni di reclusione l’aumento per le due aggravanti di cui sopra è stato, infatti, di 3 anni e 4 mesi), l’eventuale eliminazione della aggravante della transnazionalità non determinerebbe alcun effetto positivo in termini sostanziali di dosimetria penale, essendo stata la pena già quantificata in misura inferiore rispetto a quella che la sola efficacia della aggravante della ingente quantità, non oggetto di impugnazione, avrebbe determinato.
Venendo, infine alla impugnazione di COGNOME NOME si rileva che la stessa è sviluppata sotto il versante della ritenuta violazione del principio de divieto di reformatio in pejus; ritiene, infatti, il ricorrente che la Corte di appello di Reggio Calabria nel rideterminare, a seguito della avvenuta esclusione della aggravante della transnazionalità, la pena a suo carico in complessivi anni 4 e mesi 6 di reclusione (a fronte dalla precedente pena di anni 6 di reclusione) avrebbe violato l’art. 597 cod. proc. pen.; l’argomento a tal fine speso dal ricorrente è, tuttavia fallace; egli, infatti, rileva che la precede
determinazione della pena (operata nei termini che seguono: pena base anni 10 di reclusione, aumentata di anni 3 e mesi 4 di reclusione per effetto della transnazionalità, diminuita stante la incidenza delle riconosciute attenuanti generiche ad anni 9 di reclusione, ulteriormente diminuita ad anni 6 per effetto della scelta del rito abbreviato), aveva visto le attenuanti generiche agire sulla pena in modo tale da determinarne una diminuzione in misura pari quasi al massimo possibile di un terzo di essa (precisa il ricorrente la diminuzione della pena detentiva derivante dall’attenuante de qua è stata applicata in misura di 1 mesi e 10 giorni inferiore al massimo possibile); in occasione della determinazione della pena fatta dalla Corte di Reggio Calabria con la sentenza ora in esame la pena finale, pari come detto ad anni 4 e mesi 6 di reclusione (cui si è giunti attraverso il seguente calcolo: pena base anni 10 di reclusione, diminuita per effetto delle attenuanti generiche a anni 6 e mesi 9 di reclusione, ulteriormente ridotta alla pena in concreto irrogata per effetto della scelta del rito), sarebbe stata determinata in violazione della dianzi citata regola in quanto la incidenza delle attenuanti generiche, che in precedenza aveva visto, come detto, uno scarto fra la massima possibile diminuzione e quella concretamente operata pari a mesi 1 e giorni 10 di reclusione, aveva ora visto tale scarto dilatarsi, con effetto ritenuto deteriore in ordine alla determinazione della pena irrogata a carico dell’imputato, sino a mesi 5 di reclusione.
Questo essendo in sintesi il ragionamento del ricorrente se ne ribadisce, pur nella sua apparente suggestività, la fallacia.
In disparte, in quanto ora non decisivo, il tema, controverso, legato alla possibilità di dedurre la violazione del principio della reformatio in pejus solo nel caso, che qui non ricorrerebbe, in cui la pena concretamente risultante sia maggiore di quella precedentemente irrogata (cfr. Corte di cassazione, Sezione Il penale, 22 febbraio 2024, n. 7966, rv 286001; Corte di cassazione, Sezione V pernale, 14 maggio 2020, n. 15130, 2v 279086) oppure anche laddove, pur applicando una pena complessivamente minore della precedente, risulti modificato, in termini deteriori, uno degli “addendi” che era stato computato per la determinazione della pena finale (Corte di cassazione, Sezione II penale, 22 febbraio 2022, n. 6043, rv 282628; Corte di cassazione, Sezione V penale, 16 settembre 2021, n. 34497, rv 281831), si osserva che in questo caso la doglianza ruota intorno alla incidenza proporzionale che l’avvenuto riconoscimento delle attenuanti generiche in favore del COGNOME ha avuto sulla pena da irrogare in concreto.
Deve ritenersi che possa intendersi violativa del principio del divieto di reformatio in pejus non tanto la ipotesi della minore incidenza “numerica” che sul calcolo della pena, ove sia stata modificata la base di calcolo, abbia avuto il riconoscimento di una attenuante, quanto la variazione della incidenza proporzionale di essa sulla pena per come determinata prima della applicazione della attenuante.
Si vuole con ciò intendere, per rendere l’esempio palese nella sua evidenza, che, laddove la pena base sia stata determina, per avventura, in anni 9 di reclusione e la applicazione della circostanza attenuante (che si tratti d attenuanti generiche, come nel presente caso, ovvero di altra attenuante comune poco importa), abbia determinato la riduzione della pena nella massima estensione possibile, sino ad anni 6 di reclusione, nel caso in cui, in sede di gravame, la pena base sia stata rimodulata in anni 8 di reclusione, risulterà violata la regola del divieto di reformatio in pejus non nel caso in cui la pena in concreto, una volta computata la riduzione per la già riconosciuta circostanza attenuante sarà superiore ad anni 5 di reclusione (abbattendo cioè la pena base di 3 anni, come in precedenza verificatosi), ma ove la stessa fosse superiore’ad anni 5 e mesi 4 di reclusione, atteso che solo in questo caso la incidenza della attenuante in discorso sulla pena base sarebbe inferiore alla incidenza proporzionale che essa aveva avuto, in precedenza, sulla più alta pena base anteriormente individuata.
Diversamente, per evidenziare gli effetti evidentemente paradossali cui un diverso modo di intendere il rispetto del principio in discorso condurrebbe, si segnala che – se in un processo, come peraltro è quello ora in esame, che si sia svolto nelle forme del rito abbreviato – l’eventuale diminuzione in grado di appello della pena base, dovendo essere questa abbattuta per la scelta del rito, si dovesse tenere ferma non la proporzione dell’abbattimento rispetto alla pena base ma la sua incidenza numerica, la riduzione da operare, dovendone mantenere ferma la sua entità, risulterebbe essere superiore alla misura del terzo della pena che, per i delitti, il legislatore ha invece, inderogabilment fissato.
Ora, applicando il principio ora esposto alla presente fattispecie, si rileva che la incidenza delle attenuanti generiche sulla pena di anni 13 e mesi 4 di reclusione, che ne aveva determinato la sua riduzione ad anni 9 di reclusione, è, proporzionalmente, esattamente la stessa che, nella sentenza ora censurata, la Corte di appello di Reggio Calabria ha ritenuto di applicare riducendo, per
effetto delle attenuanti generiche, la pena base di 10 anni di reclusione a quella di anni 6 e mesi 9 di reclusione.
Nessuna violazione della regola di cui all’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. è, pertanto, riscontrabile nella determinazione della pena operata dalla Corte di Reggio Calabria con la sentenza impugnata in danno di COGNOME NOME, la cui impugnazione, risultante manifestamente infondata, va, del pari delle precedenti, dichiarata inammissibile.
Considerate le pronunzie di cui sopra, e visto l’art. 616 cod. proc. pen., i ricorrenti vanno, pertanto, condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente