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Reformatio in pejus: pena più grave annullata

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d’appello che aveva aumentato la pena a un imputato durante un giudizio di rinvio. La decisione riafferma il principio del divieto di reformatio in pejus, stabilendo che la pena non può essere peggiorata se l’impugnazione è stata proposta solo dall’imputato, anche attraverso successivi gradi di giudizio.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reformatio in Pejus nel Giudizio di Rinvio: la Cassazione Annulla l’Aumento di Pena

Il principio del divieto di reformatio in pejus è un cardine del nostro sistema processuale penale, posto a tutela del diritto di difesa dell’imputato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 29976/2024) ha ribadito con forza l’applicazione di questa regola, anche nelle complesse dinamiche del giudizio di rinvio. La Corte ha annullato la decisione di una Corte d’Appello che aveva irrogato una pena più severa rispetto a quella determinata in un precedente giudizio, violando così un limite invalicabile.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un imputato condannato per una serie di reati, tra cui tentata estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, ricettazione e furto aggravato. A seguito di un annullamento con rinvio da parte della Cassazione, la Corte d’Appello di Brescia aveva rideterminato la pena in 3 anni, 3 mesi e 10 giorni di reclusione, oltre a 960,00 euro di multa.

Tuttavia, la difesa dell’imputato ha presentato un nuovo ricorso, evidenziando come una precedente sentenza, emessa da un’altra sezione della stessa Corte d’Appello, avesse fissato una pena più mite: 3 anni, 1 mese e 10 giorni di reclusione e 866,00 euro di multa. Si configurava, quindi, un palese peggioramento del trattamento sanzionatorio, in violazione del divieto di reformatio in pejus.

L’Incompatibilità del Giudice: un Motivo Respins

Prima di affrontare la questione principale, la difesa aveva sollevato un’eccezione relativa all’incompetenza funzionale del collegio giudicante. Sosteneva che, avendo la stessa sezione già deciso in precedenza sulla vicenda, avrebbe dovuto astenersi e rimettere il caso a un’altra Corte.

La Cassazione ha respinto questo motivo. Ha chiarito che l’incompatibilità del giudice, prevista dall’art. 34 del codice di procedura penale, non è una causa di nullità della sentenza. È una condizione che deve essere fatta valere dalla parte interessata attraverso lo strumento specifico dell’istanza di ricusazione, entro precisi termini. In assenza di tale istanza, la composizione del collegio non può essere contestata e la sentenza rimane valida.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla Reformatio in Pejus

Il cuore della decisione risiede nell’accoglimento del secondo motivo di ricorso. La Suprema Corte ha ribadito che il divieto di reformatio in pejus opera anche nel giudizio di rinvio e si estende a tutti gli eventuali e ulteriori giudizi successivi.

Il principio è chiaro: quando si confrontano le sentenze emesse a seguito dell’impugnazione del solo imputato, deve sempre prevalere l’esito più favorevole per quest’ultimo. La Corte d’Appello, nel rideterminare la pena nel 2022, non poteva ignorare la sentenza più mite del 2020 e irrogare una sanzione più pesante. Questo limite non può essere superato, a meno che non vi sia una specifica impugnazione del Pubblico Ministero mirata proprio ad un aumento di pena.

La Corte ha specificato che l’unico caso in cui il divieto non opera è quello di annullamento per nullità assolute o intermedie non sanate, circostanza che non ricorreva nel caso di specie. Pertanto, la pena inflitta era illegittima perché peggiorativa.

Conclusioni: La Tutela dell’Imputato nel Processo di Appello

Con questa pronuncia, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio. Ha quindi rideterminato direttamente la pena nella misura più favorevole all’imputato (3 anni, 1 mese, 10 giorni di reclusione e 866,00 euro di multa), ponendo fine alla vicenda.

La decisione rafforza la garanzia fondamentale che impedisce all’imputato di vedere la propria situazione aggravata per il solo fatto di aver esercitato il proprio diritto di impugnazione. Si tratta di una tutela imprescindibile per assicurare un processo equo e per non scoraggiare il ricorso ai mezzi di gravame previsti dalla legge.

Quando si viola il divieto di reformatio in pejus?
Si viola quando, a seguito della sola impugnazione dell’imputato, il giudice del grado successivo (in questo caso, del giudizio di rinvio) infligge una pena più grave rispetto a quella più favorevole già stabilita in una precedente sentenza di appello.

L’incompatibilità di un giudice che ha già deciso sullo stesso caso rende la sentenza nulla?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’eventuale incompatibilità del giudice non è causa di nullità della sentenza, ma deve essere eccepita dalla parte interessata tramite un’apposita istanza di ricusazione entro i termini previsti dalla legge.

Il divieto di reformatio in pejus vale anche nei giudizi di rinvio successivi al primo?
Sì. La Corte ha confermato che il divieto si estende a tutti gli eventuali e ulteriori giudizi di rinvio. La comparazione tra le pene deve essere sempre fatta per garantire all’imputato il trattamento sanzionatorio meno deteriore tra quelli intervenuti a seguito della sua esclusiva impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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