Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33805 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33805 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LEGNAGO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/01/2025 della CORTE di APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla statuizione concernente la dosimetria della pena e il mancato riconoscimento delle generiche, con rinvio; udito l’AVV_NOTAIO per NOME, che ha concluso associandosi alla richiesta del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e insistendo nei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 17 gennaio 2025 la Corte d’Appello di Milano, giudicando in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, che aveva annullato la sentenza impugnata limitatamente alla condanna resa con riguardo al reato di cui al capo 2), in parziale riforma della sentenza emessa il 16 dicembre 2021 dal Tribunale di Sondrio, appellata dall’imputato COGNOME NOME, rideterminava la
pena allo stesso inflitta in annd uno, mesi otto e giorni venti di reclusione, nonché l’ammontare della provvisionale.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo di doglianza, con il quale deduceva inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 593, comma 3, 609, comma 2, e 627 cod. proc. pen., per avere la Corte d’Appello, in qualità di giudice del rinvio e in violazione del divieto della reformatio in pejus, applicato una pena superiore a quella divenuta definitiva a seguito del passaggio in giudicato delle statuizioni contenute nella sentenza parzialmente annullata e relative ai capi 1) e 3) dell’imputazione.
Assumeva, in particolare, che la pena finale, quantificata in anno uno, mesi otto e giorni venti di reclusione, applicata in relazione ai reati di cui ai capi 1) 3), era superiore a quella, di anno uno e mesi otto di reclusione, applicata dalla sentenza oggetto di parziale annullamento in relazione a tutti e tre i capi di imputazione contestati e contrassegnati dai numeri 1), 2) e 3), ciò in evidente violazione del divieto di reformatio in pejus sancito dall’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., non avendo considerato, la Corte territoriale, la riduzione di pena applicata in ragione delle già concesse circostanze attenuati generiche.
Deduceva, inoltre, che il dispositivo della sentenza impugnata era errato in quanto non conteneva la statuizione relativa all’assoluzione dell’imputato dal reato di cui al capo 2) per insussistenza del fatto e chiedeva che la Corte adite provvedesse in conseguenza, ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen.
In data 15 maggio 2025 la parte civile RAGIONE_SOCIALE depositava memoria illustrativa, nota di conclusioni e nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Con la sentenza resa il 9 novembre 2023 la Corte d’appello di Milano aveva applicato la pena di anno uno e mesi otto di reclusione in relazione ai reati di cui ai capi 1), 2) e 3), unificati per la continuazione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte di Cassazione aveva annullato la sentenza della Corte territoriale limitatamente al reato di cui al capo 2), rinviando ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano per nuovo giudizio su tale capo.
La Corte di merito, giudicando in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, con la sentenza impugnata, dopo aver dato conto delle ragioni per le quali l’imputato doveva essere assolto dal reato di cui al capo 2) ha applicato la pena di anni uno, mesi otto e giorni venti di reclusione in relazione ai reati di cui ai capi 1) e 3) dell’imputazione, così determinata: pena base, ritenuto più grave il reato di cui al capo 1), anni due e mesi quattro di reclusione, aumentata ad anni due e mesi sette di reclusione per la continuazione con i reati di cui al capo 3), come sopra ridotta per il rito.
Risulta evidente la violazione di legge processuale denunciata, avendo la Corte d’Appello applicato, in relazione ai reati di cui ai capi 1) e 3), una pena (anno uno, mesi otto e giorni venti di reclusione) superiore a quella (anno uno e mesi otto di reclusione) applicata con la precedente sentenza, parzialmente annullata, in relazione ai reati di cui ai capi 1), 2) e 3), in tal modo violando i principio del divieto di reformatio in pejus.
L’errore in cui è incorsa la Corte di merito deriva dal fatto che, con la sentenza impugnata, non è stata applicata la riduzione di pena in ragione delle circostanze attenuanti generiche concesse con la precedente sentenza del 9 novembre 2023 con statuizione ormai definitiva, non essendo stata fatta oggetto di annullamento da parte della Corte di Cassazione.
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, e la pena deve essere rideterminata, ripercorrendo il calcolo effettuato dalla Corte territoriale e applicando la riduzione in ragione delle concesse circostanze attenuanti generiche, in anno uno, mesi due e giorni venti di reclusione, così determinata: pena base, ritenuto più grave il reato di cui al capo 1), anni due e mesi quattro di reclusione, ridotta ex art. 62-bis cod. pen. ad anno uno e mesi sette di reclusione, aumentata per la continuazione per i reati di cui al capo 3) ad anno uno e mesi dieci di reclusione, ridotta per il rito ad anno uno, mesi due e giorni venti di reclusione.
Con la medesima sentenza la Corte territoriale ha dato conto, nella motivazione, delle ragioni per le quali l’imputato doveva essere assolto dal reato di cui al capo 2), omettendo tuttavia, per errore materiale, di riportare nel dispositivo la relativa statuizione assolutoria.
Ai sensi dell’art. 130 cod. pen. deve, pertanto, essere disposta la correzione dell’errore materiale per omissione contenuto nel dispositivo della sentenza della Corte d’Appello d Milano del 17 gennaio 2025 nel senso che, prima della
parola “ridetermina, deve essere indicato “assolve l’imputato dal reato di cui al capo 2) perché il fatto non sussiste”; la cancelleria provvederà alle relative annotazioni negli originali.
Non deve, infine, farsi luogo alla liquidazione delle spese processuali in favore della parte civile RAGIONE_SOCIALE, dovendosi considerare che secondo il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, condiviso da questo Collegio, non è consentito l’intervento della parte civile nel giudizio di cassazione avente per oggetto esclusivamente il trattamento sanzionatorio (è il caso di specie) o la confisca dei beni degli imputati, in quanto tali questioni non possono avere alcuna incidenza sugli interessi civili e, nel caso in cui l’intervento sia comunque avvenuto, non possono porsi a carico dell’imputato le relative spese (v., ex multis, Sez. 1, n. 51166 del 11/06/2018, Gatto, Rv. 274935 – 01).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, rideterminando la pena in anni 1 mesi 2 e gg. 20 di reclusione. Dispone la correzione dell’errore materiale per omissione contenuto nel dispositivo della sentenza della Corte di Appello di Milano del 17.1.2025 nel senso che, prima della parola “ridetermina” deve essere indicato “assolve l’imputato dal reato di cui al capo 2) perché il fatto non sussiste”. Manda alla cancelleria per le annotazioni sugli originali. Nulla per le spese di parte civile. Così deciso il 10/06/2025