Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14557 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14557 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME 01BMYR5 nato il 26/01/1982
avverso la SENTENZA del 09/09/2024 del GIUDICE di COGNOME di ROMA
lette le conclusioni del Procuratore generale in persona del sostituto COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento gravato, limitatamente al trattamento sanzionatorio, da rideterminarsi in 2000 euro di multa. Nel resto, chiede dichiararsi inammissibile il visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 12 ottobre 2023 il Giudice di pace di Roma ha dichiarato NOME COGNOME di nazionalità albanese, responsabile del reato previsto dall’art. 14, comma 1-bis, d.lgs., 25 luglio 1998, n. 286 e, per l’effetto, lo ha condannato alla pena di 3.000,00 di multa.
1.1. Avverso la predetta sentenza, aveva proposto ricorso per cassazione l’imputato deducendo che la richiesta di proscioglimento ai sensi dell’art. 34 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, formulata in sede di conclusioni, non aveva ricevuto alcuna risposta nella sentenza impugnata.
1.2. Con sentenza n. 14667/2024, la Prima sezione penale di questa Corte ha annullato la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio sulla richiesta difensiva di proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 34 cit.
1.3. All’esito del giudizio di rinvio, con la sentenza impugnata, il Giudice di pace di Roma ha confermato la decisione di prime cure, dichiarando l’imputato colpevole del reato a lui ascritto, non ravvisando la causa di non punibilità di cui all’art. 34 del D. Lgs. 274/2000 e, riconosciute le attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di 3000 euro multa.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con il ministero del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME il quale si affida a quattro motivi.
2.1. Con i primi due, denuncia erronea applicazione dell’art. 197 cod. proc. pen. in ordine alla valutazione delle prove, e correlati vizi della motivazione.
Posto che, ad NOME COGNOME si contesta il reato previsto dall’art. 14, comma 1-bis, d.lgs., 25 luglio 1998, n. 286, per non essersi presentato presso l’Ufficio immigrazione della Questura, nei giorni e nell’orario stabiliti con ordine del Questore in data 1 novembre 2018, in tal modo contravvenendo alla misura dell’obbligo di presentazione a cui era sottoposto, sostiene il ricorrente che la sentenza impugnata fonderebbe il disconoscimento della particolare tenuità su un travisamento delle prove. In tale prospettazione, il Giudice a quo avrebbe preso a riferimento fatti mai emersi nel dibattimento, costituiti dalla circostanza che il ricorrente si era trattenuto illegalmente nel territorio dello Stato quanto meno dal 2018 al 2023, “senza averne titolo né passaporto o documento di identità o equipollente”( pg. 4 della sentenza impugnata). Invero, si evidenzia, non è mai emerso nel dibattimento la protrazione della permanenza in Italia, mentre è palesemente infondata l’altra circostanza, dal momento che, con il provvedimento del Questore del 1.11.2018, di sottoposizione alla misura alternativa, veniva ordinata all’imputato la consegna del passaporto. In ogni caso, la sentenza impugnata non ha motivato in merito agli elementi positivamente apprezzabili ai fini del riconoscimento della speciale tenuità del fatto.
2.2. Con il terzo motivo è dedotta violazione del divieto di reformatio in pejus di cui all’art. 597 co. 3 in correlazione con l’art. 627 cod. proc. pen. Invero, erroneamente, la sentenza impugnata, riferendosi a quella del Giudice di pace annullata dalla Corte di cassazione, ha dato atto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in quella sede, invero, concesse solo nel secondo giudizio di merito, con la sentenza impugnata, la quale, però, pur giungendo alla medesima pena finale (di euro 3000 di ammenda) per effetto della diminuzione ai sensi dell’art. 62-bis cod. pen., ha considerato una pena base più elevata di quella oggetto del primo giudizio.
2.3. Con un ultimo motivo, ci si duole del vizio di motivazione relativo al trattamento sanzionatorio, in quanto la sentenza impugnata non fa menzione delle ragioni del significativo discostamento dal minimo edittale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.E’ fondato il terzo motivo di ricorso, afferente al trattamento sanzionatorio, per cui la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, previa rideterminazione della pena. Nel resto, il ricorso è infondato e va rigettato.
Con i primi due motivi del ricorso in esame, il ricorrente si duole della mancata applicazione dell’art. 34 del D. Lgs. 274/2000.
2.1. Il motivo è manifestamente infondato, non confrontandosi il ricorrente con le ragioni della decisione, nella parte in cui esclude l’applicazione della causa di non punibilità con motivazione logica e non contraddittoria, incentrando la valutazione su un fatto oggettivamente non modesto, sia per la durata della violazione dell’obbligo di presentazione all’ufficio di forza pubblica territorialmente competente (dal 2018 al 2023), tanto che l’imputato era stato addirittura dichiarato irreperibile con decreto del 10.10.2019, sia per non avere ravvisato l’esistenza di condizioni di pregiudizio per l’imputato, per le esigenze di studio, di famiglia o di salute, peraltro mai dedotte dal ricorrente.
( 2.2. Le Sezioni Unite COGNOME hanno insegnato che il giudizio sulla tenuità del fatto richiede una valutazione complessa che ha a oggetto le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133 cod.pen. primo comma, richiedendosi una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, e non solo di quelle attinenti alla entità dell’aggressione de bene giuridico protetto, e tanto sul fondamentale rilievo che il disvalore penale del fatto per assegnare allo stesso l’attributo della particolare tenuità, dipende dalla concreta manifestazione del reato, che ne segna perciò il disvalore. Il massimo consesso di legittimità ha rilevato che l’art. 131-bis cod.pen. fa riferimento testuale alle modalità della condotta, per inferirne che tale disposizione non si interessa tanto della condotta tipica, bensì ha riguardo alle modalità di estrinsecazione del comportamento, anche in considerazione
delle componenti soggettive della condotta stessa, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Occorre pertanto avere riguardo – ai fini della applicabilità della causa di non punibilità – al fatto storico, alla situazione reale e irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente, perchè non è in questione la conformità al tipo ( la causa di non punibilità presuppone un fatto conforme al tipo e offensivo ma il cui grado di offesa sia particolarmente tenue tanto da non richiedere la necessità di pena), bensì l’entità del suo complessivo disvalore e questo spiega il riferimento alla connotazione storica della condotta nella sua componente oggettiva e soggettiva.( Sez. U. n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266590). Pertanto, il giudizio finale di particolare tenuità dell’offesa postula necessariamente la positiva valutazione di tutte le componenti richieste per l’integrazione della fattispecie, sicchè i criteri indicati nel primo comma dell’art. 131-bis cod.pen. sono cumulativi quanto al giudizio finale circa la particolare tenuità dell’offesa ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità, e alternativi quanto al diniego, nel senso che l’applicazione della causa di non punibilità in questione è preclusa dalla valutazione negativa anche di uno solo di essi ( infatti , secondo il tenore letterale dell’art. 131-bis cod.pen. nella parte del primo comma qui rilevante, la punibilità è esclusa quando per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa è di particolare tenuità. ( Sez. 3 n. 893 del 28/06/2017, Rv. 272249; Sez. 6 n. 55107 del 08/11/2018, Rv. 274647; Sez. 3 n. 34151 del 18/06/2018, Rv. 273678). Questo comporta che l’eccezione alla regola della affermazione della penale responsabilità per un fatto di rilievo penale rimasto provato, dipende dalla formulazione di un giudizio pieno e completo che tenga conto del positivo vaglio di tutte le evenienze indicate dal legislatore. Quando la disamina di una soltanto di queste sia negativa per l’imputato, non occorre procedere oltre nella verifica (Sez. 5, n. 7573 del 02/12/2004 – dep. 2005, Subramanian, Rv. 230811 – 01); invece, quando il vaglio di tutti gli elementi citati dal legislatore faccia ritenere che si versi in tema di fatto oggettivamente e soggettivamente assai modesto, e sempre che non risulti la contraria volontà della persona offesa, il giudice emette la sentenza prevista dall’art. 34. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3. Il terzo motivo è inammissibile. La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla
gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, Sentenza n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243)
Come premesso è fondato il terzo motivo, con il quale è denunciata la violazione dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen..
4.1. In primo luogo, il Giudice di pace, nella sentenza impugnata, è incorso nell’errore di confermare il riconoscimento delle attenuanti generiche (cfr. pagina 2 della sentenza), scontrandosi con la opposta valutazione del primo giudice, che le aveva negate.
4.2. In più, nel riformulare il trattamento sanzionatorio, il Giudice di pace si è determinato in violazione del divieto di reformatio in pejus, sancito dall’art. 597 co. 3 cod. proc. pen., individuando, inammissibilmente, una pena base (euro 4500,00 di multa) superiore a quella fissata dal primo giudice ( euro 3000). Il Giudice a quo, infatti, era vincolato alla pena base individuata dal primo giudice pari a euro 3000.
4.3. Le Sezioni unite, con la sentenza ‘Morales’ (Sez. U n. 40910 del 27/09/2005, Rv. 232066), ponendosi espressamente in linea con le sentenze Sez. U, n. 4460 del 19/01/1994, COGNOME, Rv. 196894 e Sez. U, n. 5978 del 12/05/1995, COGNOME, Rv. 201034, hanno ribadito che il divieto di reformatio in peius si riferisce non solo alla pena complessiva, ma anche ai singoli elementi che la compongono.
La sentenza ‘COGNOME‘ ha operato la seguente ricostruzione sistematica:
l’appello del Pubblico Ministero attribuisce al giudice gli ampi poteri decisori delineati nell’art. 597 comma 2 cod. proc. pen.,
a norma dell’art. 597 comma 3, invece, ove il gravame sia proposto solo dall’imputato, opera il divieto di reformatio in peius. In tal caso, infatti, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, né applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l’imputato con formula meno favorevole e revocare benefici, mentre può, in ossequio al tradizionale canone iura novit curia, dare al fatto una qualificazione giuridica diversa e più grave, purché non siano superati i limiti di competenza per materia del giudice di primo grado;
l’art. 597 comma 4 non solo conferma il divieto di “reformatio in peius”, ma ne rafforza l’efficacia sotto il profilo del contenuto, stabilendo che, se viene accolto l’appello dell’imputato, relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati dalla continuazione, la pena complessiva irrogata deve essere “corrispondentemente” diminuita.
– la medesima sentenza ‘COGNOME‘ ha osservato che il divieto di “reformatio in peius” investe anche i singoli elementi che compongono la pena complessiva e riguarda non solo il risultato finale di essa, ma tutti gli elementi del calcolo: «la disposizione contenuta nel quarto comma dell’art. 597 individua, come elementi autonomi, pur nell’ambito della pena complessiva, sia gli aumenti o le diminuzioni apportati alla pena base per le circostanze, sia l’aumento conseguente al riconoscimento del vincolo della continuazione, con conseguente obbligo di diminuzione della pena complessiva, in caso di accoglimento dell’appello in ordine alle circostanze o al concorso di reati, anche se unificati per la continuazione».
4.4. Come hanno poi chiarito le Sezioni Unite con successivo arresto, il dictum della sentenza ‘Morales’ opera solo nella ipotesi in cui il giudice dell’appello o del rinvio sia chiamato a giudicare della stessa sequenza di reati posti nella medesima relazione, giacché, in tal caso, rinviene adeguata giustificazione la preclusione a non rivedere in termini peggiorativi non soltanto l’esito finale del meccanismo normativo di quantificazione del cumulo, ma anche i singoli parametri di commisurazione di ciascun segmento che compone quel cumulo, non viola il divieto di “reformatio in peius” previsto dall’art. 597 cod. proc. pen. Cosicchè, non viola il divieto in questione il giudice dell’impugnazione che, quando muta la struttura del reato continuato (come avviene se la regiudicanda satellite diviene quella più grave o cambia la qualificazione giuridica di quest’ultima), apporta per uno dei fatti unificati dall’identità del disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, pur non irrogando una pena complessivamente maggiore ( Sez. Un. n. 16208 del 27/03/2014, C., Rv. 258653; conf. Sez. 2, n. 48538 del 21/10/2022, Rv. 284214). Di contro, quando i parametri di raffronto si modificano, il principio delle Sezioni Unite ‘Morales’ non è più applicabile. Ciò accade non solo nell’ipotesi di mutamento della struttura del reato continuato (cfr. Sez. U, n. 16208 del 2014, cit.; da ultimo negli stessi termini Sez. Sez. 1, n. 26645 del 10/04/2019, NOME COGNOME, Rv. 276196), ma anche, ad esempio, nell’ipotesi di diversa qualificazione giuridica del fatto in termini più favorevoli all’imputato (cfr. Sez. 5, n. 41188 del 10/07/2014, COGNOME, Rv. 261034; Sez. 2, n. 33563 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 267858; Sez. 5, n. 1281 del 12/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274390). «In tali casi, pertanto, l’unico elemento di confronto non può che essere rappresentato dalla pena finale, dal momento che è solo questa che “non deve essere superata” dal giudice del gravame: esattamente come non potrebbe comunque essere superata una pena determinata dal primo giudice in nnitius, anche se «contra legem» (Sez. U n. 16208 del 27/03/2014, C., in motivazione). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.5. Calando tali principi nel caso di specie, poichè non entra in gioco un mutamento della struttura del reato continuato, il caso trova immediato
rispecchiamento nella sentenza delle sezioni Unite ‘COGNOME‘, con la conseguenza che il giudice del rinvio non avrebbe potuto prendere in considerazione una pena
base superiore a quella individuata dal primo giudice.
4.6. L’annullamento della sentenza impugnata può essere disposto senza rinvio, ai sensi dell’art. 620 lett. L). cod. proc. pen.: nella sentenza impugnata, il
Giudice di pace ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, operando, rispetto alla pena base di euro 4.500 di multa, la riduzione nella massima
estensione legale, pari a un terzo; pertanto, è sufficiente operare analoga riduzione di pena rispetto alla pena individuata dal primo giudice, come detto
intangibile in sede di giudizio di rinvio, pari a euro 3000, così pervenendosi alla pena finale di euro 2.200 di multa.
5. Va, pertanto, disposto annullamento senza rinvio, limitatamente al trattamento sanzionatorio, rideterminato in 2000 euro di multa. Nel resto, il
ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, quanto alla determinazione della pena, che individua in euro 2.000,00 di multa. Rigetta nel resto il ricorso.
Così seciso in Roma, 11 febbraio 2025
Il Ci s•gliere est sore
Il Presidente
NOME COGNOME