Reformatio in pejus: La Cassazione e il Divieto di Peggiorare la Pena dell’Imputato
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale penale: il divieto di reformatio in pejus. Questo principio tutela l’imputato che decide di impugnare una sentenza, garantendogli che la sua posizione non possa essere peggiorata dal giudice del gravame, a meno che non vi sia anche un’impugnazione da parte del Pubblico Ministero. Il caso in esame riguarda proprio l’illegittima applicazione di un aumento di pena in appello.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine da una condanna per reati legati agli stupefacenti, in particolare per la cessione di cocaina e la detenzione di hashish. L’imputata, dopo una condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Benevento con il rito abbreviato, aveva visto la sua vicenda processuale passare per la Corte di Appello di Napoli e giungere una prima volta in Cassazione. A seguito di un annullamento con rinvio, la causa era tornata nuovamente davanti alla Corte di Appello di Napoli per una nuova decisione.
In questa sede, i giudici, pur riqualificando il fatto come di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del DPR 309/90, hanno commesso un duplice errore nella determinazione della pena: hanno applicato per la prima volta l’aumento per l’aggravante della recidiva e hanno omesso di calcolare la riduzione di un terzo prevista per la scelta del rito abbreviato.
La Violazione del Divieto di Reformatio in Pejus
Il ricorso presentato dalla difesa davanti alla Corte di Cassazione si è fondato proprio su questi due errori, che hanno reso la pena inflitta illegale. Il punto centrale della questione è il principio di reformatio in pejus, sancito dall’articolo 597, comma 3, del codice di procedura penale.
L’aggravante della recidiva, pur essendo stata contestata all’imputata, non era stata applicata né dal Tribunale in primo grado, né dalla Corte d’Appello nella sua prima sentenza. In assenza di un’impugnazione del Pubblico Ministero su questo specifico punto, la Corte d’Appello, nel giudizio di rinvio, non aveva il potere di riconoscere e applicare tale aggravante. Facendolo, ha peggiorato la posizione dell’imputata, violando apertamente il divieto.
Inoltre, la mancata applicazione della diminuzione di un terzo della pena, che è una conseguenza obbligatoria della scelta del rito abbreviato (art. 442, comma 2, c.p.p.), ha ulteriormente aggravato l’illegalità del calcolo sanzionatorio.
Le Motivazioni della Sentenza
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendo in toto le argomentazioni della difesa. I giudici hanno chiarito che, una volta che l’aggravante della recidiva viene disapplicata dal primo giudice, essa non può essere ‘recuperata’ in appello se manca un ricorso del Pubblico Ministero. L’applicazione dell’aumento di pena nel giudizio di rinvio ha quindi costituito una palese violazione del divieto di reformatio in pejus.
Allo stesso modo, la riduzione per il rito abbreviato non è una facoltà discrezionale del giudice, ma un obbligo di legge. La sua omissione rende la pena illegale. Rilevando questi errori, la Corte di Cassazione ha stabilito che la pena poteva essere ricalcolata direttamente in sede di legittimità, senza bisogno di un ulteriore rinvio a un giudice di merito. Questo perché l’operazione non richiedeva alcuna valutazione discrezionale, ma un semplice calcolo aritmetico basato sui corretti parametri di legge.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
La decisione della Cassazione è di fondamentale importanza perché rafforza le garanzie difensive nel processo d’appello. Essa ribadisce che il diritto di impugnazione dell’imputato non può trasformarsi in un’arma a doppio taglio che rischi di peggiorare la sua condanna. La sentenza serve da monito per i giudici di merito affinché applichino scrupolosamente le norme sul calcolo della pena, rispettando sia il divieto di reformatio in pejus sia gli automatismi procedurali come la riduzione per il rito abbreviato. La Corte, annullando senza rinvio la sentenza e rideterminando la pena in sei mesi di reclusione e 1333 euro di multa, ha ripristinato la legalità e assicurato una giusta sanzione.
È possibile per un giudice d’appello applicare un’aggravante, come la recidiva, se non era stata applicata in primo grado e solo l’imputato ha fatto ricorso?
No. Secondo la Corte, se l’aggravante della recidiva non è stata applicata dal giudice di primo grado e il pubblico ministero non ha impugnato questa decisione, non può essere riconosciuta né in appello né in un successivo giudizio di rinvio. Ciò violerebbe il divieto di reformatio in pejus.
Se un processo si svolge con rito abbreviato, la riduzione di un terzo della pena è sempre obbligatoria?
Sì. La sentenza chiarisce che la mancata applicazione della riduzione di un terzo della pena prevista per il rito abbreviato costituisce una violazione di legge, rendendo la pena illegale. Il giudice è sempre tenuto ad applicarla.
Cosa significa ‘annullamento senza rinvio’ e quando può essere disposto?
Significa che la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata e decide direttamente il caso, senza rimandarlo a un altro giudice. In questo caso specifico, è stato possibile perché la rideterminazione della pena non richiedeva nuove valutazioni di merito, ma solo un corretto calcolo aritmetico basato sui principi di legge.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20789 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20789 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME nata A Benevento il DATA_NASCITA avverso la sentenza resa il 31 ottobre 2023 dalla CORTE di APPELLO di Napoli
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento della sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli, decidendo su rinvio di questa Corte di Cassazione, in riforma della sentenza resa dal Tribunale di Benevento il 20 luglio 2021, ha riqualificato la condotta ascritta all’imputata ai sensi dell’articol quinto comma DPR 309/90 e ha applicato all’imputata la pena ritenuta di giustizia.
Si addebita all’imputata di avere ceduto 17 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina e di avere illecitamente detenuto oltre 40 grammi di hashish.
2.Avverso detta sentenza propone ricorso NOME COGNOME, deducendo:
2.1 Violazione degli articoli 99 comma 4 cod.pen., 597 comma 3 e 442 comma 2 cod.proc.pen. poiché la pena determinata dalla Corte di appello è illegale e va annullata in quanto ha applicato per la prima volta l’aumento per l’aggravante della recidiva che
pur essendo stata contestata non era stata applic:ata né dal Tribunale di Benevento, né dalla Corte di appello con la prima sentenza poi annullata.
E’ evidente che l’applicazione dell’aumento sanzionatorio per la recidiva per la prima volta nel giudizio di rinvio, in mancanza di originaria impugnazione sul punto da parte del pubblico ministero, viola il divieto di reformatio in pejus ric:avabile dall’art. 597 comma tre cod.proc.pen. .
La pena inoltre è illegale anche per la mancata applicazione della riduzione di un terzo derivante dalla scelta del rito abbreviato, in quanto il collegio con la sentenza del 3 ottobre 2023 all’esito del giudizio di rinvio non ha operato la dovuta riduzione .
3.11 ricorso è fondato in quanto la pena è stata determinata in violazione di legge.
Deve convenirsi con il ricorrente che con la sentenza di primo grado nessun riferimento veniva operato all’aggravante della recidiva che pertanto deve ritenersi essere stata disapplicata dal primo giudice. In assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero tale aggravante non può essere riconosciuta in sede di appello, né tantonneno in sede di giudizio di rinvio, sicchè il relativo aumento sanzionatorio deve esser eliminato.
Deve rilevarsi inoltre che la Corte non ha applicato la dovuta riduzione di un terzo per l scelta del rito abbreviato.
botendo operare la determinazione della pena secondo i corretti parametri senza formulare valutazioni di merito, con mero calcolo aritmetico, si dispone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la rideterminazione ai sensi dell’art.620 lett. L della pena applicata che, previa esclusione dell’aumento disposto per la recidiva e calcolata la riduzione per la scelta del rito, va stabilito in mesi sei di reclusione ed 1333 di multa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, rideterminando la pena in mesi sei di reclusione e 1333 euro di multa. Così deciso, il 24 aprile 2024.