Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26028 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26028 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME n. in Tunisia 20/1/1985
avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano in data 30/1/2025
dato atto che si è proceduto a trattazione con contraddittorio cartolare, ai sensi dell’art. 611, commi 1 e 1bis , cod. proc. pen.;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla misura dell’aumento irrogato a titolo di continuazione e per l’inammissibilità nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Milano riformava limitatamente al trattamento sanzionatorio la decisione del Giudice per le indagini preliminari di Busto Arsizio che, in data 26/04/2024, aveva riconosciuto NOME COGNOME colpevole di plurimi reati in continuazione, tra cui indebito utilizzo di carte di credito, rapine, furti aggravati e in abitazione, e lo condannava alla pena finale di anni sei, mesi nove di reclusione ed euro 5.500,00 di multa.
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, Avv. NOME COGNOME il quale ha dedotto – quale primo motivo – l’erronea applicazione della legge penale in relazione al calcolo della pena e la violazione del divieto di reformatio in pejus ai sensi dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen.
Il difensore lamenta che la Corte di merito ha rideterminato la pena per i reati in relazione ai quali l’imputato ha riportato condanna incorrendo nel divieto di reformatio in pejus poiché, dopo aver quantificato la pena base per il delitto di rapina aggravata sub C) in anni sei di reclusione ed euro 2.000 di multa ed aver operato l’aumento per la recidiva nella misura di un terzo, a norma dell’art. 63, quarto comma, cod. pen., fino ad anni otto di reclusione ed euro 2.650 di multa, ha effettuato un aumento a titolo di continuazione per tutti gli ulteriori reati nella misura di anni 2, mesi 1, giorni 15 di reclusione ed euro 5.600,00 di multa e un successivo aumento di euro 3.750 di multa per il ragguaglio della pena detentiva comminata per il delitto di lesioni di cui al capo R), determinando -in esito all’abbattimento per il rito- la pena finale in anni sei, mesi nove di reclusione ed euro 5.500 di multa. Osserva il ricorrente che, nella determinazione dell’aumento ex art. 81, secondo comma, cod. pen., la Corte territoriale ha aggravato il carico sanzionatorio a fronte della complessiva quantificazione della pena per continuazione effettuata dal primo giudice nella misura di mesi nove di reclusione ed euro 900 di multa. Pertanto, il difensore, stante l’illegalità della pena, chiede disporsi l’annullamento della sentenza impugnata.
La difesa – quale secondo motivo – ha dedotto altresì l’erronea applicazione della legge penale con riferimento all’aumento per la recidiva, non contestata nel capo d’imputazione. Il difensore sostiene che la recidiva aggravata ritenuta dai giudici di merito non risulta formalmente contestata, non rilevando a tal fine il generico riferimento all’art. 99 cod. pen. contenuto nell’imputazione. Il reato ritenuto più grave, ascritto al capo C), non reca alcuna specificazione dell’aggravante né la circostanza risulta contestata in calce alla rubrica sicché la stessa non poteva essere ritenuta ed applicata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il secondo motivo risulta logicamente prioritario concernendo la sussistenza dell’aggravante della recidiva che ha concorso nel computo della pena.
Questa Corte ha precisato che, ai fini della puntuale contestazione della recidiva di cui all’art. 99 cod. pen.:
-non è necessaria la specificazione degli elementi sui quali essa si fonda ma è sufficiente la sola individuazione del tipo, ovvero di una delle ipotesi previste nei vari commi dello stesso art. 99 cod. pen. (Sez. 5, n. 50510 del 20/09/2018, COGNOME, Rv. 274446-01; Sez. 1, n. 19681 del 08/02/2001, COGNOME, Rv. 219283-01; Sez. 6, n. 5335 del 27/02/1996, COGNOME, Rv. 205072-01);
-la contestazione della recidiva ” ex art. 99 cod. pen.”, senza ulteriori specificazioni, esclude che il giudice possa ritenere la sussistenza di una tipologia di recidiva diversa e più grave di quella semplice (Sez. 3, n. 43795 del 01/12/2016, COGNOME, Rv. 270843-01; Sez. 2, n. 5663 del 20/11/2012, dep. 2013, NOME COGNOME Rv. 254692-01).
Fermo quanto precede, rileva tuttavia il Collegio come, nella fattispecie, il pubblico ministero ha contestato in relazione a ciascun reato l’aggravante soggettiva attraverso l’espresso richiamo all’art. 99, quarto comma, seconda ipotesi, cod. pen., circostanza che rende manifestamente infondato il motivo.
2. Il primo motivo è, invece, fondato.
La Corte d’Appello, infatti, ha provveduto a rideterminare la pena base nella misura di anni sei di reclusione ed euro 2.000 di multa per il capo C) e sulla stessa ha effettuato l’aumento di un terzo a norma dell’art. 63, quarto comma, cod. pen. per la recidiva qualificata, con conseguente determinazione della sanzione per il cennato titolo pari ad anni otto di reclusione ed euro 2.650 di multa. Inoltre, i giudici distrettuali hanno espressamente affermato che, poiché gli aumenti a titolo di continuazione sono stati effettuati dal primo giudice in misura estremamente contenuta, gli stessi non erano suscettibili di ulteriore riduzione e ne hanno confermato l’entità, provvedendo esclusivamente in relazione al reato di lesioni personali contestato al capo R a ragguagliare la pena detentiva inflitta di giorni 15 nella pena pecuniaria corrispondente, a norma dell’art. 52 d.lgs. n. 274/2000. Tuttavia, nel successivo passaggio finalizzato alla determinazione della pena complessiva, al lordo della riduzione per il rito, la Corte di merito è incorsa in errore di computo e -pur avendo espressamente enunziato di voler applicare gli aumenti nella misura indicata dal primo giudice, con il solo scorporo di giorni quindici di reclusione relativi al capo R- quantificava la pena in anni dieci, mesi uno, giorni quindici di reclusione ed euro 8.250 di multa (pari alla multa determinata in primo grado aumentata della somma di euro 3.750, frutto di conversione). Per tal via, la Corte territoriale ha effettuato un aumento a titolo di
continuazione della pena detentiva di anni due, mesi uno e giorni quindici, discostandosi dal complessivo incremento di mesi nove di reclusione ed euro 900 di multa effettuato dal primo giudice, con conseguente integrazione del vizio denunziato.
2.1. Ritiene, nondimeno, la Corte di poter provvedere direttamente a norma dell’art. 620 lett. l) cod. proc. pen. ad emendare la rilevata illegalità della pena.
Muovendo dalla pena base di anni sei di reclusione ed euro 2.000 di multa, ed operato l’aumento per la recidiva qualificata fino ad anni otto di reclusione ed euro 2.650,00 di multa, l’incremento per la continuazione in relazione agli ulteriori addebiti viene quantificato, conformemente a quanto statuito in primo grado, in mesi otto, giorni quindici di reclusione (mesi nove epurati dei giorni 15 riferibili al capo R, oggetto di conversione).
2.2. In conseguenza, la pena detentiva risulta ammontante ad anni otto, mesi otto, giorni quindici di reclusione e quella pecuniaria ad euro 3.550 (euro 2.650 + euro 900), aumentata ad euro 7.300 per effetto della pena della multa inflitta per il capo R (euro 3.750), conclusivamente ridotta per effetto della diminuente per il rito ad anni cinque, mesi nove, giorni venti di reclusione ed euro 4.867,00 di multa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio che ridetermina in anni cinque, mesi nove, giorni venti di reclusione ed euro 4.867,00 di multa. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 3 luglio 2025