Reformatio in Peius: Quando il Silenzio del Giudice Conferma un Beneficio
Il principio del divieto di reformatio in peius rappresenta un pilastro fondamentale del nostro sistema processuale penale, a garanzia del diritto di difesa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione di approfondire questo tema, chiarendo cosa accade quando un giudice d’appello, nel ricalcolare una pena, omette di menzionare un beneficio già concesso in primo grado, come la sospensione condizionale della pena. Analizziamo insieme il caso e la decisione dei giudici supremi.
I fatti del caso
Il difensore di un imputato condannato per tentata rapina presentava ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello. Quest’ultima, in parziale riforma della decisione di primo grado, aveva rideterminato la pena in un anno e sei mesi di reclusione e 600 euro di multa.
La doglianza del ricorrente si concentrava su un punto preciso: la Corte territoriale, nel modificare il trattamento sanzionatorio, aveva omesso di concedere nuovamente il beneficio della sospensione condizionale della pena, che era stato invece riconosciuto dal giudice di primo grado. Secondo la difesa, tale omissione configurava una palese violazione del divieto di reformatio in peius, ovvero un peggioramento della posizione dell’imputato a seguito del suo stesso appello.
La questione giuridica e il divieto di reformatio in peius
Il cuore della questione legale risiede nell’interpretazione degli effetti del silenzio del giudice d’appello su un beneficio già concesso. Il divieto di reformatio in peius stabilisce che, quando l’unico a impugnare una sentenza è l’imputato, il giudice del gravame non può in alcun modo peggiorare la sua condanna. Questo principio serve a evitare che l’imputato sia dissuaso dall’esercitare il suo diritto di impugnazione per timore di ricevere una pena più severa.
Il dubbio sollevato dal ricorrente era se l’omessa menzione della sospensione condizionale nel dispositivo della sentenza d’appello equivale a una sua revoca, con conseguente peggioramento della sua condizione.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno ribadito un principio giurisprudenziale consolidato e di grande importanza pratica.
Secondo la Corte, ‘il beneficio della sospensione condizionale della pena, già concesso in primo grado, deve ritenersi implicitamente confermato dal giudice d’appello ove questi, su impugnazione del solo imputato, ridetermini la pena senza ulteriori specificazioni in dispositivo’.
In altre parole, il silenzio del giudice di secondo grado non equivale a una revoca, ma a una tacita conferma del beneficio. Sostenere il contrario comporterebbe, appunto, una violazione del divieto di reformatio in peius. La Corte ha precisato che questa soluzione si impone a maggior ragione nel caso di specie, dove la pena era stata rideterminata in senso più favorevole all’imputato a seguito della declaratoria di prescrizione per altri reati contestati. Pertanto, l’omissione nel dispositivo era irrilevante, poiché la conferma della sospensione era una conseguenza implicita e inevitabile, in ossequio al principio del favor rei (il principio che impone, nel dubbio, di scegliere l’interpretazione più favorevole all’imputato).
Le conclusioni
La sentenza in esame rafforza un principio di garanzia fondamentale per l’imputato. Stabilisce con chiarezza che i benefici già acquisiti in primo grado, come la sospensione condizionale, non possono essere persi ‘per distrazione’ o per una mera omissione redazionale nella sentenza d’appello, se l’impugnazione proviene dal solo imputato. Questa decisione assicura che il diritto di appellare una sentenza non si trasformi in un’arma a doppio taglio, garantendo che l’imputato possa contestare una condanna senza il timore di vedersi infliggere un trattamento sanzionatorio complessivamente peggiore.
Se il giudice d’appello ricalcola la pena su ricorso del solo imputato e omette di menzionare la sospensione condizionale, questa si intende revocata?
No, la giurisprudenza costante ritiene che in tal caso il beneficio della sospensione condizionale della pena debba considerarsi implicitamente confermato, proprio per non violare il divieto di peggioramento della condanna.
Cosa significa il divieto di ‘reformatio in peius’?
È un principio fondamentale secondo cui il giudice dell’appello, qualora l’impugnazione sia stata proposta esclusivamente dall’imputato, non può modificare la sentenza di primo grado in senso a lui più sfavorevole, né per quanto riguarda la pena né per altre statuizioni.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si basava su un presupposto giuridico errato. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’omessa menzione della sospensione condizionale non costituiva una sua revoca, ma una tacita conferma, rendendo la lamentela del ricorrente priva di fondamento giuridico.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23240 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23240 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 26/11/1994
avverso la sentenza del 18/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli del 18/10/2024, che, ai sensi dell’art. 599bis cod. proc. pen., aveva rideterminato la pena alla quale COGNOME era stato condannato per il reato di tentata rapina in anni 1 e mesi 6 di reclusione ed € 600,00 di multa.
Al riguardo il difensore osserva che la Corte di appello, nel rideterminare il trattamento sanzionatorio, aveva omesso di concedere all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, già concesso dal giudice di primo grado, con una evidente reformatio in peius della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. Deve essere infatti ribadito il principio secondo il quale ‘ il beneficio della sospensione condizionale della pena, già concesso in primo grado, deve ritenersi implicitamente confermato dal giudice d’appello ove questi, su impugnazione del solo imputato, ridetermini la pena senza ulteriori specificazioni in dispositivo, determinandosi, altrimenti, una violazione del divieto di ” reformatio in peius “. (Fattispecie nella quale il giudice d’appello aveva rideterminato la pena in applicazione della continuazione con il fatto accertato in altro procedimento su richiesta dell’imputato). ‘ (Sez. 5, n. 20506 del 14/01/2019, COGNOME, Rv. 27530801; conformi, Sez. 3, n. 23444 del 12/05/2011, Aprile, Rv. 250655-01; Sez. 3, n. 580 del 07/12/2007, dep. 2008, Gentile, Rv. 238583-01).
1.2. Tale soluzione – adottata nelle ipotesi in relazione alle quali la pena sia stata rideterminata ai sensi dell’art. 81 cpv. cod. pen., qualora il gravame sia proposto dal solo imputato ed il giudice di secondo grado, dopo aver rideterminato la pena, ritenga di confermare nel resto le sentenze impugnate senza ulteriormente esplicitare, nel dispositivo, quale decisione sia stata assunta con riferimento al beneficio ex art 163 cod. pen., optando per la implicita, inevitabile conferma della sospensione condizionale della pena in omaggio al principio del favor rei – a maggior ragione si deve ritenere corretta nel caso in esame, nel quale vi è stata declaratoria di estinzione di due dei tre reati contestati per intervenuta prescrizione, e si sia rideterminata la pena per il reato residuo.
Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento; non ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, non deve essere disposta la condanna del ricorrente al pagamento a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 05/06/2025