Reformatio in Peius: Quando l’Appello Può Ribaltare un’Assoluzione Senza Nuove Prove?
Il principio secondo cui una sentenza di assoluzione possa essere ribaltata in appello è uno degli aspetti più delicati del nostro sistema processuale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico, chiarendo i confini entro cui è possibile una reformatio in peius a seguito dell’impugnazione del Pubblico Ministero e della parte civile, senza che sia necessario rinnovare l’istruzione dibattimentale. La vicenda riguarda un amministratore di condominio, assolto in primo grado e successivamente ritenuto responsabile ai soli fini civili in appello, nonostante la declaratoria di prescrizione del reato.
I Fatti del Caso: Dall’Assoluzione alla Riforma in Appello
Un amministratore di condominio veniva processato per il reato di appropriazione indebita. Il Tribunale, in primo grado, lo assolveva con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Tuttavia, sia il Pubblico Ministero che la parte civile (il Condominio) decidevano di impugnare la sentenza. La Corte d’Appello, investita della questione, riformava la decisione. Pur dichiarando il reato estinto per intervenuta prescrizione, la Corte riconosceva la sussistenza del fatto illecito ai fini civili, condannando l’ex amministratore alle relative statuizioni risarcitorie.
L’imputato ricorreva quindi in Cassazione, lamentando una violazione di legge. A suo dire, la Corte d’Appello aveva operato una reformatio in peius senza un adeguato esame dei motivi di gravame e, soprattutto, senza procedere alla necessaria rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, come previsto dall’art. 603, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
La Decisione della Cassazione e la questione della Reformatio in Peius
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo l’operato della Corte d’Appello pienamente legittimo. Il fulcro della decisione risiede nella distinzione tra la valutazione delle prove dichiarative (es. testimonianze) e quella delle prove documentali.
I giudici di legittimità hanno osservato che la Corte territoriale non ha basato la sua decisione su una differente interpretazione delle dichiarazioni rese in dibattimento, ma su un diverso “giudizio di rilevanza degli atti”. In particolare, ha valorizzato la mancanza di qualsiasi spiegazione o documentazione giustificativa da parte dell’amministratore riguardo all’utilizzo del denaro prelevato dal conto corrente condominiale.
La Valutazione delle Prove Documentali vs. Dichiarative
La Cassazione ha chiarito un punto cruciale: l’obbligo di rinnovare il dibattimento per ribaltare un’assoluzione scatta quando la Corte d’Appello intende fondare la propria decisione su una diversa valutazione dell’attendibilità di una prova dichiarativa. In questo caso, invece, si è trattato di una complessiva rivalutazione del compendio probatorio di natura documentale e della condotta dell’imputato.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano sull’interpretazione dell’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. La Corte ha spiegato che i giudici d’appello non hanno ritenuto necessario riaprire l’istruttoria perché non dovevano riesaminare motivi attinenti alla valutazione di una prova dichiarativa. La loro decisione si è basata su una logica differente: di fronte a prelievi di denaro non giustificati dal conto del condominio, l’onere di fornire una spiegazione plausibile e documentata ricadeva sull’amministratore. La totale assenza di tale giustificazione è stata considerata un elemento sufficiente per affermare la sua responsabilità ai fini civili, pur in presenza della prescrizione del reato. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta congrua, logica e sufficiente, rendendo il ricorso in Cassazione inammissibile.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la reformatio in peius di una sentenza di assoluzione è possibile, ma segue regole procedurali precise. La rinnovazione del dibattimento non è un passaggio automatico, ma è strettamente legata alla natura delle prove che il giudice d’appello intende rivalutare. Se il ribaltamento si fonda su prove documentali o sulla valutazione logica di condotte non giustificate, e non sulla diversa interpretazione di una testimonianza, la Corte può procedere senza riascoltare i testimoni. La sentenza, pertanto, conferma che la declaratoria di prescrizione non impedisce al giudice penale di pronunciarsi sulle statuizioni civili, accertando la responsabilità dell’imputato ai fini risarcitori.
È possibile che un imputato, assolto in primo grado, veda la sua posizione peggiorata in appello?
Sì. Nel caso di specie, pur dichiarando il reato prescritto (e quindi non emettendo una condanna penale), la Corte d’Appello ha riformato la sentenza di assoluzione e ha condannato l’imputato a risarcire i danni alla parte civile, operando così una “reformatio in peius” limitatamente agli effetti civili.
Quando è obbligatorio rinnovare il dibattimento in appello per ribaltare un’assoluzione?
La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale è necessaria quando la Corte d’Appello intende basare la sua decisione su una diversa valutazione dell’attendibilità di una prova dichiarativa (come la testimonianza di una persona). Non è necessaria se la rivalutazione riguarda prove documentali o un diverso giudizio sulla rilevanza di atti e comportamenti.
La prescrizione di un reato elimina ogni tipo di conseguenza per l’imputato?
No. Come dimostra questa ordinanza, anche se il reato viene dichiarato estinto per prescrizione, il giudice può comunque accertare la responsabilità dell’imputato ai soli fini civili e condannarlo al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19422 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19422 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/05/2025
– Presidente –
NOME
CC – 06/05/2025 R.G.N. 4049/2025
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Roma il DATA_NASCITA
nel quale Ł costituito parte civile:
Condominio INDIRIZZO
avverso la sentenza del 09/09/2024 della Corte d’appello di Roma
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
Lette le conclusioni presentate in data 17 aprile 2025 nell’interesse della parte civile ‘INDIRIZZO‘ con allegata nota spese della quale si Ł chiesta la liquidazione;
Rilevato che la Corte di appello di Roma con la sentenza qui impugnata, in riforma della sentenza del Tribunale di Latina in data 10 dicembre 2019 che aveva assolto l’imputato con la formula ‘perchØ il fatto non sussiste’, a seguito di impugnazioni proposte dal Pubblico Ministero presso il Tribunale e dalla Procura generale oltre che dalla parte civile, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato di appropriazione indebita allo stesso ascritto per essere detto reato estinto per prescrizione, peraltro adottando le consequenziali statuizioni civili;
rilevato che la difesa dell’imputato con motivo unico ha dedotto violazione di legge e vizi di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha proceduto ad una reformatio in peius della sentenza assolutoria di primo grado senza procedere ad un adeguato esame dei motivi di gravame presentati dalle altre parti processuali oltre che procedere a delineare con adeguatezza le linee portanti del proprio alternativo ragionamento probatorio rispetto alla decisione riformata, nonchØ senza procedere alla necessaria rinnovazione dell’istruzione dibattimentale;
considerato che la Corte di appello, con motivazione congrua e logica, ha spiegato le ragioni per le quali non ricorrevano le condizioni per ritenere corretta la pronuncia assolutoria dell’imputato fatta dal Tribunale richiamando tra l’altro le argomentazioni addotte dalle parti impugnanti (v. in particolare pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata);
che , nel caso di specie, non si ravvisa alcuna delle dedotte violazioni di legge, dovendosi, in particolare, evidenziare come i giudici di appello non abbiano ritenuto sussistenti i presupposti per una dichiarazione di responsabilità per il reato di appropriazione indebita limitatamente agli effetti civili (pur dovendo poi dichiarare il non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato ascrittogli) procedendo ad una differente valutazione delle prove dichiarative rispetto a quella effettuata dal giudice di primo grado, bensì in virtø di un diverso giudizio di rilevanza degli atti e valorizzando in particolare la mancanza di ogni qualsivoglia spiegazione e/o documentazione giustificativa da parte dell’odierno ricorrente in merito all’utilizzo fatto del denaro prelevato dal conto corrente condominiale;
considerato altresì che non ricorrevano nel caso in esame le condizioni per procedere ad una necessaria rinnovazione della istruzione dibattimentale ai sensi dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., avendo la corte di appello proceduto ad una complessiva rivalutazione del compendio probatorio senza essere chiamata ad esaminare motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa;
rilevato , pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
rilevato che dalla presente decisione ne devono discendere, altresì, le correlative statuizioni di seguito espresse in ordine alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile ‘INDIRIZZO‘, la cui liquidazione, tenuto conto del grado di complessità della vicenda processuale, viene operata secondo l’importo in dispositivo meglio enunciato.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile INDIRIZZO che liquida in complessivi euro 2000, oltre accessori di legge.
Così Ł deciso, 06/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME