Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13949 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13949 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Napoli Il DATA_NASCITA
avverso la sentenza resa il 15 maggio 2023 dalla Corte di appello di Napoli
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO
1.Con la pronunzia impugnata la Corte di appello di Napoli, parzialmente riformando la sentenza resa dal GIP del Tribunale di Santa NOME Capua Vetere, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai reati di furto danneggiamento a lui contestati ai capi A,B, C e G per essere i reati estinti per difetto di querela e ha confermato la pena inflitta in primo grado, in relazione ai residui reat contestati ai capi D, E ed F .
2.Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato, deducendo:
2.1 violazione di legge in relazione al divieto di reformatío in peius di cui all’articolo 597 terzo comma cod.proc.pen. e all’art. 81 quarto comma cod. pen..
Osserva il ricorrente che in primo grado la pena era stata determinata in anni quattro e mesi sei di reclusione ed euro 824 di multa poiché l’imputato era stato ritenuto colpevole di 7 reati a lui contestati.
Con la sentenza della Corte di merito è stato dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine ai reati contestati ai capi A, B, C e G della rubrica pe difetto di querela e, nonostante ben quattro capi di imputazione su sette, siano stati dichiarati estinti, la Corte ha confermato la pena originariamente irrogata. La conferma del trattamento sanzionatorio già applicato, a fronte di un numero inferiore di reati, si è risolta in una chiara violazione del divieto di reformatio in peius poiché la Corte avrebbe dovuto proporzionalmente ridurre la pena inflitta.
La Corte di appello di Napoli ha ritenuto erroneamente di non potere rideterminare in senso migliorativo la pena, sostenendo che l’aumento a titolo di continuazione era comunque contenuto entro il limite minimo previsto dall’art. 81 quarto comma cod.pen., in quanto determinato in misura non inferiore ad un terzo di pena rispetto a quella stabilita per il più grave reato, pari ad anni cinque di reclusione.
Il ricorrente osserva, tuttavia, che l’aumento in continuazione nella realtà è stato determinato in anno uno e mesi nove di reclusione, mentre l’aumento minimo previsto dalla norma avrebbe dovuto essere quantificato in venti mesi e quindi in anno uno e mesi 8 di reclusione. E ciò consentiva alla Corte di ridurre la pena inflitta in ragione dell intervenute estinzioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
In tema di reato continuato, il limite minimo per l’aumento previsto dall’art. 81, comma quarto, cod. pen., nei confronti dei soggetti per i quali sia stata ritenuta la contesta recidiva reiterata opera anche quando il giudice abbia considerato la stessa equivalente alle riconosciute attenuanti. (Sez. F, Sentenza n. 53573 del 11/09/2014 Cc. (dep. 23/12/2014 ) Rv. 261887 – 01
La Corte nel rideterminare il trattamento sanzionatorio in relazione ai residui reati addebitati al COGNOME ha correttamente richiamato la regola secondo cui, quando viene riconosciuta l’aggravante della recidiva reiterata, l’aumento sanzionatorio previsto per i reati in continuazione non può comunque essere inferiore, complessivamente considerato, ad un terzo della pena base stabilita per il più grave reato.
Nel caso in esame la pena detentiva è stata fissata per il più grave reato in anni cinque di reclusione e l’aumento sanzionatorio per tutti i reati in continuazione non poteva pertanto essere inferiore a un terzo e quindi a un anno e otto mesi di reclusione. In modo analogo la pena pecuniaria aumentata per i reati satellite non poteva essere inferiore ad un terzo della pena fissata per il reato più grave.
E tuttavia mentre l’aumento di pena pecuniaria era stata calcolata nel minimo previsto dall’art. 81 quarto comma cod.pen. , nell’effettuare il calcolo materiale dell’aumento di pena detentiva, la Corte non ha considerato che il GIP aveva determinato l’aumento ex art. 81 cod.pen. in anno uno e mesi nove di reclusione sicchè, anche rispettando
limite di cui all’art. 81 quarto comma cod.pen., l’aumento di pena detentiva avrebbe potuto essere ridotto ad anno uno, mesi otto di reclusione.
Ne consegue che in ragione della intervenuta estinzione di quattro dei sette reati originariamente addebitati al COGNOME e nel rispetto del divieto di reformatio in peius , la pena applicata dal GIP avrebbe dovuto essere ridotta nella misura di un mese, al fine di non violare il limite di cui all’art. 81 quarto comma cod.pen..
Si tratta di considerazioni rispettose del dettato normativo e condivisibili .
2.11 trattamento sanzionatorio va pertanto annullato e la pena complessiva finale deve essere rideterminata, considerata anche la riduzione di un terzo per il rito, in anni quattro mesi 5 e giorni 10 di reclusione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio che ridetermina in anni quattro, mesi 5 e giorni 10 di reclusione ed euro 824 di multa.
Roma 6 marzo 2024
Il consigliere estensore
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NOME L’a .ellino
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