Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29938 Anno 2025
RITENUTO IN FATTO Penale Sent. Sez. 4 Num. 29938 Anno 2025 Presidente: DI NOME
Relatore: NOME
1. La Corte di appello di Bologna, giudicando in sede di rinvio a seguito della sentenza n. 8044 del 30 gennaio 2023 della Terza sezione di questa Corte che ha annullato la Data Udienza: 18/06/2025
sentenza resa il 10 giugno 2022 dalla Corte di appello di Bologna nei confronti di NOME COGNOME limitatamente alla ritenuta recidiva, ha confermato la recidiva specifica ritenuta dal Tribunale di Ravenna, riformando la sentenza di primo grado in punto di pena, avendo ritenuto eccessiva la pena base individuata dal primo Giudice.
Quanto alla ritenuta recidiva, la pronuncia rescindente aveva evidenziato come il precedente specifico risalisse al 26 ottobre 1998, data di consumazione del reato, e al 19 settembre 2020, data di irrevocabilità della sentenza e come, ai fini della sussistenza della recidiva, la pronuncia oggetto di annullamento superasse la distanza dalla precedente condanna facendo riferimento ad una condotta commessa dal ricorrente il 4 ottobre 2012 (pochi giorni prima dei fatti in odierno giudizio) di organizzazione di un’altra fornitura di droga per 21 kg di marijuana. Evento tale, secondo la Corte di merito, da dimostrare una consistente disponibilità economica con saldi rapporti con il narcotraffico, da cui far derivare una spiccata pericolosità dell’imputato , comportante l’applicazione della recidiva. La Terza sezione di questa Suprema Corte rilevava, tuttavia, che la sentenza della Corte di appello aveva richiamato l’anzidetta condotta del ricorrente del 4/10/2012, senza alcuna verifica che tale fatto avesse dato luogo a contestazione, come lamentato dal ricorrente. Conseguentemente la sentenza del 10 giugno 2022 della Corte di appello di Bologna veniva annullata, investendo il Giudice del rinvio del compito di procedere ad una «nuova valutazione sulla ricorrenza nel caso della recidiva specifica riconosciuta», alla luce dei principi di diritto richiamati.
Avverso la prefata sentenza , l’i mputato ha proposto ricorso in cassazione, sollevando i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, lamenta violazione della legge penale , in specie dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., ed illogicità della motivazione per avere la Corte territoriale omesso di compiere la verifica, richiesta dalla sentenza rescindente, in ordine ad un fatto commesso pochi giorni prima di quello per cui si procede (attinente ad una fornitura, da parte del ricorrente, in data 4 ottobre 2012, di kg. 21 di marijuana), utilizzato dalla sentenza di appello del 10 giugno 2022 per riconoscere la recidiva specifica senza che al riguardo vi fosse mai stata una effettiva contestazione. Né l’assenza di attivit à lavorativa e lo stato di latitanza possono costituire criteri di giudizio al fine del riconoscimento della recidiva. Non può inoltre assumere valore il nuovo
argomento, introdotto dal Giudice del rinvio, in contrasto con le determinazioni, non oggetto di impugnazione da parte del pubblico ministero, della sentenza di primo grado e relativo alla condanna riportata dall’imputato il 12 giugno 2001 per i reati di falso e ricettazione, rispetto ai quali la sentenza impugnata fa riferimento a ll’ appartenenza del prevenuto ‘ad organizzazioni criminali strutturate’ , affermazione che non ha mai trovato conforto nelle pronunce di merito;
2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge, illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento all’art. 627 cod. proc. pen. per avere la Corte bolognese determinato il trattamento sanzionatorio in misura superiore alla sentenza annullata del 10 giugno 2022. Quest’ultima, invero, in applicazione dell’art. 63, comma 4, cod. pen., non aveva disposto alcun aumento per la circostanza aggravante di cui all’art. 73, comma 6, d.P.R. 309/1990. Diversamente, la sentenza impugnata, generando un aggravio di pena ed andando ad incidere sulla sentenza della Corte di appello di Bologna del 10 giugno 2022, disponeva invece un aumento della pena di mesi sei di reclusione per l’applicazione dell’anzidetta aggravante. La Corte di appello ha così violato il divieto della reformatio in peius , disattendendo la pena più mite precedentemente irrogata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Fondato è unicamente il secondo motivo, dovendo il ricorso essere rigettato nel resto.
Quanto al primo motivo, deve preliminarmente ricordarsi che la sentenza rescindente ha demandato al Giudice del rinvio il compito di procedere ad una «nuova valutazione sulla ricorrenza nel caso della recidiva specifica riconosciuta» e non, come erroneamente afferma il ricorrente, di procedere ad una ‘verifica’ del fatto delittuoso del 4 ottobre 2012. Tanto premesso, il Collegio rileva che la motivazione espressa sul punto dalla Corte territoriale è corretta in diritto e non manifestamente illogica. Questa ha ritenuto sussistente la recidiva specifica, come affermato già dal Giudice di primo grado, prescindendo dall’episodio del 4 ottobre 2012 ed osservando invece come l’imputato abbia riportato una condanna definitiva per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/1990 il 13 novembre 1999. Sul punto, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio per cui la recidiva specifica può essere legittimamente riconosciuta anche in presenza di condanne pregresse risalenti nel tempo, purché il giudice motivi la propria decisione sulla base di elementi concreti che attestino la persistenza di pericolosità sociale e maggiore colpevolezza (cfr. Sez. 5, n. 2648 del 29/09/2021, non mass.), dovendo egli far riferimento ad ogni parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza (cfr.
Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, COGNOME e altro, Rv. 247838). E sul punto, il Giudice del rinvio ha richiamato la sentenza di primo grado laddove questa aveva sottolineato che «anche se il precedente omogeneo è risalente nel tempo, senz’altro le condizioni personali di NOME COGNOME fanno ritenere che i due episodi si saldino nell’ambito della sua unitaria e continua carriera criminale», in ragione del fatto che l’imputato non ha un’attività lavorativa lecita, deponendo anzi le sue stesse parole intercettate (cfr. intercettazione n. 435 del 20 ottobre 1012) per una stabile dedizione al commercio di stupefacenti, nonché in considerazione del fatto che egli è tuttora latitante. Lo stato di latitanza è pertanto venuto in rilievo, nella sentenza impugnata, come elemento individualizzante significativo di una più precipua pericolosità del soggetto, perché reputato tradire una smaccata insensibilità nei confronti delle precedenti condanne e dell’implicito monito a non violare più la legge .
Il motivo è pertanto infondato.
Fondato è, invece, il secondo motivo. Il divieto della reformatio in peius preclude, infatti, la possibilità di irrogare una pena di entità o gravità maggiore rispetto a quella inflitta, come è avvenuto nel caso in esame, in cui il giudice di rinvio, pur riducendo la pena perché ritenuta eccessiva, ha confermato nel merito la sentenza di primo grado, senza tuttavia tener conto della rideterminazione in melius dell’entità della pena contenuta nella sentenza oggetto di annullamento da parte di questa Corte. Il Giudice del rinvio ha infatti disposto l’aum en to per la ritenuta aggravante di cui all’art. 73, comma 6, d.P.R. 309/1990 che non era stato invece applicato dalla sentenza annullata la quale , ai sensi dell’art. 63, comma 4, cod. pen., aveva stabilito l’aumento di pena unicamente per la contestata e ravvisata recidiva specifica.
Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente all’aumento di pena di mesi sei di reclusione ed euro duemila di multa per l’aggravante ex art. 73, comma 6, d.P.R. 309/1990, aumento che si elimina, con rideterminazione della pena in anni sei di reclusione ed euro trentamila di multa. Il ricorso deve essere rigettato nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’aumento di pena di mesi sei di reclusione ed euro duemila di multa per l’aggravante ex art. 73, comma 6, d.P.R. 309/1990, aumento che elimina, rideterminando la pena in anni sei di reclusione ed euro trentamila di multa. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 18 giugno 2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME