Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23660 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23660 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a DESIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sulle conclusioni del Pubblico Ministero
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Milano il 26 gennaio 2022 ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Como il 15 luglio 2020 aveva riconosciuto COGNOME NOME responsabile dei reati di omessa dichiarazione dei redditi ai fini IVA (art. 5 del d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74) per gli anni di imposta 2010 e 2011 (rispettivamente, capo A e capo B), in conseguenza condannandolo alla pena finale di un anno e sei mesi di reclusione, oltre a sanzioni accessorie.
La Corte di cassazione con sentenza del 18 novembre 2022 (Sez. 3, n. 47051 del 18/11/2022, COGNOME, n.m.) ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio, limitatamente al delitto relativo all’anno di imposta 2010 (capo A), per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, e con rinvio, quanto alla residua annualità del 2011 (capo B), per la determinazione della pena.
La Corte di appello di Milano il 3 luglio 2023 ha confermato il trattamento sanzionatorio già applicato in primo grado di un anno e sei mesi di reclusione e ha rideterminato, riducendola, la somma oggetto di confisca a quella di cui al capo B) (ossia 53.389,07 euro).
La Corte territoriale, ripercorsi gli antefatti (pp. 1-3) così, testualmente motiva in ordine, appunto, al trattamento sanzionatorio (pp. 3-4):
«Questa Corte rileva che il quantum sanzionatorio comminato nel primo grado di giudizio e confermato nel secondo sia equo e proporzionato rispetto alla gravità del reato sub capo B). La pena comminata, pari a un anno e sei mesi di reclusione, si discosta di poca misura dal minimo edittale previsto dalla norma vigente durante il periodo del tennpus commissi delicti (la cornice edittale prevista dall’art. 5 d. Igs. 74/2000 all’epoca dei fatti risultava essere quella i vigore dal 17-09-2011 al 21-10-2015, pari a un minimo di un anno di reclusione e un massimo di tre anni di reclusione).
Si deve inoltre rilevare che, sebbene sia stato riconosciuto il vincolo della continuazione tra i due reati, il trattamento sanzionatorio, tanto in primo quanto in secondo grado, veniva unitariamente e complessivamente determinato, senza specificare il reato più grave né l’aumento congruo per il secondo reato.
Di talché, ancorchè uno dei reati posti in continuazione sia stato dichiarato estinto dalla Suprema Corte di Cassazione, questa Corte ritiene di confermare il quantum sanzionatorio già deciso nei gradi precedenti di giudizio, alla luce dei criteri di cui all’art. 133 c.p. e a fronte dei diversi precedenti penali, non risal nel tempo e anche specifici (le condanne per omesso versamento di ritenute
previdenziali), nonché della reiterazione dell’illecita condotta omissiva per più anni.
Non si ritiene di dover concedere all’imputato le circostanze attenuanti generiche, come correttamente motivato dal primo giudice alla luce della presenza di diversi precedenti penali attinenti anche a reati affini e della reiterazione della condotta omissiva sotto il profilo fiscale, protrattasi per quattro annualità. La Corte di Cassazione, nel dichiarare infondato il terzo motivo , ha inoltre evidenziato che la presenza di precedenti penali costituisce elemento già ampiamente sufficiente a giustificare il diniego delle circostanze attenuanti generiche».
Ricorre per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un unico, complessivo, motivo con il quale denunzia violazione di legge, sia dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., in relazione al mancato rispetto – che si censura – delle prescrizioni imposte dalla sentenza della Corte di cassazione nella sentenza rescindente, sia dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., in relazione al divieto di reformatio in peius.
Si rammenta che la Corte di cassazione nella sentenza del 18 novembre 2022 ha espressamente stabilito «la necessità di eliminare la pena per l’illecito penale ormai estinto e di fissare la sanzione per il solo illecito penale definitivamente accertato », precisando non essere «possibile procedere alla rideterminazione della pena in questa sede perché il trattamento sanzionatorio, tanto in primo quanto in secondo grado, è stato unitariamente determinato. Occorre quindi rinviare gli atti ad altra Sezione della Corte d’appello di Milano per la determinazione del trattamento sanzionatorio da irrogare per il reato di omessa dichiarazione relativa all’anno 2011» (così, testualmente, sub n. 5 del “considerato in diritto”, p. 3).
Ciò posto, avere la Corte di appello confermato integralmente la sanzione penale, con il ragionamento che si rinviene alle pp. 3-4 della sentenza impugnata, viene a violare – lamenta la Difesa – sia le prescrizioni imposte dalla Corte di legittimità con la sentenza di annullamento e, più in generale, quanto previsto dall’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., sia il divieto di reformatio in peius posto dall’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., per avere inflitto all’imputato una pena più grave di quella determinata in precedenza, ignorando che, come si è visto, un reato era stato dichiarato estinto per prescrizione, sia infine anche la ratio stessa dell’istituto della continuazione, che risulta essere nel caso di specie svuotata di significato.
In definitiva – assume il ricorrente – è accaduto quanto segue: o la Corte di appello non ha eliminato la pena per il reato di cui al capo A) ovvero, dopo
averla eliminato, ha rideterminato la sanzione per il residuo capo B) in misura superiore a quanto stabilito dai giudici di merito, mentre tertium non datur; ma in entrambi i casi risulterebbe violato il dispositivo della Corte regolatrice, pe non avere i giudici diminuito il trattamento sanzionatorio.
Si richiamano plurimi precedenti di legittimità stimati pertinenti e si chiede l’annullamento della sentenza impugnata.
Il P.G. della RAGIONE_SOCIALE nella requisitoria scritta del 29 febbraio 2024 ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza impugnata, essendo stati violati sia il divieto di reformatio in peius sia il principio di diritto fissato dalla RAGIONE_SOCIALE. nella sentenza rescindente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e deve essere accolto, per le seguenti ragioni.
Come puntualmente denunziato nel ricorso, i giudici di merito non hanno osservato la lex specialis derivante dalla sentenza rescindente.
Come più volte affermato dalla S.C., infatti, «Nel giudizio di appello, il divieto di “reformatio in peius” della sentenza impugnata dall’imputato non riguarda solo l’entità complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione e, quindi, anche l’aumento conseguente al riconoscimento della continuazione, sicché vi è violazione di tale divieto nel caso in cui, in presenza di impugnazione da parte del solo imputato di una sentenza di condanna pronunciata per più reati unificati dal vincolo della continuazione, non si diminuisca l’entità della pena originariamente inflitta pur pronunciando assoluzione per un reato-satellite. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto illegittima la sentenza d’appello che – su impugnazione dei soli imputati, condannati all’ergastolo in primo grado in esito a giudizio abbreviato “ante” legge 12 aprile 2019, n. 33, per il reato di cui all’art. 630, comma terzo, cod. pen. in continuazione con quelli di cui agli artt. 416 e 601 cod. pen. – aveva confermato l’irrogazione di detta pena, nonostante la contestuale assoluzione dall’ultimo reato, sul rilievo che, agli effetti dell’art. 72, comma secondo, cod. pen., potesse tenersi conto di una continuazione interna non rilevata dal giudice dell’udienza preliminare quanto al reato-base e computarsi un maggior aumento di pena per la continuazione con il reato associativo)» (Sez. 2, n. 6043 del 16/12/2021, dep. 2022, Ackom Sam Eric, Rv. 282628-02).
Inoltre: «In tema di determinazione della pena nel reato continuato, è illegittima la decisione del giudice d’appello che, qualora la pena relativa al reato più grave sia stata determinata dal giudice di primo grado in misura inferiore al
minimo edittale, nel caso di impugnazione proposta dal solo imputato, nel dichiarare l’estinzione per prescrizione dei reati satellite posti in continuazione, confermi la pena complessiva irrogata dal giudice di primo grado, senza decurtarla degli aumenti correlati ai reati estinti. (In motivazione, la Corte ha chiarito che i reati satellite conservano autonomia in vista della presa d’atto di eventuali cause di estinzione e che la mancata decurtazione della pena complessiva significa “omettere le implicazioni immediate di una decisione, “in parte qua”, comunque liberatoria”)» (Sez. 5, n. 444088 del 09/05/2019, COGNOME, Redzep, Rv. 277845).
Ancora: «Viola il divieto di “reformatio in pejus” la decisione del giudice d’appello che, in presenza di impugnazione del solo imputato avverso una sentenza di condanna pronunciata per più reati concorrenti, pur dichiarando l’estinzione per prescrizione di taluni di essi, non diminuisce l’entità della pena originariamente inflitta. (Fattispecie nella quale la Corte d’Appello, nel dichiarare estinti per prescrizione due dei cinque reati oggetto dell’impugnata condanna, aveva “confermato nel resto” la decisione del primo giudice, senza diminuire l’entità della pena)» (Sez. 3, n. 38084 del 23/06/2009, Riggio, Rv. 244961).
3.In – necessaria – adesione ai principi che si sono richiamati, occorre annullare la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per la determinazione della pena a differente Sezione della Corte di appello di Milano
Motivazione semplificata, dovendosi fare applicazione di principi già reiteratamente affermati dalla S.C. e condivisi dal Collegio, ricorrendo le condizioni di cui al decreto del Primo Presidente della S.C. n. 84 dell’8 giugno 2016.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per la determinazione della pena alla Corte di appello di Milano, altra Sezione.
Così deciso il 27/03/2024.