Reformatio in Peius: Quando la Pena Resta Invariata in Appello
Il principio del divieto di reformatio in peius è un cardine del nostro sistema processuale penale, posto a garanzia dell’imputato che decide di impugnare una sentenza. Tuttavia, la sua applicazione non è assoluta e presenta dei confini ben precisi, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame offre uno spunto fondamentale per comprendere quando un giudice d’appello può confermare una pena, anche dopo aver escluso una circostanza aggravante, senza violare tale divieto.
I Fatti del Caso: Il Ricorso in Cassazione
Due donne, condannate in primo grado per il reato di furto pluriaggravato, vedevano la loro sentenza parzialmente riformata dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, pur accogliendo in parte i motivi del ricorso, si era limitata ad escludere una delle circostanze aggravanti contestate (quella prevista dall’art. 625 n. 2 c.p.), mantenendo però invariata la pena finale inflitta dal primo giudice.
Contro questa decisione, le imputate proponevano ricorso per Cassazione, lamentando proprio la violazione del divieto di reformatio in peius. A loro avviso, l’esclusione di un’aggravante avrebbe dovuto necessariamente comportare una riduzione della pena, e la sua conferma rappresentava un ingiusto peggioramento della loro posizione processuale.
La Decisione della Corte e il Principio di Reformatio in Peius
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile. La decisione si fonda su un orientamento consolidato, espresso in particolare dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 33752 del 2013. Questo “diritto vivente” stabilisce un principio chiaro e di fondamentale importanza pratica.
Il Ruolo del Giudice d’Appello
Il giudice d’appello, nel momento in cui modifica il quadro delle circostanze (escludendo un’aggravante o riconoscendo un’attenuante), non è automaticamente obbligato a ridurre la pena. Egli ha il potere, e il dovere, di procedere a una nuova e complessiva valutazione del bilanciamento tra le circostanze aggravanti e attenuanti residue, ai sensi dell’art. 69 c.p.
Le Motivazioni della Cassazione
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha rilevato che il giudice d’appello aveva agito esattamente nel perimetro delineato dalla giurisprudenza. Dopo aver escluso l’aggravante, ha riconsiderato il rapporto tra le altre circostanze contestate (l’aver commesso il fatto in più persone e su cose esposte alla pubblica fede) e le eventuali attenuanti, confermando il precedente giudizio di equivalenza e, di conseguenza, la pena.
Questo ricalcolo, se accompagnato da una motivazione adeguata – come avvenuto nel caso in esame – non costituisce una violazione del divieto di reformatio in peius. La pena finale, pur numericamente identica, è il risultato di un diverso e legittimo percorso logico-giuridico. La Corte, quindi, non ha fatto altro che ribadire la correttezza dell’operato della Corte d’Appello, che si è attenuta ai principi stabiliti dalle Sezioni Unite.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in commento rafforza un importante principio: l’esclusione di una circostanza aggravante in appello non si traduce automaticamente in uno sconto di pena. L’esito finale dipende dalla nuova valutazione comparativa che il giudice è chiamato a compiere. Per la difesa, ciò significa che l’impugnazione non deve limitarsi a contestare una singola aggravante, ma deve argomentare in modo convincente sull’intero assetto circostanziale per ottenere una riduzione della sanzione. Per l’imputato, è la consapevolezza che l’accoglimento parziale del gravame non garantisce di per sé un risultato più favorevole in termini di pena.
È possibile che la pena non diminuisca in appello anche se viene esclusa un’aggravante?
Sì. Il giudice d’appello può confermare la pena applicata in primo grado se, dopo aver escluso una circostanza aggravante, effettua un nuovo giudizio di equivalenza tra le circostanze rimanenti e fornisce una motivazione adeguata a sostegno della sua decisione.
Cosa significa violare il divieto di “reformatio in peius”?
Significa peggiorare la situazione dell’imputato che ha proposto l’impugnazione. Tuttavia, secondo la Corte, confermare la pena dopo aver modificato il bilanciamento delle circostanze non costituisce una violazione di tale divieto, purché sia adeguatamente motivato.
Qual è stato l’esito finale del ricorso in questo caso?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché manifestamente infondati. Di conseguenza, le ricorrenti sono state condannate al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 Euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 678 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 678 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME COGNOME nato a BARI il 04/08/1975
COGNOME NOME nato a BARI il 11/01/1957
avverso la sentenza del 05/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
che NOME e NOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Bari, pronunciata in data 5 ottobre 2023, che ha parzialmente riformato la sentenza di condanna nei loro confronti pronunciata per il delitto di cui agli artt. 110, 624 e 625, comma 1, nn. 2 e 7 cod. pen., escludendo l’aggravante di cu all’art. 625 n. 2 cod. pen. (fatto commesso in Sannicandro di Bari il 17 maggio 2022);
che il comune atto di impugnativa, sottoscritto dal difensore, è affidato ad un solo motivo
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il motivo di ricorso, con il quale si denuncia la violazione degli artt. 69 e 625, comma n. 2 cod. pen., è manifestamente infondato, posto che, secondo il diritto vivente, «Il giudi di appello, dopo aver escluso una circostanza aggravante o riconosciuto un’ulteriore circostanza attenuante in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, può, senza incorrere nel divieto d “reformatio in peius”, confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purché questo sia accompagnato da adeguata motivazione.» (Sez. U, n. 33752 del 18/04/2013, Rv. 255660), come accaduto nel caso di specie (vedasi pag. 6 della sentenza impugnata);
ritenuto, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con condanna dell ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 4 dicembre 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente