Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34346 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34346 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
NOME COGNOME – Presidente – Sen. 1229/2025
NOME COGNOME
Ha pronunciato la seguente sentenza
SENTENZA
NOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA
lette le conclusioni con le quali il AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma di quella emessa in primo grado dal Tribunale di Torino in data 07/05/2024 che aveva condannato gli odierni ricorrenti, in concorso tra loro, per il delitto di tentata rapina aggravata, ha riqualificato il fatto in termini di rapina aggravata consumata mantenendo ferma la pena.
Avverso detta sentenza, con un unico atto impugnatorio, hanno proposto ricorso gli imputati, deducendo con il primo motivo, violazione di legge (art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen.), in relazione al divieto di reformatio in peius di cui all’art. 597 cod. proc. pen., anche con riferimento agli artt. 111 Cost. e 6 CEDU.
In particolare, deve riaffermarsi, in linea con le costanti affermazioni di questa Corte condivise dal Collegio (Sez. 5, n. 41534 del 09/10/2024, G., Rv. 287231 – 01; Sez. 6, n. 11670 del 14/02/2025, D., Rv. 287796 – 01; Sez. 3, n. 9457 del 19/01/2024, E., Rv. 286026 01) che ‘ Non viola il divieto di “reformatio in peius” la sentenza con la quale la Corte di cassazione, a seguito di impugnazione da parte del solo imputato, dia al fatto una definizione giuridica piø grave (nella specie, da lesione grave a lesione gravissima), da cui consegua una modifica sfavorevole dei termini di prescrizione, in quanto il predetto divieto impedisce soltanto un trattamento sanzionatorio deteriore per il condannato .’
2.2. In sostanza, nell’ambito del divieto della reformatio in peius , operante in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero, può essere fatto rientrare soltanto ciò che Ł riconducibile al trattamento sanzionatorio in concreto stabilito dal primo giudice e non anche le questioni attinenti alla definizione giuridica dei fatti; il dato testuale contenuto nell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., consente, tra l’altro, al giudice di appello di dare al fatto una definizione giuridica piø grave, sia pure entro i limiti fissati dal citato art. 597, comma 1, cod. proc. pen.; tali limiti devono essere individuati nel principio devolutivo, in base al quale l’appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti. Ed al riguardo, questa Corte ha chiarito che, in sede di impugnazione, la disposizione di cui all’art. 597, comma 1, cod. proc. pen., attribuisce gli stessi poteri del primo giudice al giudice d’appello, con la conseguenza che questi – fermo restando il limite del divieto di ” reformatio in peius ” – non Ł vincolato da quanto prospettato dall’appellante, ma può affrontare, relativamente ai punti della decisione cui si riferiscono i motivi di gravame, tutte le questioni enucleabili all’interno dei punti medesimi, accogliendo o rigettando il gravame in base ad argomentazioni proprie o diverse da quelle dell’appellante (Sez. 4, n. 15461 del 14/01/2003,
Dalla lettura dello stesso ricorso proposto dai due imputati, emerge chiaramente che la questione attinente alla definizione giuridica del fatto contestato, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, rientrava senz’altro nella cognizione del giudice di appello, essendo stata contestata la sussistenza del fatto.
2.3. In sostanza, come al giudice di primo grado Ł consentito, in forza della previsione contenuta nell’art. 521 cod. proc. pen., comma 1, dare al fatto una definizione giuridica diversa rispetto a quella enunciata nell’imputazione, così altrettanto al giudice di appello, sia pure in presenza della sola impugnazione dell’imputato che attenga alla sussistenza del fatto contestato, Ł riconosciuto il potere-dovere – alla luce di quanto dispone l’art. 597 cod. proc. pen., comma 3 e quindi nei limiti del divieto della reformatio in peius – di dare al fatto una definizione giuridica piø grave. L’impugnazione proposta dagli imputati, con la quale gli stessi hanno contestato, per quel che qui rileva, la sussistenza del fatto e la propria responsabilità ha, dunque, attribuito al giudice di appello gli stessi poteri del giudice di primo grado, essendogli imposto di affrontare tutte le questioni attinenti alla sussistenza del fatto di reato contestato, nelle quali Ł certo ricompresa la qualificazione giuridica dello stesso.
2.4. I ricorrenti hanno, poi, denunciato la violazione del divieto di reformatio in peius sotto il profilo che la condanna per il reato di rapina aggravata consumata rispetto a quello di tentata rapina aggravata, Ł causa ostativa alla sospensione dell’ordine di esecuzione della pena detentiva, la quale sospensione non gli sarebbe invece stata preclusa sulla base della sentenza di primo grado (sicchØ quella di secondo grado sarebbe per lui piø sfavorevole).
La manifesta infondatezza del motivo discende dal fatto che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, pienamente condivisa dal Collegio, il divieto di reformatio in peius investe solo il trattamento sanzionatorio in senso stretto, e, dunque, la specie e la quantità della pena (Sez. 6, n. 47488 del 17/11/2022, F., Rv. 284025 – 01), e non Ł violato nel caso in cui dalla sentenza del giudice di appello consegua l’eventuale impedimento per l’imputato di beneficiare della sospensione dell’ordine di esecuzione ex art. 656, comma 5, cod. proc. pen., in quanto vi osta il diverso titolo di reato che risulti dalla stessa sentenza (Sez. 2, n. 42396 del 30/06/2016, COGNOME, Rv. 268607 – 01; Sez. 5, n. 37878 del 14/09/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 19248 del 22/03/2022, COGNOME, non mass.).
Nel caso di specie, poi, nessuna violazione del principio del giusto processo di cui all’art. 6 Cedu, nonchØ del medesimo principio fissato nel nostro ordinamento dall’art. 111 Cost., in conseguenza della riqualificazione giuridica del fatto operata per la prima volta dal giudice d’appello; difatti l’imputato Ł stato posto in condizione di contestare ed in effetti ha contestato con il ricorso per cassazione, specificamente la nuova qualificazione giuridica dei fatti e non ha in concreto subìto alcuna compressione o limitazione del proprio diritto al contraddittorio.
In sostanza, la diversa la qualificazione giuridica operata dal giudice di appello, in mancanza di una preventiva interlocuzione sul punto, costituisce una questione di diritto, la cui trattazione non incontra limiti nel giudizio di legittimità.
3. Manifestamente infondato e aspecifico Ł il secondo motivo proposto.
I ricorrenti non si confrontano con la puntuale motivazione della Corte di appello che, ai fini della esclusione della circostanza attenuante della lieve entità del fatto introdotta dalla Corte costituzionale, ha fatto leva selle caratteristiche della condotta, tali da far ritenere la
particolare gravità del fatto avuto riguardo alla violazione del rapporto fiduciario per il compimento dell’atto predatorio oltre che sulla non occasionalità della condotta (Sez. 2, n. 9912 del 26/01/2024, Salerno, Rv. 286076 – 01; Sez. 2, n. 47610 del 22/10/2024, L., Rv. 287350 – 01).
Alla stregua di quanto complessivamente esposto i ricorsi vanno rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali .
Così deciso il 23/09/2025
Il Consigliere est. Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME