Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32092 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 32092 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME PARTNOME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/11/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, il sostituto NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugNOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 9 novembre 2023, la Corte di appello di Bologna, decidendo in sede di rinvio a seguito dell’annullamento del precedente provvedimento disposto dalla Prima sezione di questa Corte con sentenza del 9 maggio 2023, rideterminava la pena inflitta a NOME COGNOME con le sette sentenze citate in atti, riconosciuto il vincolo della continuazione fra i reati con le stess giudicati, nella misura finale di anni 4, mesi 6 e giorni 20 di reclusione (pena base anni 2 per il reato di cui alla pronuncia indicata al punto 7, il residuo come aumento per la continuazione in relazione ai reati giudicati con le sentenze menzionate ai punti da 1 a 6).
1.1. L’annullamento della Prima sezione era stato determiNOME dalla mancata distinzione (reato per reato) delle pene irrogate con le singole sentenze (con particolare ma non unico riferimento alle sentenze del Tribunale di Marsala, già oggetto di un provvedimento di unificazione delle pene) e dalla meramente apparente motivazione della misura dei singoli aumenti di pena.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, deducendo, con l’unico motivo, la violazione di legge.
La Corte di merito aveva, prima, provveduto allo scorporo del cumulo giuridico operato dal Tribunale di Marsala ed aveva, poi, individuato la pena base negli anni 2 di reclusione inflitti per il più grave reato di cui alla sentenza citata al punto n 7, fissando, infine, aumenti a titolo di continuazione tali da condurre la pena finale alla misura di anni 4 mesi 6 e giorni 20 di reclusione.
Così, però, stabilendo una pena maggiore di quella inflitta nel provvedimento annullato che era stata pari ad anni 4 e mesi 6 di reclusione.
Si era pertanto determinata la violazione dell’art. 597 cod. proc. pen., avendo presentato ricorso contro il provvedimento annullato dalla Corte di legittimità la sola difesa del condanNOME e non la pubblica accusa (Cass. 38740/2019, 39373/2011, 16995/2022).
In particolare, in rapporto al provvedimento annullato, si erano aumentate le pene relative al punto 4 (dagli originari mesi 6 di reclusione a mesi 8 e giorni 10), al punto 5 (da mesi 3 di reclusione a mesi 3 e giorni 10), al punto 6 (da mesi 3 di reclusione a mesi 5).
Il Procuratore generale della Repubblica preso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha inviato requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Questa Corte, infatti ha già avuto modo di affermare che, in caso di annullamento con rinvio, a seguito di ricorso del solo condanNOME, dell’ordinanza di applicazione della disciplina del reato continuato ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., il giudice dell’esecuzione di rinvio è vincolato al divieto di “reformatio in peius” sui punti della decisione annullata già favorevoli al ricorrente (Sez. 5, n. 38740 del 10/07/2019, COGNOME, Rv. 277747; Sez. 5, n. 39373 del 21/09/2011, COGNOME, Rv. 251521).
Così che la pena finale fissata dalla Corte di merito, quale giudice del rinvio, non avrebbe potuto essere, come invece era stata, più grave di quella fissata nel provvedimento annullato su ricorso del solo condanNOME.
A ciò deve aggiungersi che, in via generale (e così anche nel caso discipliNOME dall’art. 671 cod. proc. pen.), costituisce la ridetta “reformatio in peius”, oltre alla irrogazione di una maggiore pena complessiva, anche l’aumento di qualsiasi segmento della stessa (e, quindi, sia della pena base sia degli aumenti per la continuazione: da ultimo Sez. 2, n. 22032 del 16/03/2023, Ciavarella, Rv. 284738)1, salvo i casi, non ricorrenti quando la continuazione sia valutata dal giudice dell’esecuzione ai sensi del citato art. 671 cod. proc. pen., in cui vi sia stata una diversa qualificazione di alcuni dei fatti-reato o vi siano state delle assoluzioni parziali.
Il provvedimento impugNOME va pertanto annullato non rispettando i ricordati principi di diritto, né in ordine alla misura della pena complessiva né avuto riguardo ad alcuni degli aumenti (sopra ricordati) per i reati posti in continuazione.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugNOME, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Bologna.
Così deciso, in Roma il 11 giugno 2024.