Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9937 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9937 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Bologna il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/02/2023 della Corte d’appello di Bologna
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 03/02/2023, la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del 02/03/2022 del Tribunale di Bologna, esclusa la recidiva, confermava la condanna di NOME COGNOME per il reato di truffa, rideterminando in cinque mesi di reclusione ed C 70,00 di multa la pena irrogata allo stesso COGNOME per tale reato, così ridotta, per la già concesse (dal Tribunale di Bologna) circostanze attenuanti generiche, la pena base di sette mesi di reclusione ed C 100,00 di multa.
Avverso l’indicata sentenza del 03/02/2023 della Corte d’appello di Bologna, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME, affidato a un unico motivo, con il quale deduce, in relazione all’art.
606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 133 cod. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della misura della pena.
Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Bologna non avrebbe dato conto del corretto esercizio del proprio potere discrezionale nella determinazione di una pena superiore al minimo edittale e rappresenta che l’applicazione dei criteri previsti dall’art. 133 cod. pen. avrebbe dovuto condurre la stessa Corte d’appello a irrogare una pena contenuta, appunto, nel minimo edittale, così da rendere la stessa proporzionata alla gravità del fatto-reato e congrua rispetto alla personalità dell’agente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’unico motivo è fondato.
Con la sentenza NOME COGNOME (Sez. U., n. 40910 del 27/09/2005, NOME COGNOME, Rv. 232066-01), le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno chiarito che, nel giudizio di appello, il divieto di reformatio in peius della sentenza impugnata dall’imputato non riguarda solo l’entità complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione, per cui il giudice di appello, anche quando esclude una circostanza aggravante e per l’effetto irroga una sanzione inferiore a quella applicata in precedenza (art. 597, quarto comma, cod. proc. pen.), non può fissare la pena base in misura superiore rispetto a quella determinata in primo grado.
Ribadito tale principio, si deve rilevare che, nel caso in esame: a) il Tribunale di Bologna, ritenuta l’equivalenza tra l’applicata recidiva e le concesse circostanze attenuanti generiche, irrogava all’imputato la pena base di sei mesi di reclusione ed C 80,00 di multa; b) con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Bologna, nell’escludere la recidiva, irrogava allo stesso imputato la pena base di sette mesi di reclusione ed C 100,00 di multa, riducendo poi la stessa pena, per le già concesse circostanze attenuanti generiche, a cinque mesi di reclusione ed C 70,00 di multa.
Così facendo, la Corte d’appello di Bologna, avendo escluso una circostanza aggravante (la recidiva), ha sì irrogato all’imputato una sanzione inferiore a quella che era stata applicata in precedenza, ma ha fissato la pena base in una misura superiore (sette mesi di reclusione ed C 100,00 di multa) rispetto a quella che era stata determinata dal giudice di primo grado (sei mesi di reclusione ed C 80,00 di multa), perciò incorrendo, alla luce del ricordato principio affermato dalla sentenza NOME COGNOME delle Sezioni unite della Corte di cassazione, nella violazione del divieto di reformatio in peius.
Ciò, peraltro, senza dare in alcun modo conto – neppure mediante espressioni del tipo “pena congrua” o “pena equa” o il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere del reo – dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio, per un nuovo giudizio sul punto, a un’altra sezione della Corte d’appello di Bologna.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. Visto l’art. 624 c.p.p. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato.
Così deciso il 16/02/2024.