Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 11208 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 11208 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata il 18/11/1993
avverso la sentenza del 20/06/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo annullarsi con rinvio il provvedimento gravato, per nuovo giudizio limitatamente alla limitazione della sospensione condizionale della pena alla sola reclusione e non anche alla pena detentiva, e dichiararsi nel resto inammissibile il ricorso
letta la memoria a firma del difensore, avv. NOME COGNOME che ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Torino in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Biella del 31.01.2023, che condannava NOME COGNOME per due reati di furto in abitazione alla pena ritenuta di giustizia, previa esclusione della aggravante di cui all’art.625 n.2 cod. pen., riconosciute le circostanze attenuanti generiche e ritenuta la continuazione, ed applicata la diminuente per il rito, concedeva il beneficio della sospensione condizionale della esecuzione della pena limitatamente alla pena della reclusione.
Contro l’anzidetta sentenza, l’imputata propone ricorso a mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME affidato a due motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1 n primo motivo di ricorso deduce vizio di motivazione ai sensi dell’art.606 lett. e) cod. proc. pen. in punto di quantificazione dell’aumento di pena disposto a titolo di continuazione per il reato di cui al capo 2) e in punto di trattamento sanzionatorio.
2.2 Il secondo motivo di ricorso deduce violazione di legge, in relazione agli artt.535 cod. proc. pen. e 163 cod. pen. per avere la Corte operato d’ufficio una parziale reformatio in peius della sentenza di primo grado, in mancanza di impugnazione o richiesta da parte della Procura, limitando il beneficio della sospensione condizionale della pena alla sola pena detentiva, in quanto il ragguaglio effettuato dal giudice di prime cure aveva superato i limiti di cui all’art. 163, comma 1, cod. pen., nonché per avere illegittimamente condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso che deduce vizio di motivazione ai sensi dell’art.606 lett. e) cod. proc. pen. in relazione al trattamento sanzionatorio, segnatamente alla quantificazione dell’aumento di pena disposto a titolo di continuazione per il reato di cui al capo b), è inammissibile in quanto manifestamente infondato e attiene a valutazioni discrezionali della Corte di merito, congruamente motivate in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall’art. 133 cod. pen. e, dunque, non sindacabili in sede di legittimità, neppure
quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato.
La doglianza si caratterizza, inoltre, per l’assenza di confronto critico con il tenore della motivazione resa dalla Corte territoriale (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, COGNOME, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, COGNOME, Rv. 237596), che, nella valutazione di congruità della pena applicata dal Tribunale, si riferisce, confrontandosi sul punto con il motivo di appello, all’aumento disposto a titolo di continuazione ritenuto congruo e non suscettibile di riduzione, in considerazione delle modalità della condotta e della gravità del fatto, rispondendo al rilievo della valutazione del comportamento positivo successivo al fatto (l’avere l’imputata restituito tutta la merce), che la circostanza era già stata considerata dal Tribunale ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di questa Corte, dal quale il Collegio non intende distaccarsi, in tema di determinazione della pena nel reato continuato, non sussiste obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, essendo sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base, vieppiù quando non è possibile dubitare del rispetto del limite legale del triplo della pena base ex art. 81, comma primo, cod. pen., in considerazione della misura contenuta degli aumenti di pena irrogati, e i reati posti in continuazione siano integrati da condotte criminose seriali ed omogenee (Sez. 5, Sentenza n. 32511 del 14/10/2020, Rv. 279770 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 4707 del 21/11/2014, Rv. 262313 – 01; Sez. 1, n. 39350 del 19/07/2019, COGNOME, Rv. 276870; Sez. 6, n. 18828 del 08/02/2018, Nicotera e altri, Rv. 273385; Sez. 2, n. 18944 del 22/03/2017, COGNOME e altro, Rv. 270361; Sez. 3, n. 44931 del 02/12/2016 – dep. 29/09/2017, Portulesi e altri, Rv. 271787; Sez. 5, n. 29847 del 30/04/2015, COGNOME, Rv. 264551; Sez. 5, n. 29829 del 13/03/2015, COGNOME, i) Rv. 265141; Sez. 5, n. 25751 del 05/02/2015, COGNOME, Rv. 264993; Sez. 5, n. 27382 del 28/04/2011, COGNOME e altro, Rv. 250465; Sez. 3, n. 3034 del 26/09/1997, COGNOME, Rv. 209369 – 01). Si è chiarito, al riguardo, che anche questa operazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, come per la determinazione della pena base, in aderenza ai principi enunciati dagli artt. 132 e 133 cod. pen.
Il percorso argomentativo adottato dalla Corte di merito si rivela ineccepibile laddove ha evidenziato, in altre parti della motivazione, come il valore dei beni sottratti non fosse trascurabile e vi fosse stato danneggiamento delle porte di ingresso degli appartamenti. Il giudizio di gravità, dunque, è ancorato a parametri che sono riportati nella sentenza stessa, che contiene una complessiva valutazione
della condotta del ricorrente da cui fa discendere la congruità e non modificabilità dell’aumento di pena applicato dal Tribunale.
2.2 Il secondo motivo di ricorso, limitatamente all’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla sola pena detentiva, è fondato.
Ai sensi dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., “Quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l’imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata né revocare benefici, salva la facoltà, entro i limiti indicati nel comma 1, di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado”. Per espressa previsione della citata disposizione, il divieto riguarda la sola revoca dei benefici.
Pertanto, in assenza di appello del pubblico ministero, viola il divieto di “reformatio in peius”, sancito dall’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., la Corte d’appello che dispone la revoca della sospensione condizionale della pena (Sez. 2, n. 34727 del 30/06/2022, COGNOME COGNOME, Rv. 283845), principio che si ritiene di dover applicare anche nel caso in cui, come quello in disamina, vi è stata una revoca parziale della sospensione, limitandola alla pena detentiva, per emendare l’erronea estensione anche alla pena pecuniaria disposta dal giudice di prime cure. La sentenza va dunque annullata limitatamente a tale punto.
Quanto alla doglianza della illegittimità della condanna alle spese del procedimento del grado il motivo è aspecifico e inammissibile.
Ove, peraltro, con lo stesso si intendesse censurare la condanna alle spese a fronte della concessione della sospensione condizionale della pena, sarebbe comunque infondato, atteso che la condanna al pagamento delle spese processuali ha ad oggetto un’obbligazione civile e non una pena accessoria, con la conseguenza che non può esserne sospesa l’esecuzione in caso di concessione all’imputato della sospensione condizionale della pena (Sez. 5, n. 12214 del 17/02/2022, COGNOME Vincenzo, Rv. 282973 – 01; Sez. 5, n. 28081 del 22/03/2013, COGNOME, Rv. 255569).
L’anzidetto precedente ha escluso che la definizione apprestata dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 98 del 1998) rispetto al debito di rimborso delle spese processuali come «sanzione economica accessoria alla pena, in qualche modo partecipe del regime giuridico e delle finalità di questa» (definizione recepita da Sez. U, n. 491 del 29/09/2011, dep. 2012, Pislor, Rv. 251266) in quanto non può essere ricondotta alla nozione tecnica di “pena”, cui si riferisce inequivocabilmente l’art. 163 cod. pen. Deve prevalere, infatti, non tanto il versante afflittivo, quanto quello ripristinatorio e riequilibrativo del turbamento dell’ordinamento determinato
dall’agire del condannato, evitando che rimangano a carico dello Stato le spese a cui il condannato medesimo ha dato luogo per il suo agire delittuoso, che non possono neanche essere assimilate alla nozione sovranazionale di sanzione “sostanzialmente penale”
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio limitatamente alla esclusione della sospensione condizionale della pena in riferimento alla sola pena pecuniaria che elimina. Nel resto, il ricorso va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla esclusione della sospensione condizionale della pena in riferimento alla sola pena pecuniaria, esclusione che elimina. Dichiara nel resto inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma il 15/11/2024.