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Reformatio in peius: no a una pena peggiore in appello

La Cassazione ha annullato una sentenza d’appello per violazione del divieto di reformatio in peius. Nel giudizio di rinvio, la pena detentiva era stata aumentata, seppur eliminando la multa. La Corte ha corretto l’errore, rideterminando la pena a quella, più favorevole, della precedente decisione d’appello, senza rinvio.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reformatio in peius: la Cassazione ribadisce il divieto di pena peggiorativa in Appello

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 38795/2024, ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale penale: il divieto di reformatio in peius. Questo principio fondamentale tutela l’imputato che decide di impugnare una sentenza, garantendogli che la sua posizione non possa essere aggravata dal giudice del grado successivo se è l’unico a contestare la decisione. Il caso in esame offre un chiaro esempio di come tale divieto operi concretamente, anche quando la modifica della pena appare ambigua.

I Fatti di Causa: Un Complesso Percorso Giudiziario

La vicenda processuale ha origine da una condanna di primo grado per reati legati agli stupefacenti, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali. A seguito di un primo appello, la Corte territoriale aveva condannato l’imputato a una pena di un anno e cinque mesi di reclusione e 3.500 euro di multa. Questa sentenza veniva però annullata dalla Corte di Cassazione con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’appello per un nuovo giudizio.

Nel successivo giudizio di rinvio, la Corte d’appello ha riformato parzialmente la condanna, rideterminando la pena in un anno e nove mesi di reclusione, eliminando però la pena pecuniaria. L’imputato, ritenendo questa nuova pena peggiorativa, ha presentato un nuovo ricorso per cassazione, lamentando proprio la violazione del divieto di reformatio in peius.

La Violazione del Divieto di Reformatio in Peius

Il cuore della questione sottoposta alla Suprema Corte era stabilire se una pena di un anno e nove mesi di reclusione (senza multa) fosse peggiore di una pena di un anno e cinque mesi di reclusione accompagnata da una multa di 3.500 euro. Secondo la difesa, l’aumento di quattro mesi della pena detentiva costituiva un chiaro peggioramento, a prescindere dall’eliminazione della sanzione pecuniaria.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso dell’imputato, riconoscendo la fondatezza della doglianza. I giudici di legittimità hanno chiarito che, in presenza di un’impugnazione proposta dal solo imputato, il giudice del rinvio non può irrogare una pena detentiva complessivamente superiore a quella inflitta con la prima sentenza d’appello, poi annullata. Nel caso di specie, l’aumento della pena detentiva, la sanzione più afflittiva per la libertà personale, costituisce un inequivocabile peggioramento della condizione dell’imputato, rendendo irrilevante la contestuale cancellazione della multa.

le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale sul divieto di reformatio in peius. Si è sottolineato che il confronto tra le due sentenze d’appello deve essere globale, ma con un’attenzione particolare alla natura delle pene. La pena detentiva ha un’incidenza diretta sulla libertà personale, che la rende qualitativamente più grave di una pena pecuniaria. Pertanto, un suo aumento non può essere compensato dall’eliminazione di una multa.

La Corte ha inoltre rilevato che l’errore commesso dalla Corte d’appello era emendabile direttamente in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 620, comma 1, lettera l), del codice di procedura penale. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Cassazione ha potuto annullare la sentenza impugnata senza rinvio, limitatamente al punto della pena, e rideterminarla direttamente.

le conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’appello e ha rideterminato la pena finale in un anno e cinque mesi di reclusione, eliminando anche la multa. Di fatto, ha concesso all’imputato il trattamento più favorevole derivante dalla combinazione delle due sentenze d’appello: la pena detentiva più bassa (quella della prima sentenza) e l’assenza della pena pecuniaria (disposta dalla seconda). Questa pronuncia rafforza la garanzia per l’imputato di non vedere la propria situazione aggravata per il solo fatto di aver esercitato il proprio diritto di difesa tramite l’impugnazione, confermando la centralità del principio del favor rei nel processo penale.

Cos’è il divieto di reformatio in peius?
È il principio secondo cui, se solo l’imputato impugna una sentenza, il giudice del grado successivo non può emettere una decisione che peggiori la sua situazione, ad esempio aumentando la pena detentiva.

Una pena può essere considerata peggiorativa anche se la multa viene eliminata?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che se la pena detentiva viene aumentata (in questo caso da 1 anno e 5 mesi a 1 anno e 9 mesi), la pena complessiva è considerata peggiorativa, anche se contestualmente viene eliminata la pena pecuniaria.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione rileva un errore di questo tipo?
In questo caso, trattandosi di un errore di diritto che non richiedeva ulteriori accertamenti di fatto, la Corte di Cassazione ha potuto annullare la sentenza impugnata senza rinvio, correggendo direttamente la pena e rideterminandola in quella corretta (un anno e cinque mesi di reclusione, senza multa).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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