Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20746 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20746 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a PALAGONIA
avverso la sentenza in data 26/10/2023 della CORTE DI ASSISE DI APPELLO
COGNOME;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 26/10/2023 della Corte di assise di appello di Catania, che – a seguito di annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione con sentenza n. 25770 del 17/05/2023- ha riformato la sentenza in data 22/02/2022 della Corte di assise di Catania, qualificando il fatto ascritto al capo A) della rubrica quale omicidio volontario in danno di COGNOME NOME e di tentativo di omicidio nei confronti delle persone indicate al capo B), in esso assorbita la contestazione di cui all0 stesso capo B), con conseguente rideterminazione della pena.
Deduce:
Violazione dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. per reformatio in peius della contestazione formulata al capo B) della rubrica.
Il ricorrente rinviene la violazione del divieto di reformatio in peius nella riqualificazione operata in relazione al capo A), dove è stata sostituita all’originaria
contestazione per strage quella dei reati di omicidio in danno di COGNOME NOME e di tentativo di omicidio in relazione alle persone elencate al capo B), così aggravandosi l’originaria contestazione di lesioni volontarie contestata al ridetto capo B).
A sostegno dell’assunto ripercorre la vicenda processuale, partendo dall’originaria contestazione di strage di cui al capo A) della rubrica, dipoi esclusa dalla Corte di cassazione con la sentenza di annullamento, arrivando alla riqualificazione del capo A) quale omicidio e come tentativo di omicidio in danno delle persone indicate al capo B), ritenendo assorbite nel capo A) le condotte originariamente ascritte al capo B).
La difesa sostiene che «a seguito della riqualificazione del reato contestato al capo A) nella fattispecie di omicidio non possa essere applicata la disciplina del concorso apparente di norme (così come correttamente applicata nel caso di contestazione del reato di cui all’art. 422 c.p.) atteso che la condotta contestata al ricorrente nei capi A) e B) della rubrica a seguito della riqualificazione operata dopo il rinvio della Suprema Corte è ipotesi tipica di concorso di reati, in cui alla pluralità di fattispecie applicabili corrisponde effettivamente una pluralità di reati commessi con una sola azione. . Nel caso di specie, a seguito della sentenza di annullamento con rinvio della Corte di Cassazione per carenza dell’elemento soggettivo e oggettivo del reato di strage, non può trovare applicazione la fattispecie del concorso apparente di norme essendo di lapalissiana evidenza che il venir meno del reato di pericolo pone i reati di omicidio (così come riqualificato) e di lesioni personali (così come originariamente contestati al capo B)) in concorso tra loro».
Da qui la denuncia di violazione del divieto di reformatio in pejus.
Si aggiunge che nessuna delle contestazioni di lesione personale di cui al capo B) supera la durata di 40 giorni, con la conseguenza che in relazione a gran parte di essi andrebbe dichiarata l’improcedibilità per difetto di querela.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che si vanno a specificare.
1.1. Bisogna preliminarmente ricordare che la condotta di NOME -così come pacificamente acclarata- è stata quella di travolgere ripetutamente, con la propria autovettura, un gruppo di persone, così provocando la morte di COGNOME NOME e lesioni in danno di COGNOME NOME (guaribili in 30 giorni), COGNOME NOME (con prognosi di 5 giorni), COGNOME NOME (guaribili in 10 giorni), COGNOME NOME (guaribili in 10 giorni), COGNOME NOME (con prognosi di 40 giorni), COGNOME NOME (guaribili in dieci giorni), NOME (guaribili in 2 giorni), COGNOME NOME (con prognosi di 30 giorni), COGNOME NOME (guaribili in 10 giorni), COGNOME NOME (guaribili in 10 giorni).
Sulla base di tale condotta venivano in origine contestati i reati di strage
(capo A) e lesioni personali in relazione a ciascuna delle persone ora menzionate (capo B).
Tale contestazione veniva ritenuta fondata dalla Corte di assise di Catania, con sentenza in data 19/02/2022, che condannava l’imputato alla pena dell’ergastolo e al risarcimento dei danni in favore delle persone offese.
La sentenza veniva confermata dalla Corte di assise di appello di Catania, con sentenza poi annullata dalla Corte di cassazione.
La sentenza oggi impugnata, pronunciata a seguito del giudizio di rinvio disposto con l’annullamento disposto dalla Corte di cassazione, riqualificava il capo A) da strage a omicidio volontario in danno di NOME e di tentativo di omicidio nei confronti delle persone già menzionate. Al contempo rideterminava la pena, che da ergastolo passava a trenta anni di reclusione.
1.2. A questo punto, va evidenziato che COGNOME impugnava la prima sentenza della Corte di assise di appello soltanto in relazione al capo A) e non anche in relazione alle lesioni di cui al capo B).
Conseguentemente, la sentenza di annullamento della Corte di cassazione si rivolgeva soltanto alla qualificazione giuridica del fatto di cui al capo A) e non anche alla statuizione relativa al capo B), non annullata perché non impugnata.
1.2.1. A fronte di una tale situazione processuale, occorre preliminarmente stabilire se l’annullamento della parte di sentenza impugnata (ossia relativamente al capo A) abbia impedito alla parte non impugnata di acquisire l’autorità di cosa giudicata e, dunque, se -nel caso in esame- fosse o meno consentito al giudice del rinvio di ritornare a esaminare il capo B) (ritenendola assorbita nella condotta descritta al capo A riqualificata cumulativamente come omicidio in danno di COGNOME NOME e di tentativo di omicidio in danno delle persone indicate al capo B).
Tanto perché, ove ciò non fosse consentito, risulterebbe evidente la violazione del divieto di reformatio in peius, insito nella riqualificazione in tentativo di omicidio di un fatto per cui si era già formato il giudicato sulla sua qualificazione come lesione personale, non impugnata da alcuno.
1.2.2. Al fine di sciogliere la questione occorre fare riferimento alla sentenza delle Sezioni Unite n. 4460 del 19/01/1994 (COGNOME, Rv. 196887 – 01) che, pur datata, risulta attualmente valida.
Con tale sentenza è stato enunciato il seguente principio di diritto, affermato in relazione all’art. 545 del codice di procedura penale previgente, ma valido anche per l’attuale art. 624 cod. proc. pen., attesa l’identità delle norme ivi contenute, giacche entrambe dispongono che “Se l’annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata”.
Si è, dunque, affermato che: «Ai fini dell’applicazione del disposto dell’art.
3 COGNOME
A
545 cod. proc. pen. del 1930, concernente l’annullamento della impugnata sentenza da parte della cassazione, per “parti non annullate della sentenza” devono intendersi quelle in ordine alle quali si è ormai del tutto esaurita ogni possibilità di decisione del giudice di merito e, contestualmente, completato l'”iter” processuale e che hanno, così, acquistato, perché definitive, “autorità di cosa giudicata”, mentre il rapporto di “connessione essenziale” tra parti annullate e parti non annullate della sentenza deve intendersi, come necessaria interdipendenza logico giuridica tra le parti suddette, nel senso che l’annullamento di una di esse provochi inevitabilmente il riesame di altra parte della sentenza seppur non annullata. (La Cassazione ha altresì affermato che per “parte” della sentenza deve intendersi qualsiasi statuizione che abbia una sua propria autonomia giuridico-concettuale)».
Al fine di stabilire se la statuizione relativa alla parte di sentenza non impugnata e non annullata sia stata -comunque- travolta dalla parte annullataoccorre -dunque- verificare l’esistenza di un rapporto di necessaria interdipendenza logico-giuridica tra le parti suddette, nel senso che l’annullamento di una di esse provochi inevitabilmente il riesame di altra parte della sentenza seppur non annullata, sollecitando su entrambe i poteri di giudizio e, quindi, la decisione del giudice.
1.2.3. Tale rapporto di stretta interdipendenza si rinviene nel caso in esame.
A tale proposito si rileva come nel capo A) sia descritta per intero e compiutamente la condotta tenuta da COGNOME (ossia quella di investire e di travolgere ripetutamente un gruppo di persone al fine di uccidere, provocando la morte di NOME e «lesioni personali di numerosi astanti, meglio descritte nel successivo capo B)».
Nel fatto così descritto emerge che la condotta imputata sia accompagnata dalla finalità di uccidere, omogeneamente e complessivamente rivolta sia nei confronti di COGNOME NOME (nei cui confronti l’intento omicidiario effettivamente si realizzava) sia nei confronti di tutti gli altri,pure travolti più volte dall’imputa autovettura (nei cui confronti l’evento morte non si verificava per cause indipendenti dalla volontà dell’agente).
Proprio tale tecnica di formulazione fa emergere che l’annullamento disposto dalla Corte di cassazione in relazione al capo A), accompagnato dall’espresso invito -rivolto dalla Corte di cassazione al giudice del rinvio- di riqualificare il fatt considerando la possibilità che si configurino reati contro la persona, implica necessariamente che la Corte di appello era stata chiamare a riqualificare la condotta descritta nel capo, considerata nella sua interezza, descritta nel capo d’imputazione per come dianzi precisato, ossia come azione univocamente diretta a uccidere tutti gli astanti e non solo NOME.
Da ciò discende che la riqualificazione del capo A),considerato nella sua
interezza, così come operata dalla Corte di assise di appello, non solo era legittima, ma era addirittura doverosa, in quanto attuativa del dovere imposto al giudice del rinvio dall’art. 627, comma 3, cod. proc. pen..
Quanto esposto, peraltro, vale anche ad evidenziare come non possa neanche ritenersi violato l’art. 521 cod. proc. pen., atteso che l’intenzione di uccidere rivolta a tutti i soggetti passivi era già presente sin dall’originaria imputazione e su quella contestazione l’imputato ha potuto dispiegare (e ha dispiegato) compiutamente le proprie difese.
Va ribadito, invero, che «non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, posto che l’immutazione si verifica solo laddove ricorra tra i due episodi un rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato, messo così, a sorpresa, di fronte a un fatto del tutto nuovo senza avere avuto nessuna possibilità d’effettiva difesa», (Sez. 2 – , Sentenza n. 10989 del 28/02/2023, COGNOME, Rv. 284427 – 01).
Una volta stabilito che l’annullamento disposto per il capo A) consente il riesame della condotta ivi descritta, occorre verificare se sia rinvenibile il lamentato vizio di violazione del divieto di reformatio in peius nella sua riqualificazione nel senso di ritenere configurato il delitto di omicidio in danno di COGNOME NOME e il delitto di tentativo di omicidio in danno di tutte le altre persone già menzionate.
La risposta al quesito è necessariamente negativa, in quanto il divieto di reformatio in peius non si riferisce alla qualificazione giuridica del fatto, ma al trattamento sanzionatorio in senso stretto, visto che l’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. vieta l’irrogazione di una pena più grave per specie o quantità e, anzi, prevede espressamente la possibilità di dare al reato una definizione giuridica più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado (cfr., in tal senso, da ultimo, tra molte, Sez. 6 – , Sentenza n. 47488 del 17/11/2022, Rv. 284025 – 01).
Tutte tali condizioni sono state rispettate nel caso in esame, in quanto alla nuova qualificazione giuridica è seguita una riduzione della pena complessivamente irrogata, visto che in luogo della precedente condanna all’ergastolo è stata disposta la condanna di COGNOME ad anni trenta di reclusione.
Da ciò la manifesta infondatezza del ricorso.
Rimane assorbita la questione relativa alla necessità della querela, peraltro genericamente e aspecificamente sollevata dalla difesa.
Quanto COGNOME esposto COGNOME porta COGNOME alla COGNOME declaratoria COGNOME di COGNOME inammissibilità dell’impugnazione, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del
5 COGNOME
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 aprile 2024 Il Consigliere estensore
COGNOME
Il Presidente