Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36173 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36173 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a ROMAGNESE il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE d’APPELLO di ROMA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità d ricorso; ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n. 137/
del successivo art. 8 D.L. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Roma ha parzialmente riformato la sentenza del tribunale di Roma che aveva riconosciuto l’imputato colpevole dei reati di rap aggravata, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate condannando l’imputato alla p di giustizia, applicate le aggravanti e la recidiva contestata (specifica, reit infraquinquennale).
La sentenza d’appello, respinti i motivi in punto di affermazione di responsabilità, ricono all’imputato le circostanze attenuanti generiche e, operato il giudizio di bilanciamento, gi a ritenerle equivalenti alle contestate aggravanti, recidiva inclusa, riducendo conseguenteme il trattamento sanzionatorio.
Con il ricorso in Cassazione viene formulato un unico motivo incentrato sulla denuncia del violazione del divieto di reformatio in peius.
Si sostiene che, in assenza di appello del pubblico ministero, la pena base sia st indebitamente aumentata posto che il giudice di primo grado era partito dal minimo editta
previsto dalla norma all’epoca del fatto (quattro anni di reclusione) procedendo poi all’aum (di 2/3) per la recidiva contestata. Pertanto, si conclude, i giudici di appello sono incorsi considerando la pena base per il reato di rapina in anni 5 di reclusione facendo riferimento pena prevista dall’art. 628 c.p. nella misura determinata dalla legge 36/2019 sebbene all’ep del commesso reato (luglio del 2018) la pena minima prevista fosse quella di anni quattro reclusione.
Sia il Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIO, che il difensore dell’imputato NOME COGNOME, hanno inviato una memoria chiedendo, rispettivamente, l’inammissibilità de ricorso ed il suo accoglimento con conseguente annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza deve essere annullata, seppure per ragioni parzialmente differenti da quell prospettate nel ricorso.
Infatti, seppure correttamente impostato nella prospettiva della violazione del divi reformatio in peius, il motivo di ricorso si fonda sulla premessa doppiamente errata che (i) Giudici d’appello, probabilmente, sono incorsi in errore considerando la pena base per il rea rapina in anni cinque di reclusione” e che (li) il Giudice di primo grado avesse indicato pena base per il reato di rapina anni quattro di reclusione, il minimo edittale previsto dall all’epoca del fatto, aumentata per effetto della contestata recidiva.., ad anni sei e mesi reclusione (aumento di 2/3)” (pg.2 del ricorso).
Per contro, il giudice di primo grado, ritenendo applicabile sia l’aggravante propria del r rapina che la recidiva contestata, aveva correttamente ritenuto di applicare la pena prevista l’aggravante più grave (quella ex art.628 comma 3 c.p., che comporta il raddoppio della pe edittale massima rispetto al reato di rapina non aggravato, piuttosto che la recidiva conte -art.99 comma4 c.p.- che comporta l’aumento di due terzi della pena), aumentandola poi di un terzo per la recidiva, in applicazione del disposto dell’art.63, quarto comma, c.p.. Pertant pena minima edittale vigente all’epoca del fatto per la rapina aggravata, 5 anni di reclu (oltre alla pena pecuniaria), aveva aggiunto l’aumento per la recidiva giungendo alla pena di anni e 8 mesi di reclusione (5 anni = 60 mesi; più 1/3 di 60 mesi ex art.63.4 e 99.4 c.p. mesi = 1 anno e 8 mesi; pena finale per la rapina aggravata con recidiva = 6 anni e 8 mesi reclusione).
La Corte d’appello, concesse le circostanze attenuanti generiche, ha eliso ogni aumento per circostanza aggravante contestata e per la recidiva, ed ha ritenuto di determinare la pena b in 5 anni di reclusione, procedendo poi ad aggiungere, per effetto della continuazione, aumento per i reati satellite.
Alla luce di quanto precede, la Corte d’appello non ha commesso l’errore indicato d difensore poiché non vi era alcun obbligo di applicare il minimo edittale per il reato di semplice vigente all’epoca del fatto (quattro anni di reclusione). Infatti, non vi è alcun che imponga in appello, a fronte della revisione dei criteri per la determinazione della l’applicazione del minimo edittale che era stato determinato dal primo giudice; né ha avuto lu
il superamento della misura della pena base irrogata in primo grado (sempre 5 anni d reclusione).
Ciò non di meno, la Corte d’appello, ‘allontanandosi’ dal minimo edittale (che a seguito d applicazione in secondo grado delle circostanze attenuanti generiche era divenuto quello, vigen all’epoca del fatto, di quattro anni di reclusione) ha omesso di fornire una adeguata motivaz della propria scelta che, come per ogni punto della decisione, richiede specifica, per qu sintetica, motivazione. Costituisce infatti principio consolidato quello per cui “il giudice d dopo aver escluso una circostanza aggravante o riconosciuto un’ulteriore circostanza attenuant in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, può, senza incorrere nel divieto di “reformatio in peius”, confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza t le circostanze, purché questo sia accompagnato da adeguata motivazione (Sez. U, n. 33752 del 18/04/2013, Papola, Rv. 255660 – 01). Per contro, la motivazione, pur ‘sterilizzando’ di l’impatto delle concesse circostanze attenuanti generiche rispetto alla pena edittal completamente omesso di spiegare le ragioni della scelta, incorrendo pertanto nel segnalat vizio motivazionale e, di riflesso, nella denunciata violazione del principio del divieto di reformatio in peius.
Da quanto considerato deriva la necessità di accogliere il ricorso con conseguent annullamento della sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Roma cui il processo v rinviato per assegnazione ad altra Sezione che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.
Così deciso in Roma, 27 giugno 2024
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