Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 32161 Anno 2025
XX,
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME
Penale Sent. Sez. 3 Num. 32161 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
avverso la sentenza del 05/12/2024 della Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 31/01/2023, la Corte di cassazione ha annullato con rinvio la sentenza, appellata dal ricorrente, con cui la Corte di appello di Roma, in data 25/03/2022, ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 24/06/2021, con la quale l’imputato Ł stato giudicato responsabile del reato di violenza sessuale aggravata commessa nei confronti della nipote infra-decenne della propria compagna.
Con sentenza in data 12/07/2023, la Corte di appello di Roma, decidendo in sede di primo rinvio, in parziale riforma della sentenza di primo grado, concesse le circostanze attenuanti generiche, ha ridotto la pena inflitta all’imputato a cinque anni di reclusione, disponendo le statuizioni civili.
Con sentenza in data 14/02/2024, la Corte di cassazione ha nuovamente annullato con rinvio la seconda sentenza della Corte di appello di Roma del 12/07/2023.
Con sentenza in data 05/12/2024, la Corte di appello di Roma, decidendo in sede di secondo rinvio, ha confermato la sentenza di primo grado e ha disposto le statuizioni civili.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Roma del 05/12/2024, XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, la difesa lamenta mancanza e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606, lett. e), cod. proc. pen., in relazione alla sussistenza del fatto contestato.
Premette il ricorrente che le precedenti sentenze di condanna sono state annullate a) per la riconosciuta tendenza della minore a raccontare fatti non realmente accaduti, b) per la contraddittorietà dei racconti della minore, passati attraverso le prime confidenze agli adulti e poi versati nelle dichiarazioni rese in audizione protetta prima e nel corso dell’incidente
probatorio poi, nel corso dei quali le versioni avevano subito aggiustamenti, c) per il comportamento del ricorrente, apparentemente incoerente con quello di chi si sia macchiato di un crimine così grave.
2.1.1. In primo luogo, la difesa deduce travisamento della prova nella parte in cui la Corte di appello ha affermato che la minore avrebbe chiamato papà anche il compagno della mamma, dal momento che, nonostante il padre naturale della persona offesa si trovasse in carcere e fosse emerso che costei – all’epoca dei primi colloqui con le consulenti della Procura della Repubblica (giugno 2019) -chiamasse papà soltanto il padre naturale, la minore aveva riferito, nei menzionati colloqui, di trascorrere alcuni giorni con il papà presso casa della nonna. In sede di incidente probatorio (febbraio 2020), a distanza di circa sette mesi dai primi colloqui, nella bambina era scattato un meccanismo di sostituzione della figura paterna, per cui individuava il padre nel compagno della mamma, tanto da distinguere il padre naturale dal compagno della madre solo a seguito delle insistenze della psicologa. In tal senso, la minore mostrava di non raccontare i fatti per come effettivamente verificati.
Per altro verso, la deposizione della nonna paterna della minore aveva fatto emergere circostanze che rafforzavano il convincimento che la minore inventasse episodi raccontati come se fossero realmente accaduti, richiamando in proposito alcuni passaggi delle sentenze di annullamento con rinvio della Corte di cassazione del 14/02/2024 e del 31/01/2023. Sottolinea la difesa che la nonna paterna aveva raccolto per prima, unitamente alla madre, il racconto della minore, denunciando per prima il presunto abuso.
2.1.2. In secondo luogo, la difesa deduce come, rispetto alla censura relativa al fatto che la minore avesse fornito piø versioni della vicenda tra loro contrastanti, riferendo solo in sede di incidente probatorio di essere stata costretta a praticare l’atto sessuale, la Corte territoriale in sede di rinvio aveva affermato che la versione offerta dalla minore in sede di incidente probatorio fosse stata il frutto di una ‘autodifesa’ della bambina, avvertendo quest’ultima la necessità di non apparire ‘complice’ dell’uomo; in tal modo non indagando il tema della suggestione, sul quale invece gravava un dovere di accertamento, e riconoscendo la capacità della minore di non raccontare gli episodi per come realmente si fossero svolti, ma in relazione a quello che, secondo costei, poteva e doveva essere raccontato.
Aggiunge la difesa che, avendo la Corte territoriale implicitamente ritenuto la veridicità del primo racconto della minore, reputando quanto riferito in sede di incidente probatorio il frutto di una strategia di autodifesa della bambina, tale spiegazione sarebbe deficitaria e irragionevole, avendo la Corte di cassazione nella sentenza del 14/02/2024 evidenziato come la prima versione della minore fosse caratterizzata da una intrinseca illogicità.
Per altro verso, la Corte di merito era anche venuta meno al preciso dovere di analizzare il tema richiamato nell’ultima sentenza di legittimità, vale a dire quello del comportamento del ricorrente, rientrato in Italia quando avrebbe invece facilmente evitato l’arresto, rimanendo nel suo Paese di origine.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa lamenta mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 609-bis ultimo comma cod. pen.
Lamenta la difesa la contraddittorietà e l’erroneità della motivazione della Corte territoriale che ha ritenuto non potersi concedere le circostanze attenuanti generiche, quando invece i precedenti giudici del merito le avevano già concesse, sul presupposto che il fatto fosse stato poco invasivo nei confronti della minore, in quanto di brevissima durata, e addirittura percepito dalla parte offesa come un gioco. Per cui, il ricorrente lamenta la
manifesta illogicità della motivazione sul tema specifico della invocata circostanza attenuante della minore gravità del fatto negata sulla base della astratta gravità del fatto, quando, invece, nell’ambito del medesimo processo, era stata riconosciuta la fugacità ed occasionalità della condotta e la circostanza che la minore non aveva colto il disvalore di quanto accaduto, non riverberando alcuna conseguenza sul piano psichico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato.
1.1. Occorre premettere che la sentenza della Quarta sezione della Corte di cassazione n. 19362 del 14/02/2024, nell’annullare con rinvio la sentenza della Corte di appello di Roma del 12/07/2023, ha affermato che la motivazione era mancante ed illogica con riferimento alla capacità a testimoniare della minore, precisando che il tema devoluto all’esame del giudice di rinvio dalla Corte di legittimità con la prima sentenza di annullamento del 31/01/2023 afferiva ad una analisi “diretta ad esaminare il modo in cui la giovane vittima ha vissuto ed ha rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerità, travisamento del fatto e menzogna”, ferma restando la necessità di rapportare tale verifica ‘all’età, alle condizioni emozionali, che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, alla qualità e alla natura dei rapporti familiari’.
Tuttavia, la trama motivazionale del giudice del rinvio si era mossa sulla falsariga della sentenza annullata, assumendo che le censure svolte dal consulente tecnico della difesa attenevano piø al versante del metodo con il quale era stato condotto l’esame della capacità a testimoniare della minore piuttosto che al merito; che le notazioni risultavano astratte e non dirimenti e che gli esiti delle consulenze sulla minore avevano dato esiti rassicuranti sulla capacità di testimoniare e i narrati non presentavano significativi scostamenti da quanto riferito nell’immediatezza del fatto.
In tal modo, la motivazione era risultata del tutto elusiva rispetto al tema devoluto, che era quello di verificare se la riconosciuta idoneità di XXXXXXX a elaborare le informazioni ricevute e a raccordarle tra di esse e riferirle in una visione complessiva, fosse compatibile con quanto dalla stessa riferito, o confidato, nelle varie cadenze processuali, ovvero se il narrato, in tutto o in parte, fin dall’origine o in epoca successiva, potesse essere stato mistificato da suggestioni etero indotte, ovvero da una soggettiva inidoneità della minore, dovuta all’età, alle personali condizioni emozionali ed affettive e alla soggettiva capacità di relazionarsi con gli adulti nell’ambito dei rapporti familiari, di tenere distinti i piani del reale e del fantastico.
La motivazione sul punto era risultata, inoltre, meramente apparente e reiterativa del percorso motivazionale già censurato dal giudice di legittimità, in assenza di una adeguata complessiva ricostruzione della vicenda alla luce delle fonti di prova e di una accurata analisi delle relazioni della minore con gli altri familiari.
1.2. Tanto premesso, ritiene il collegio che la sentenza impugnata abbia colmato – con argomenti coerenti con le rappresentate fonti di prova, giuridicamente corretti e intrinsecamente logici – le lacune motivazionali segnalate dalla Corte di cassazione, illustrando con argomenti del tutto razionali e agevolmente apprezzabili nella loro significatività logica, la sussistenza della capacità a testimoniare nella minore e l’attendibilità delle dichiarazioni da costei rese, apprezzate nella loro complessiva valenza.
Non sono, quindi, ravvisabili aporie e illogicità nel costrutto argomentativo su cui Ł imperniata la decisione in esame.
Al riguardo deve invero richiamarsi la consolidata affermazione di questa Corte (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv.
265482) secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profili di irrazionalità, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. ¨ stato altresì precisato (Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, Rv. 281647; Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, Rv. 270519) che il principio dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”, introdotto nell’art. 533 cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza, che non può essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità, come avvenuto nel caso di specie, sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell’appello, giacchØ la Corte Ł chiamata a un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva per mezzo di una valutazione unitaria e globale dei singoli atti e dei motivi di ricorso su di essi imperniati, non potendo la sua valutazione sconfinare nel merito.
Alla luce di tali premesse interpretative, deve ribadirsi che i giudici del rinvio hanno ben recepito le direttive ermeneutiche della sentenza rescindente.
2.1. La Corte di appello, infatti, nel condividere le valutazioni dei giudici di primo grado e nel confrontarsi puntualmente con i rilievi della sentenza rescindente, ha ritenuto sussistere nella persona offesa minore la capacità a testimoniare, precisando che i fatti riferiti dalla bambina ritenuti non corrispondenti alla realtà sulla base delle dichiarazioni della nonna non erano, a ben vedere, dati sintomatici di una tendenza a rappresentare fatti non veri: gli episodi, riferiti dalla minore, relativi al fatto che la madre fosse stata picchiata e insultata dal compagno NOME, ovvero alle accuse rivolte dalla madre e dal compagno al primo marito di quest’ultima, NOME, di essere il mandante di un’aggressione ai danni di COGNOME, o ancora all’esistenza del sospetto di una relazione tra il predetto XXXXXXXXX e tale XXXXXXXXX, osserva non illogicamente la Corte territoriale che trovano una spiegazione congrua nell’aver la bambina potuto ascoltare gli adulti raccontare tali episodi, dal momento che la stessa nonna aveva ammesso che, in altre occasioni, l’uomo aveva alzato le mani sulla madre della minore e non aveva escluso che l’ipotesi del coinvolgimento del figlio XXXXXXXXX sull’aggressione ai danni di
XXXXXXXXXX o l’ipotesi della relazione tra il figlio e tale XXXXXXXXX potessero essere state ipotizzate dalla madre della minore e aver costituito argomenti di discussione davanti alla minore medesima.
NØ ancora poteva attribuirsi valore alla circostanza che la minore avesse riferito della presenza del padre biologico in casa quando invece costui era detenuto in carcere, dal momento che l’appellativo papà era attribuito dalla minore sia al padre biologico (XXXXXXXXX), sia al compagno della madre (XXXXXXXXXX), e che il padre biologico, collocato la presenza in casa del padre biologico, poichØ, se tale presenza fosse stata riferita prima del periodo di detenzione in carcere, era stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, senza che le doglianze mosse avessero chiarito in che contesto la minore avesse al periodo di arresti domiciliari, l’affermazione avrebbe trovato corrispondenza nella realtà.
Quanto all’invito delle psicologhe di indicare la definizione di una cosa fantastica, la risposta della bambina, che all’epoca aveva cinque anni, doveva ritenersi congrua, mentre non erano da considerarsi suggestive le domande poste dalle psicologhe nel corso dell’audizione protetta e dell’incidente probatorio, essendo prive di suggerimenti di sorta; le
indecisioni della minore, rapportate ai temi sottopostile, infine, non erano significative di incapacità a testimoniare, anche in ragione delle argomentazioni delle consulenti nominate dal Pubblico ministero che avevano descritto la minore capace di testimoniare, perchØ in possesso di abilità generiche e specifiche, con una maturità psico-affettiva adeguata all’età, mostrandosi capace di ricordare, di organizzare i pensieri, di distinguere il reale dal fantastico, senza rilevare atteggiamenti condiscendenti o indici di suggestione.
2.2. Quanto alla attendibilità delle dichiarazioni rese dalla minore, la Corte territoriale ha logicamente evidenziato l’attendibilità del narrato della persona offesa, soffermandosi sul momento della rivelazione dei fatti e descrivendo il contesto in cui la rivelazione era emersa – ovvero subito dopo il verificarsi dell’episodio, avendo la minore spontaneamente raccontato alla madre quello che era avvenuto poco prima e che il nonno le aveva chiesto di non riferire -, precisando come la minore avesse mostrato di non comprendere la gravità dell’atto compiuto e sottolineando come la pratica sessuale raccontata non avrebbe potuto essere conosciuta da una minore di 4-5 anni, se non avendone fatto esperienza diretta, infine escludendo – diversamente da quanto sostenuto in ricorso – che la madre avesse potuto suggerire alla bambina alcunchŁ sull’argomento, considerato il pochissimo tempo intercorso tra l’evento e la rivelazione e il fatto che trattavasi di pratica sessuale del tutto estranea alla sua esperienza di bambina.
La Corte territoriale sottolinea come la minore abbia poi risposto a tutte le domande rivoltele in sede di incidente probatorio, seppur cercando di evitare l’argomento dell’atto sessuale, in cui il tono di voce della minore si abbassava fino a definire flebile, per poi ridiventare squillante su altri argomenti. In ogni caso, la Corte di merito precisa che l’episodio era stato riportato dalla minore in modo sintetico, ma preciso ed inequivocabile, attribuendo al nonno sempre la stessa identica condotta relativa al compimento di un preciso atto sessuale, così mostrando competenze cognitive e consapevolezza in merito al motivo per cui era stata sentita.
2.3. Quanto alla doglianza secondo la quale la bambina aveva inizialmente rappresentato l’accaduto come una sorta di gioco tra lei e il nonno per poi dichiarare, in sede di incidente probatorio, di aver aderito alle richieste dell’uomo perchØ forzata in tal senso, la Corte distrettuale ha congruamente chiarito come le prime dichiarazioni della minore siano state mediate dalla capacità rappresentativa della madre e della nonna, con la precisazione che quest’ultima aveva piø volte riferito di non ricordare chi le avesse riferito quella particolare notizia, aggiungendo inoltre la logica considerazione circa l’acquisizione, da parte della minore, della consapevolezza, prima assente, della illiceità della condotta del nonno, sicchŁ, nel riferire che ella era stata forzata a fare qualcosa che non avrebbe voluto fare, la bambina aveva sostanzialmente preso le distanze da quanto accaduto come conseguenza di una autodifesa comprensibile e prevedibile a seguito della acquisita consapevolezza della valenza negativa dell’episodio occorsole, onde collocarsi in una posizione incolpevole rispetto all’evento. Sempre quale conseguenza di tale descritta autodifesa la Corte territoriale ha non illogicamente spiegato il contrasto narrativo in merito all’ingresso in bagno, definendo in ogni caso tale contrasto quale divergenza di dettaglio.
3. In definitiva, in quanto ancorato a considerazioni scevre da aspetti di irrazionalità e coerenti con le acquisizioni probatorie, correttamente intese nel loro significato reale e logicamente correlate tra loro, il giudizio di attendibilità della persona offesa compiuto dalla Corte territoriale Ł esente da vizi che ne inficino la tenuta logica e non presta il fianco alle censure difensive, che si articolano nella sostanziale proposta di una lettura alternativa del materiale istruttorio disponibile, operazione, come detto, estranea al perimetro del sindacato
di legittimità, dovendosi ribadire, in particolare, che tutti i profili di criticità segnalai dalla sentenza rescindente sono stati superati di giudici del secondo rinvio all’esito di disamina esauriente e razionale delle fonti dimostrative acquisite.
E’ insegnamento di questa Corte, infatti, che non basta prospettare una valutazione della prova diversa rispetto a quella del giudice di merito ovvero asserire l’eventuale erronea lettura di un dato fattuale per denunciare il vizio di illogicità manifesta, essendo altresì necessario spiegare perchØ venga a configurarsi una illogicità manifesta, ovverosia di immediata e lampante evidenza, tale da scardinare e destrutturare l’intero impianto motivazionale di riferimento (Sez. 2, n. 38818 del 07/06/2019, M., Rv. 277091).
Di qui la manifesta infondatezza delle censure in punto di responsabilità.
Il secondo motivo di ricorso Ł parzialmente fondato nei termini di seguito esposti.
4.1. Innanzitutto, Ł manifestamente infondata la doglianza relativa al mancato riconoscimento della circostanza attenuante della minore gravità.
Secondo il consolidato orientamento di legittimità, per la valutazione della configurabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 609bis , comma 3, cod. pen., deve farsi riferimento a una valutazione globale del fatto, in cui assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le sue caratteristiche psicologiche in relazione all’età, l’occasionalità o la reiterazione delle condotte, nonchØ la consistenza del danno arrecato, anche in termini psichici, sempre che tutti i menzionati parametri si assestino su soglie di gravità lievi, mentre, ai fini del diniego della stessa attenuante, Ł sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità (Sez. 3, n. 8735 del 24/11/2022, dep. 2023, B., Rv. 284203; Sez. 3, n. 35695 del 18/09/2020, L., Rv. 280445; Sez. 3, n. 21623 del 15/04/2015, K., Rv. 263821).
Orbene, la Corte di appello ha ritenuto di non riconoscere la invocata attenuante di cui all’art. 609bis , ult. comma, cod. pen., in ragione della natura particolarmente invasiva della condotta contestata, nonchØ del fatto che l’abuso era avvenuto in danno di una bambina in tenerissima età da parte di persona che aveva una posizione qualificata (nonno acquisito) e che aveva approfittato delle condizioni di minorata difesa della piccola e della fiducia nascente dall’esistente rapporto di natura affettiva.
Il Collegio ritiene che la motivazione non sia affetta dai denunciati vizi di illogicità e contraddittorietà.
Va ricordato in proposito che, per la concedibilità dell’attenuante speciale, rilevano solo gli elementi indicati nel comma primo e non quelli indicati nel comma secondo dell’art. 133 cod. pen., ossia a) il disvalore della condotta criminale desunto dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione; b) la gravità del danno criminale o del pericolo cagionato alla persona offesa; c) la intensità del dolo o il grado della colpa (Sez. 3, n. 14560 del 17/10/2017, dep. 2018, B., Rv. 272564; Sez. 3, n. 42439 del 05/05/2016, F., Rv. 267903). Pertanto, quando occorra valutare la sola gravità del reato, dovendo stabilire se il reato di violenza sessuale sia o meno di ‘minore gravità’, il giudice dovrà valutare esclusivamente gli elementi indicati nel primo comma dell’art. 133 cod. pen. perchØ gli unici idonei a conferire il carattere di maggiore o minore gravità del reato (Sez. 3, n. 31841 del 02/04/2014, C., Rv. 260289).
E, dunque, nel caso in esame, con logica e adeguata motivazione, sono stati correttamente valutati elementi che non consentono di affermare la minore gravità dei fatti: Ł stato, infatti, accertato un abuso nei confronti di una minore in tenera età da parte di soggetto cui la minore era stata temporaneamente affidata che aveva approfittato delle
condizioni di minorata difesa della piccola – non in grado di opporsi e di comprendere il significato e la gravità della condotta subita – e del rapporto fiduciario che si era tra costoro instaurato.
La decisione appare in sintonia con i principi espressi da questa Corte secondo i quali, «In tema di reati contro la libertà sessuale, deve escludersi la configurabilità dell’attenuante della minore gravità del fatto nel caso in cui la condotta sia stata tenuta ai danni di una minore nell’ambito di un rapporto fiduciario di affidamento, anche temporaneo e occasionale, tra l’autore del reato e la vittima» (Sez. 3, n. 43623 del 20/06/2018, S., Rv. 274061; Sez. 3, n. 24342 del 17/02/2015, T., Rv. 264116; Sez. 3, n. 38057 del 30/09/2002, C., Rv. 223789).
NØ si ravvisano elementi di contrasto con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ad opera della sentenza della Corte territoriale nel primo giudizio di rinvio, dal momento che anche la sentenza che aveva concesso le circostanze di cui all’art. 62-bis cod. pen. aveva negato la circostanza attenuante speciale e che, per giurisprudenza costante, all’applicazione di quest’ultima circostanza, non consegue automaticamente l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, in quanto, come già ricordato, mentre per la concedibilità di queste ultime rilevano tutti i parametri indicati nell’art. 133 cod. pen., per la concedibilità dell’attenuante speciale rilevano solo gli elementi indicati nel comma primo e non quelli indicati nel comma secondo del predetto articolo (Sez. 3 n. 42439 del 05/05/2016, F., Rv. 267903; Sez. 3, n. 1192 del 08/11/2007, dep. 2008, F., Rv. 238551).
In definitiva, le considerazioni della sentenza impugnata con le quali Ł stata negata l’applicabilità della circostanza attenuante speciale, attaccate solo in parte nei motivi di ricorso, non sono censurabili in sede di legittimità, con la conseguente manifesta infondatezza della doglianza relativa al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di minore gravità dei fatti.
4.2. E’ invece fondata la doglianza relativa al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, già concesse dalla sentenza emessa dalla Corte di appello il 12/07/2023 nel primo giudizio di rinvio.
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, infatti, il principio sancito dall’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. opera anche nel giudizio di rinvio e si estende a tutti gli eventuali, ulteriori giudizi di rinvio, nel senso che la comparazione fra sentenze, necessaria alla individuazione del trattamento meno deteriore, deve essere eseguita tra quella di primo grado e quelle rese in detti giudizi, restando immodificabile in peius l’esito piø favorevole tra quelli intervenuti a seguito di esclusiva impugnazione dell’imputato (Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014, C., Rv. 258652; Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285801; Sez. 4, n. 31840 del 17/05/2023, COGNOME, Rv. 284862; Sez. 6, n. 16676 del 30/03/2023, COGNOME, Rv. 284591; Sez. 5, n. 38470 del 10/07/2019, COGNOME, Rv. 277747).
La Corte di appello, con la sentenza del 12/07/2023, adottata nel primo giudizio di rinvio, aveva riconosciuto all’imputato le circostanze attenuanti generiche e rideterminato il trattamento sanzionatorio in cinque anni di reclusione.
Con il ricorso per cassazione proposto avverso la predetta sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma il 12/07/2023, in sede di primo rinvio, l’imputato non ha impugnato la statuizione sulla pena, avendo sollevato con il gravame motivi concernenti esclusivamente il capo sulla responsabilità penale, per cui la statuizione concernente il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche non poteva essere oggetto di modifica, se non in melius, da parte del giudice di secondo rinvio (sentenza della Corte di appello di Roma del 05/12/2024, oggetto del presente ricorso), non avendo il Pubblico ministero impugnato quella statuizione, coperta dal giudicato interno parziale e, per l’effetto, dal conseguente divieto di reformatio in
peius.
A questo proposito la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in caso di annullamento con rinvio della sentenza di condanna su ricorso dell’imputato relativo alla sussistenza del reato ed alla sua responsabilità, la cognizione del giudice di rinvio Ł limitata dal giudicato implicito formatosi sul capo della sentenza relativo alla misura della pena, non interessato dall’annullamento, cosicchØ, in caso di conferma della condanna, per il combinato disposto degli artt. 597, comma 3, 609 e 627, comma 2, cod. proc. pen., la pena irrogata non può essere piø grave, per specie e quantità, di quella inflitta dal giudice di primo grado o, se inferiore, di quella rideterminata in grado d’appello con la sentenza annullata (Sez. 2, n. 7808 del 04/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278680).
L’art. 627, comma 2, cod. proc. pen., nel prevedere che il giudice di rinvio a seguito di annullamento decide con gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza Ł stata annullata, fa espressamente salve le limitazioni stabilite dalla legge. Fra queste, viene in rilievo quella che deriva dall’art. 609 cod. proc. pen., che regola l’effetto devolutivo nel giudizio di cassazione. In particolare, se i motivi proposti con il ricorso per cassazione non comprendono il trattamento sanzionatorio, il punto deve ritenersi coperto da giudicato implicito, con la conseguenza che il giudice di rinvio non può rideterminare la pena con effetti in malam partem per l’imputato (Sez. 2, n. 46307 del 20/07/2016, Buono, Rv. 268315; Sez. 5, n. 1133 del 15/12/1997, dep. 1998, COGNOME, Rv. 209559 – 01).
Deve, quindi, essere ribadito l’indirizzo uniforme di questa Corte in forza del quale, in caso di impugnazione del solo imputato, il divieto della “reformatio in peius”, operante anche nel giudizio di rinvio, si estende a tutti gli eventuali, ulteriori giudizi di rinvio, nel senso che la comparazione fra sentenze necessaria all’individuazione del trattamento meno deteriore per l’imputato deve essere eseguita tra quella di primo grado e quelle rese in detti giudizi, restando immodificabile “in peius” l’esito per lui piø favorevole tra quelli intervenuti, a seguito di sua esclusiva impugnazione, con le varie decisioni di merito succedutesi nel corso del processo (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285801, cit.; Sez. 2, n. 3161 dell’11/12/2012, dep. 2013, F., Rv. 254536; Sez. 2, n. 34557 del 08/05/2009, Gaeta, Rv. 245234; Sez. 4, n. 38820 del 16/09/2008, Artico, Rv. 242119; Sez. 1, n. 26898 del 22/05/2001, Salzano, Rv. 219920).
Applicando gli esposti principi al caso di specie si ha che il trattamento deteriore nei confronti dell’imputato Ł conseguito al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche operato dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata, posto che sulla concessione delle dette circostanze attenuanti operata dalla Corte di appello in sede di primo rinvio e sul conseguente trattamento sanzionatorio non vi era stata alcuna impugnazione da parte dell’accusa (il ricorso per cassazione venne proposto solo dall’imputato), per cui su tale capo della decisione si era formata una preclusione processuale e il riconoscimento delle circostanze attenuanti, favorevole all’imputato, non poteva essere oggetto di rivalutazione da parte del giudice del secondo rinvio, cui era demandato il compito di colmare le lacune motivazionali ravvisate dalla Quarta sezione in ordine alla sussistenza della capacità a testimoniare e alla attendibilità della persona offesa minore.
Versandosi in ipotesi senz’altro sussumibile nell’ambito applicativo dell’art. 620, lett. l), cod. proc. pen., poichØ il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e la rideterminazione della pena operata dalla Corte territoriale nel primo giudizio di rinvio non sono stati oggetto dei motivi di ricorso in cassazione, il trattamento sanzionatorio va rideterminato nei medesimi termini stabiliti dalla sentenza della Corte di appello del
12/07/2023 in cinque anni di reclusione, previo giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche riconosciute e le circostanze aggravanti contestate.
5.In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla pena principale che va rideterminata in cinque anni di reclusione. Nel resto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena principale che ridetermina in cinque anni di reclusione. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS.
196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 08/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME