Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11763 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11763 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nato a Castellammare di Stabia il DATA_NASCITA,
COGNOME NOME, nato a Ancona il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 24/02/2023 della Corte appello di Ancona; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; sentito il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio nei confronti di COGNOME NOME limitatamente all’aumento di pena in continuazione; rigetto nel resto; dichiararsi l’inammissibilità del ricorso dì COGNOME NOMENOME sentiti i difensori:
AVV_NOTAIO, per COGNOME NOME,
AVV_NOTAIO, per COGNOME NOME, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Ancona, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Ancona, emessa il 15 luglio 2020, ha confermato la responsabilità dei ricorrenti in ordine al reato di estorsione consumata nei confronti di COGNOME NOME di cui al capo 1 e quella del solo COGNOME NOME in relazione al reato di estorsione tentata nei confronti di COGNOME NOME di cui al capo 6.
Ricorrono per cassazione gli imputati, con distinti atti.
COGNOME NOME.
3.1. Con i primi tre motivi si censura la sentenza impugnata in ordine alla affermazione di responsabilità per il reato di estorsione di cui al capo 1.
La Corte avrebbe basato il proprio convincimento soltanto sulle dichiarazioni della persona offesa COGNOME NOME e della di lui madre COGNOME NOME, nonostante non fosse emersa alcuna violenza o minaccia commessa dall’imputato nei confronti delle vittime, quanto, piuttosto, una mera sollecitazione a pagare il comune debito nei confronti del coimputato non ricorrente COGNOME NOME al fine di non incorrere in ritorsioni da parte di soggetti terzi, circostanza integrante uno stato di necessità ai sensi dell’art. 54, terzo comma, cod.pen. del quale non si è tenuto conto ed invece provato da due intercettazioni indicate in ricorso ma non valorizzate in sentenza.
Si sarebbe fatto affidamento su ulteriori testimonianze annettendovi erroneamente carattere di conferma delle accuse.
In particolare, il teste di polizia giudiziaria COGNOME aveva dichiarato che in nessuna intercettazione si faceva il nome del ricorrente e che egli aveva avuto mere sensazioni, tanto quanto la teste COGNOME a proposito della posizione minacciosa e sovraordinata del ricorrente rispetto a quella del coimputato COGNOME.
3.2. Con il quarto ed il quinto motivo si censura la sentenza per avere ritenuto sussistente il reato di tentata estorsione di cui al capo 6 e l’aggravante dell’uso di un’arma bianca (una spada), pur senza che tale arma, della quale aveva parlato solo la vittima COGNOME che non sarebbe attendibile e non doveva essere sentito come testimone puro, fosse stata ritrovata; con la conseguenza che la tentata estorsione non doveva ritenersi aggravata ed in relazione all’ipotesi semplice andava rilevata la prescrizione.
3.3. Con il sesto motivo ci si duole dell’aumento di pena in continuazione per il reato di cui al capo 6 (pari a mesi otto), superiore a quello determinato dal primo giudice (pari a mesi due), in violazione del divieto di reformatio in peíus.
3.4. Con il settimo motivo si censura la sentenza impugnata per non avere la Corte giustificato l’aumento di pena in continuazione, quadruplicato rispetto al primo grado.
4. COGNOME NOME.
4.1. Con unico motivo il ricorrente si duole della sua condanna per il concorso nel reato di estorsione di cui al capo 1, avendo la Corte trascurato la versione offerta dall’imputato, coincidente con quella dello COGNOME, senza giustificare l’opzione di ritenere credibili le dichiarazioni della vittima e della madre.
Il ricorrente non avrebbe avuto alcuna consapevolezza del proposito estorsivo del coimputato COGNOME e non avrebbe commesso alcuna condotta di contributo alla realizzazione dell’evento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso di COGNOME NOME è fondato solo in relazione al trattamento sanzionatorio.
1.1. Quanto ai motivi che ineriscono al giudizio di responsabilità per il reato di estorsione di cui al capo 1, deve ricordarsi il principio, ancora di recente ribadito, secondo COGNOME cui, COGNOME in COGNOME tema COGNOME di COGNOME valutazione COGNOME della COGNOME prova COGNOME testimoniale, l’attendibilità della persona offesa dal reato è questione di fatto, non censurabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo “id quod plerumque accidit”, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609).
Le dichiarazioni della persona offesa, ritenute attendibili dai giudici di merito, quand’anche non assistite da riscontri esterni – in questo caso, peraltro, presenti, essendo stata richiamata una deposizione testimoniale di soggetto terzo – possono anche da sole sostenere il giudizio di condanna, secondo pacifici principi da lungo tempo affermati ed oramai consolidati nella giurisprudenza di legittimità, a partire da Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, secondo la quale, le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del
dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone.
Nel caso in esame, la Corte di appello, in senso conforme al Tribunale – ciò che relega il vizio di travisamento della prova solo ad ipotesi macroscopiche qui non rilevate – ha giustificato il giudizio di attendibilità della persona offesa COGNOME NOME rilevando che le sue dichiarazioni erano state riscontrate da quelle della di lui madre COGNOME NOME, la quale aveva personalmente consegnato al ricorrente una somma di danaro richiesta al figlio a titolo estorsivo per un debito legato a forniture di stupefacenti, dopo che la vittima era stata sottoposta ad un pestaggio ad opera di entrambi i ricorrenti, come meglio ha evidenziato la sentenza del Tribunale.
La madre della persona offesa era stata capace di riconoscere il fotografia l’imputato COGNOME, circostanza che aveva conferito attendibilità al suo racconto non spiegandosi altrimenti la conoscenza dell’imputato.
La conclusione cui è giunta la Corte è stata ulteriormente corroborata dalle intercettazioni telefoniche, rivelative di come il ricorrente impartisse ordini al coimputato COGNOME relativamente alla gestione dello spaccio di droga, così da rendere credibile la causale riferita dalla vittima, con superamento di ogni altra obiezione difensiva volta a valorizzare la diversa versione offerta dagli imputati ed il loro presunto stato di necessità, esimente genericamente invocata e non provata in tutti i suoi elementi costitutivi.
1.2. Per le stesse ragioni in diritto che si sono evidenziate, risulta privo di viz rilevabili in questa sede il giudizio di attendibilità conferita dalla Corte al dichiarazioni della persona offesa del reato di tentata estorsione di cui al capo 6, COGNOME NOME, riconducibile sempre alla medesima causale legata all’assunzione di un debito di droga da parte di costui che il ricorrente intendeva riscuotere con metodi minacciosi.
Alla attendibilità della vittima è legata anche la sussistenza della circostanza aggravante dell’uso di un’arma, avendo ella fatto riferimento alla circostanza di essere stata minacciata dal ricorrente con l’uso di una spada.
Del tutto generica, infine, risulta l’asserzione difensiva secondo la quale la persona offesa avrebbe dovuto essere sentita non in qualità di teste.
Tanto assorbe ogni altra considerazione difensiva in punto di responsabilità.
1.3. Quanto alla eccepita violazione del divieto di reformatio in peius in relazione all’entità dell’aumento di pena in continuazione, il motivo è infondato.
Il Tribunale aveva ritenuto più grave il reato di cui al capo 2, poi riqualificato dall Corte di appello ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 e dichiarato prescritto.
Nel determinare la nuova sanzione in misura complessivamente inferiore a quella di primo grado, la Corte ha ritenuto più grave il restante reato di estorsione, non prescritto, di cui al capo 1, infliggendo, per il reato di cui al capo 6, un aumento di pena in continuazione superiore a quello stabilito dal primo giudice (otto mesi di reclusione anziché due).
Tuttavia, tale statuizione non integra alcuna violazione di legge, dovendosi applicare il principio di diritto secondo cui, non viola il divieto di “reformatio peius” previsto dall’art. 597 cod. proc. pen. il giudice dell’impugnazione che, quando muta la struttura del reato continuato (come avviene se la regiudicanda satellite diventa quella più grave o cambia la qualificazione giuridica di quest’ultima), apporta per uno dei fatti unificati dall’identità del disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, pur non irrogando una pena complessivamente maggiore Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014, C.; Sez. 2, n. 48538 del 21/10/2022, Tiscione, Rv. 284214).
1.4. Il quarto motivo è fondato in quanto la Corte di appello, come si è detto esaminando il precedente motivo, nel determinare l’aumento in continuazione per il reato satellite di cui al capo 6 in misura di gran lunga superiore a quella stabilita dal primo giudice (otto mesi di reclusione anziché due mesi), non ha motivato sul punto, limitandosi a formulare le proprie considerazioni con riferimento alla pena per il reato base.
Tanto comporta che la sentenza deve essere annullata con rinvio, dovendo il giudice di merito offrire convincente e specifica motivazione in ordine a tale aumento di pena.
2. Il ricorso di COGNOME NOME è inammissibile.
Deve richiamarsi quanto esplicitato a proposito del ricorrente COGNOME e della attendibilità della vittima del reato di cui al capo 1, che aveva indicato il ricorrente come coautore del pestaggio ai suoi danni volto ad ottenere una somma di danaro per sanare un debito legato all’acquisto di stupefacenti, circostanza alla quale si era fatto riferimento alla presenza del ricorrente, a confutazione dell’ipotesi che egli potesse non sapere quale fosse la causale del pestaggio.
Le dichiarazioni della persona offesa erano state corroborate da quelle della madre sulla presenza di due soggetti aggressori e di due ragazzi esattori (uno dei quali riconosciuto dalla donna nello COGNOME).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
5 COGNOME
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente all’aumento di pena in continuazione, con rinvio alla Corte di appello di Perugia per nuovo giudizio sul punto.
Rigetta nel resto il ricorso e dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 21.02.2024.
Il Consigliere estensore
COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME COGNOME
NOME COGNOME
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